Quando le intercettazioni finiscono sotto inchiesta

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La scienza e la tecnologia influenzano la vita di tutti i giorni, in tutti gli ambiti; anche il mondo del crimine; chi ha il compito di perseguire chi trasgredisce la legge è quindi pervaso di tecnologia. Ce lo ha mostrato CSI, telefilm made in USA, che con i suoi colori intensi e le immagini crude ha svelato alcuni segreti e strumenti della polizia scientifica.

Le intercettazioni ambientali, e più specificamente quelle telefoniche hanno una lunga tradizione, ma non vi è dubbio che l’era digitale abbia reso estremamente più semplice realizzarle, ampliando di molto la fascia di persone che più o meno lecitamente, e spesso senza alcun titolo, catturano registrano ed utilizzano per propri fini intere conversazioni carpite ad ignari soggetti, vittime, perlomeno in questo caso, di un atto illecito.

È chiaro che non ci riferiamo ad indagini condotte dalla magistratura, ma ad altre circostanze, emerse dalle cronache recenti, in cui a condurre le indagini, per conto terzi, erano soggetti privi della necessaria autorizzazione da parte della magistratura.

Ancora più recente, invece, è l’attacco da parte del Presidente del Consiglio, nei confronti di un uso non appropriato dello strumento della intercettazione telefonica.

La questione della tutela della privacy del cittadino è fondamentale in una democrazia moderna, e decisamente non è di facile soluzione. Da un lato c’è l’esigenza di sicurezza, bene primario in un mondo pieno di insidie e minacce: terrorismo, mafia, corruzione.
D’altro canto un eccessiva sicurezza sconfina nella mancanza di libertà, nel rischio di essere tutti intercettati e quindi tutti in qualche modo ricattabili, un pericolo di cui abbiamo già parlato in riferimento al video di Max Mosley.

È legittimo porre dei limiti agli strumenti di controllo. Le intercettazioni sono strumenti di controllo. Lo rende evidente la storia recente, dallo scandalo delle intercettazioni tra i furbetti del quartierino, a quelle che hanno portato la Juventus in serie B, passando per lo scandalo che ha coinvolto Fabrizio Corona e Lele Mora, salvo poi risolversi con ben poche condanne.

Ma questi limiti devono essere ponderati, per non rendere del tutto impotente la magistratura o chi ha il compito di indagare. Stabilire dove finisca il dovere di esercitare un controllo e dove inizi il limite invalicabile del diritto del cittadino alla privacy non è cosa che possa essere risolta con una procedura d’urgenza o un colpo di mano. È un caposaldo della democrazia, va trattato con estrema attenzione. Forse per evitare di commettere errori, bisognerebbe cominciare a parlarne seriamente.

[photo credit: chiacomo]

Markingegno

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