Moonstone, la dura vita di un cavaliere sull’Amiga

Img courtesy of mobygames.comCi sono giochi – forse la maggioranza – che il tempo cancella dalla memoria dei gamer: trama scarna, grafica povera, collocamento in un genere sovrappopolato e così via. Altri invece, fin dal primo istante, mostrano di avere quel tocco magico che nell’immediato crea dipendenza, e nel lungo termine spalanca loro le porte dell’olimpo videoludico.

In questa soleggiata giornata di primavera, ho il piacere di presentarvi Moonstone, un gioco che arricchisce i canoni del genere videoludico fantasy, con un gamplay multifase coinvolgente, fatto di esplorazioni, combattimenti all’ultimo sangue, appassionanti sfide PVP e, perché no, piacevoli soste in taverna.

Img courtesy of mobygames.comAssieme al gameplay, la grafica di Moonstone rappresenta un  punto di forza del titolo della fu Mindscape (software house che attualmente opera nel settore educational…), contraddistinta com’è, da un approccio piuttosto “realistico” al combattimento, ottimamente illustrato dalla foto qui a fianco.

Il cavaliere, protagonista della missione, durante la magnifica presentazione viene investito dai druidi di Danu – la divinità della luna – del compito di recuperare le quattro chiavi che consentono l’accesso alla valle, dove avrà luogo lo scontro finale col guardiano. L’obiettivo consiste nel collezionare le quattro Moonstone, ciascuna delle quali consente al cavaliere di incrementare le sue caratteristiche fisiche in una delle quattro fasi lunari.

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La mappa in cui si svolge il gioco è molto ampia e disseminata di mostri che tengono a guardia ricchi forzieri colmi d’oro ed oggetti magici. Sono inoltre presenti due città, Highwood e Waterdeep, rispettivamente a nord ovest e sud est della mappa, nelle quali il nostro infaticabile cavaliere può visitare mercanti, taverne, templi e mistici oltre a curare le sue ferite.

Altre località degne di una visita sono il villaggio natio del cavaliere, la torre del mago Math, che premia chi lo visita – ma non troppo spesso – con un oggetto o l’incremento di una delle abilità, oltre alla valle che ospita lo scontro finale, localizzata al centro della mappa.

Qualche parola in più va spesa sui mostri per i quali, fra copiosi fiotti di sangue, è sempre un piacere fare a pezzi il nostro amato cavaliere: dai nerboruti ma lenti Balok ai velocissimi e letali Troll, per il giocatore inesperto c’è solo l’imbarazzo della scelta su come essere ridotti in poltiglia. Contribuiscono ad innalzare drasticamente le chance di non morire nel proprio letto, i minacciosi sorvoli del temibile drago rosso: un vero sterminatore di avventurieri, che almeno una volta nel gioco, si prenderà il vezzo di abbrustolire il malcapitato cavaliere.

Fortunatamente ci sono mostri più “potabili” coi quali, perlomeno nelle prime fasi, è possibile incrementare la propria abilità e le proprie caratteristiche fisiche, oltre ad acquisire armature, armi ed altri oggetti magici.

Ad aumentare la longevità e il divertimento del gioco, contribuisce la modalità multiplayer. La divisione in quattro aree della mappa, corrisponde infatti a quattro cavalieri selezionabili. In una sessione a giocatore singolo, i restanti cavalieri vengono giocati dal computer ma in multiplayer è possibile assegnarli a un numero di giocatori che arriva a quattro, il che si traduce in esilaranti combattimenti e relativi “looting” dello sconfitto, nella comune rincorsa alla valle per il premio finale.

Sebbene Moonstone non appartenga al filone dei giochi derivati dall’AD&D – come la città di Waterdeep e la mitica Sword of Sharpness lascerebbero supporre – rappresenta forse il vero capolavoro del genere: un titolo in grado di unire la strategia alla lotta più cruenta, il tutto in un’ambientazione fantasy perfettamente resa: per questo dunque in grado di offrire un’esperienza di gioco indimenticabile e un’attrattività che, come nel mio caso, resiste agli anni.

A chi lo avesse scordato in un angolo buio della sua memoria videoludica, consiglio un’immediata terapia a base di UAE: pochi titoli come Moonstone hanno mantenuto, a distanza di quasi vent’anni, una così alta capacità di incollare il giocatore allo schermo.

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