Ci sono giochi che si ricordano per una bella grafica, altri che rimangono impressi per un audio molto curato o piuttosto per un gameplay particolarmente coinvolgente. Another World appartiene a un’altra categoria perché a una colonna sonora memorabile e una trama di grande profondità, unisce un uso inedito delle potenzialità grafiche dell’Amiga, che produce uno stile inconfondibile, tanto per i personaggi quanto per l’ambientazione.
Uscito nel 1991 per Amiga, programmato su Amiga 500 e portato presto su Atari ST, Apple IIGS e MS-DOS, Another World è il frutto dell’inventiva del programmatore francese Eric Chahi, già sviluppatore presso la software house francese Loriciels.
L’ambientazione è extraterrestre e richiama vagamente alla mente la saga di Myst ma il gioco è a tutti gli effetti un platform, con dinamiche per alcuni aspetti analoghe al mitico Prince of Persia della Broderbund. Il nostro eroe, Lester Knight Chaykin, è un brillante ricercatore nel campo della fisica, che una sera, invece di starsene a casa a guardare la TV e bere birra, sale sulla sua auto sportiva e decide che è il momento di completare un esperimento sull’acceleratore di particelle che ha installato in laboratorio.
Dopo una corsa in auto, il nostro fisico dai capelli rossi entra in laboratorio e inizia a predisporre l’esperimento. Una sorpresa tuttavia attende lui e il videogiocatore, ansioso di tuffarsi nell’azione: un fulmine colpisce l’acceleratore e apre un varco dimensionale proprio in corrispondenza della postazione del nostro Lester, che scompare lasciando un cratere nel laboratorio e ricompare in un enorme bacino d’acqua.
Non appena l’imperturbabile Lester emerge dalla piscina, lo scenario che si presenta a lui e al videogiocatore incollato al monitor è inequivocabilmente extraterrestre. Il suo percorso si snoderà attraverso ambientazioni straordinariamente suggestive e sarà ricco di incontri con creature extraterrestri, animate in modo straordinariamente fluido.
Percorso, sì, ma per dove? La domanda è centrale perché il senso di straniamento, di abbandono in una terra lontana e ostile, corroborato dai colori freddi e dalle forme aliene della grafica, e dalle note della colonna sonora, oltre che dalla totale assenza dalla schermata di informazioni circa lo stato di salute del protagonista, rendono Another World un gioco ipnotico, capace di entrare nelle ossa del giocatore e trasportarlo nella sua dimensione. Un effetto assolutamente non comune nel panorama videoludico e tutt’altro che facile da raggiungere, che inizialmente produce qualche distacco ma in breve penetra in profondità.
Un po’ come in Myst, altro titolo di “scuola francese”, Another World è un’avventura perlopiù solitaria, di un uomo armato di calci piuttosto loffi, e poi di una pistola, contro un intero pianeta alieno: abbastanza per rovinare il sonno e le pagelle di tanti amighisti e non solo. Ad incrementare il senso di dipendenza e la frustrazione del giocatore, nella maggioranza delle schermate (lo scrolling non è continuo, come nel caso di Prince of Persia) c’è un solo modo per passare avanti, e in generale il gioco è costellato da tappe imprescindibili per il suo completamento, il che richiede obbligatoriamente un approccio trial & error.
Dal punto di vista tecnico, Another World si contraddistingue per essere interamente reso tramite l’animazione di poligoni – effetto ottenuto grazie ad un motore grafico scritto in assembly 68000 dallo stesso Chahi – il che gli conferisce una straordinaria coerenza stilistica e un impatto visuale totalmente estraneo rispetto ai titoli che fanno uso di sprite.
Le dominanti cromatiche, l’innovativa metodologia grafica, la colonna sonora, lavorano sinergicamente nella costruzione di quel senso di spaesamento che, a distanza di anni, gli affezionati del titolo faranno sicuramente presto a recuperare dai cassetti della memoria.