Il PC di cartone: quando la mania del riciclaggio prende una brutta piega

Non è raro al giorno d’oggi parlare di Green IT, riciclaggio di materie prime, risparmio energetico e cose così. Il più delle volte si fa solo un gran parlare dei rischi che si corrono se non invertiamo la marcia del consumismo sfrenato, se non incominciamo seriamente a prenderci cura del piccolo pianeta in cui viviamo.

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Image courtesy of sustainable-computer.com

Pochi sono, in verità, gli esempi concreti e funzionanti delle teorie atte a minimizzare l’impatto ambientale di un nuovo prodotto immesso sul mercato, specialmente nel mondo dei computer. Un PC può essere definito “green”, perché consuma poco, ma il solo fatto di produrlo è già consumo energetico.

Il mercato richiede sempre più PC, sempre più potenti, sempre meno cari. I produttori non possono che adeguarsi, spendendo milioni in progettazione di PC che sono belli da vedere, risparmiosi e che siano sufficientemente potenti per poter essere utilizzati con una vasta categoria di applicazioni.

Il costo del prodotto finale, ovviamente, non segue la richiesta del mercato, poiché le aziende, dopo aver investito tonnellate di banconote, ovviamente vogliono che ci sia un “ROI“, un ritorno dell’investimento effettuato, seppur piccolo. Per poter mantenere il prezzo finale il più basso possibile, la quantità prodotta deve salire vertiginosamente.

Quindi, se da un lato si immette sul mercato un prodotto tecnologicamente avanzato che ci permetterà di ridurre i consumi di qualche punto in percentuale in più rispetto alla generazione precedente, dall’altro abbiamo una quantità di prodotti immessi nel mercato notevolmente superiore.

Il problema finale che ogni possessore di un qualsiasi PC affronta prima o poi, è come smaltire il vecchio ed oramai inefficiente PC per poter fare spazio al nuovissimo fiammante PC che sfoggia nel suo pedigree la tanto agognata parola “GREEN”. Ironicamente, per poter consumare di meno, ci dobbiamo sbarazzare, in qualche modo, di un PC che una volta smontato e depredato dei componenti ancora validi (per quelli che almeno qualcosa si tengono per sé senza buttarlo via) produrrà sull’ambiente un impatto ambientale molto superiore a quanto il risparmio ottenuto con la nuova e più “risparmiosa” tecnologia potrà compensare.

Vi siete mai chiesti quale fine faccia un vecchio PC che date, magari, al ferrivecchi (quando avete un minimo di coscienza ecologica), o che buttate nella più vicina discarica o peggio ancora nel campetto abbandonato fuori città (quando proprio di coscienza non ne avete…) ? Un PC contiene metalli, nobili e meno nobili, che se non trattati adeguatamente inquinano le falde acquifere, l’ambiente, noi stessi.

Ovvio che un PC solo non può recare molto danno, direte. Ma purtroppo non siete gli unici a pensarla allo stesso modo. E allora sono centinaia di migliaia i PC che una volta dismessi vengono buttati un po’ qua e un po’ là, senza neanche un minimo di considerazione sul nostro ambiente. Questa è la situazione.

Non sono qui a farvi una lezione di ecologia, né di riciclaggio. Ci sono anche in questo stesso blog persone decisamente più esperte di me in materia. Sono qui invece per segnalarvi come qualcuno, mosso a pietà dalle condizioni della nostra cara ed amata Terra, ha deciso di mettere in produzione, dopo essere stato l’oggetto della sua tesi di Laurea, un PC quasi completamente riciclabile. Mail risultato finale di tale progetto è ben lungi dall’essere qualcosa di proponibile, commercialmente. Almeno per come la vede il sottoscritto. Ma andiamo con ordine.

La rubrica “The Hot Spot ” questa settimana vi presenta il primo progetto commerciale (ma non ancora in commercio) di un PC con case in cartone ondulato. L’azienda produttrice (una incubatrice di progetti tecnologici) ha messo in piedi un sito molto scarno in merito a notizie tecniche del prodotto in questione, ma si possono apprezzare le foto del PC in cartone ondulato scattate nelle varie fiere presso cui è stato presentato come “innovazione eco-industriale“. Il sito è raggiungibile da QUI.

Ecco a voi, signori e signore, il primo PC commerciale in cartone ondulato, Recompute:

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Dalle forme sembra proprio un normale case per PC, con qualche smussatura in più. L’interessante processo di produzione (taglio laser del cartone, incollaggio con colla vinilica atossica, e assemblaggio tramite macchinario elettronico di precisione) ha permesso da un lato la riduzione del tempo di fabbricazione, quindi una riduzione dei consumi energetici in fase di produzione, e dall’altro l’ottimizzazione dei costi in fase di produzione, per via dei pochi materiali usati e della semplicità di costruzione/assemblaggio. Inoltre, non usando diversi materiali tipici di un case (plastica, metallo, alluminio, ottone) lo scarto di produzione totalmente riciclabile.

Procediamo quindi con la carrellata di immagini, per mostrare la parte posteriore del case di cartone:recompute-6-small.jpg

Si intuisce immediatamente che come struttura base è stata mantenuta quella tipica di un case moderno, con alimentatore in basso e scheda madre in alto (nell’immagine, ovviamente, il case è appoggiato sul lato). L’alimentatore è dalla foto irriconoscibile, quindi non sappiamo se è stato usato un alimentatore con certificazione 80+. Sarebbe interessante fare qualche domanda in proposito al progettista… Dalla foto pare sia un semplice alimentatore con ventola di estrazione da 80mm. Niente di eccezionale, quindi. Ma andiamo oltre,e vediamo come è previsto l’assemblaggio di questo case “intorno” al nostro amato hardware:

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Si intuisce dall’immagine che l’hardware viene “infilato” al’interno del case, e poi questo viene richiuso nella parte bassa sfruttando le alette presagomate. Un po’ come si fa per le scatole di imballaggio usate dalle compagnie di traslochi, in fondo. Il pregio è che il montaggio del case non prevede l’uso di viti e cacciaviti. Semplice e veloce cambiare un componente, quindi. Ma andiamo oltre…

All’aerazione provvede, come i più acuti osservatori avranno già potuto intuire, una semplice ventola da 80mm posta sul frontale, coperta da griglia intagliata direttamente in uno strato di cartone che costituisce la struttura portante del case:

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Il case può essere usato sia in piedi, come nelle immagini postate precedentemente, sia adagiato sul fianco, come nell’immagine sottostante.

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Questa posizione, secondo il progettista, è quella da preferire, in quanto la struttura del cartone ondulato dovrebbe, secondo lui, agevolare la normale convezione del calore che dall’hardware verrebbe incanalato e quindi aiutato proprio dalle varie “onde” che constituiscono i pannelli di cartone. Il PC una volta connesso alla rete e al monitor (questo certamente fatto in maniera tradizionale…) dovrebbe assumere questo aspetto sulla nostra scrivania:

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Lo stesso progettista mostra, in un’immagine presa dal sito online del giornale americano Houston Chronicle, come i componentitrovano spazio all’interno della sua creatura:

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Il PC in cartone, non è esattamente una novità. Molti modders si sono cimentati, in modi più che svariati, in progetti simili, usando scatole di scarpe, le confezioni di sistemi operativi, o proprio come ha fatto il progettista di Recompute, pannelli di cartone tagliati ed incollati assieme. Quindi effettivamente il laureato ha reinventato la ruota, si può dire. La differenza è che lui, invece di fermarsi a pubblicizzare il suo ingegno e mano d’opera in un forum di modders, ha intenzione di vedere la sua creatura su tutti gli scaffali di negozi per PC.

Perché penso che sia una cattiva idea? Semplicemente per il fatto che il cartone, materiale altamente infiammabile, se usato insieme a hardware che tendenzialmente si riscalda molto, e del quale non viene curata adeguatamente la ventilazione, è un potenziale rischio d’incendio. Mi immagino già le compagnie di assicurazione che vorranno premi da capogiro per assicurare una eventuale azienda che voglia adottare questo sistema. O non ripagare i danni da incendio derivanti da un PC andato a fuoco (già è praticamente impossibile essere risarciti per un laptio normale cui esplide la batteria, figuriamoci per un PC in cartone…).

Ammesso che il cartone non prenda fuoco, il problema principale di una soluzione del genere (e motivo per il quale sto scrivendo questo pezzo) è la scarsissima aerazione. E’ semplicemente un controsenso usare un PC di cartone e sperare che i componenti al suo interno non si surriscaldino, anche usando una ventola da centinaia di CFM. Per non contare il rumore che produrrebbe.

Il fatto di credere che il corrugato favorisca l’aerazione dal basso verso l’alto, quando è adagiato sul fianco, è anche questo pura fantasia. Il sistema funzionerebbe SE non ci fosse la scheda madre a fare da tappo sul fondo, impedendo l’entrata di aria fresca dal basso. E anche se non la impedisse, le canalature del corrugato sono decisamente troppo piccole per poter permettere un ricambio di aria all’interno del case tale da mantenere le temperature dell’hardware a livelli accettabili.

Ultima considerazione, sono le emissioni elettromagnetiche, che questo PC, ahimé, non prende minimamente in considerazione. Le normative Europee in merito sono molto rigide, e per vederlo commercializzato dovrebbe per lo meno essere avvolto in una rete metallica fitta, che impedirebbe il propagarsi delle onde elettromagnetiche emesse durante il funzionamento. Questo implicherebbe una modifica strutturale del case, con ulteriore lavorazione in fase di produzione, aumento del costo, e ovviament, un materiale ferroso da smaltire, a fine vita. Esattamente il contrario di quello che si era proposto il laureato. Quindi, ahimè, niente certificazione EMI.

Il progetto è quello che è, una tesi di Laurea, e come tale deve rimanere. A livello produttivo non è un progetto fattibile, secondo me, perché se è vero che risolve un problema, molto grave, del riciclaggio delle materie prime che compongono il case di un PC, dall’altro va contro le normali normative sulla sicurezza delle persone e degli ambienti lavorativi, costituendo essenzialmente una fonte di onde elettromagnetiche pericolosa per altri apparati elettronici che si dovessero trovare nelle immediate vicinanze del PC in cartone, ed un pericolo potenziale di incendio alla minima scintilla (un fulmine che fa saltare un alimentatore generalmente produce scintille, fumo, e ovviamente, fuoco. Ed i fulmini non sono rari…). Se il laureato avesse progettato un sistema per riciclare i materiali già presenti in un case, sarebbe stato molto meglio. Ma i soldi, si sa, sono l’unica cosa verde che interessa a certa gente…

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