Ultima: la madre di tutti gli RPG

Ultima IImmaginate di starvene comodamente seduti sulla poltrona a guardare la televisione. Dopo una dura giornata di lavoro, tutto quello che volete è rilassarvi e non pensare a nulla. Non avete fatto in tempo a sedervi che un rumore dal giardino vi sorprende: usciti dalla porta di casa osservate esterrefatti un enorme portale luminescente.

Da dove viene? Dove porta? Chi l’ha evocato? Pur considerando la stanchezza per la giornata di lavoro appena passata, gli arti anchilosati da 8 ore alla scrivania, gli occhi gonfi per quel maledetto monitor CRT degli anni ’90 che il capo si ostina a non sostituire, ci saltate dentro: sempre meglio che vivere sperando in una magra pensione dallo stato italiano.

In un batter d’occhio siete catapultati in un mondo che non conoscete. È il mondo di Ultima e, come nella miglior tradizione, tocca a voi salvarlo dalla distruzione.

Più o meno in questo modo si avviano molti episodi della indimenticabile saga di Ultima, probabilmente la più famosa e longeva della storia dei videogiochi. Come avrete capito – o ricorderete da giocatori – nelle varie puntate impersonate un abitante del pianeta terra, che si trova catapultato in una dimensione parallela per aiutare Lord British a salvare il regno di Sosaria (poi Britannia), dall’aggressione di forze malvagie.

Con una trama avvincente e molto articolata, un gameplay sempre all’avanguardia, un livello di dettaglio grafico stupefacente e una colonna sonora ricca di pezzi indimenticabili, Ultima ha segnato la storia di almeno due generazioni di videogiocatori.

Il primo episodio della saga – da molti ribattezzato Ultima 0 – è Akalabeth (1980): un gioco con evidenti radici nell’universo fantasy di Tolkien e in Dungeons&Dragons (un gioco di ruolo della vecchia maniera, di quelli che richiedevano penna, carta e tanta fantasia). Sviluppato amatorialmente in BASIC su piattaforma Apple, conobbe tuttavia un significativo successo, che rimpinguò sostanziosamente le casse del suo giovane creatore, Richard Garriott, alias Lord British, incoraggiandolo a proseguire su quella strada.

Gli episodi successivi si allontanarono progressivamente dal concetto di trasposizione videoludica di D&D, per appropriarsi di una trama sempre più complessa. Nel mentre Garriott andava approfondendo la sua conoscenza dell’assembly, che gli permise di evolvere notevolmente la complessità e il livello di dettaglio dei titoli seguenti.

Ultima IV: The quest of the Avatar (1985), segnò l’uscita dal paradigma “armati e distruggi tutto ciò che vedi” e, nella solita combinazione fra movimento su una mappa 2d e incursioni in dungeon tridimensionali, aggiunse spessore alla trama tramite il concetto di allineamento e una complessa struttura etica (otto virtù, tre principi fondamentali), aderendo alla quale il protagonista otteneva lo status di Avatar.

Nel frattempo il gioco era stato portato su molte altre piattaforme, fra cui il PC, Commodore 64, Amiga, MSX e numerose console, divenendo un classico del gaming. È tuttavia la versione PC che conobbe la maggior popolarità, con perle quali Ultima VI: The false prophet (1990), Ultima VII: The black gate (1992) e il successivo Serpent Isle (1993), ambientato in una delle isole perdute del regno di Sosaria.

Innumerevoli sono pure gli spinoff del gioco – Ultima Underworld, Worlds of Ultima, fino alla versione MMORPG Ultima Online – e gli expansion pack, ciascuno dei quali aggiunge profondità e nuovi elementi ad un universo fantasy di complessità e spessore tuttora ineguagliato nel mondo videoludico.

Lord BritishL’ultima puntata della saga, dopo l’innovativo ma poco venduto Ultima VIII: Pagan (1994) – che proietta l’Avatar in una prospettiva realmente isometrica – è Ultima IX: Ascension (1999). Il motore grafico è completamente tridimensionale, la visuale è in terza persona e anche qui troviamo ambientazioni suggestive, accompagnate da una grafica molto curata, e una straordinaria colonna sonora.

Il gioco è tuttavia afflitto da numerosi bug – a causa delle strettissime deadline imposte da EA – e requisiti di sistema molto elevati, che rendono il gameplay frustrante. La trasposizione del mondo di Ultima in 3d risulta poi molto più piatta di quanto non accadesse negli episodi precedenti: se in questi ultimi era possibile avere un grado complesso d’interazione anche con gli oggetti più insignificanti – in Ultima VII si poteva raccogliere il grano, farne farina, mescolarla con acqua e farne pane da vendere o consumare! – nell’ultimo capitolo questi aspetti vengono sacrificati sull’altare della grafica d’impatto (e forse, anche in questo caso, del rispetto dei tempi imposti da EA).

Per le sue caratteristiche, e anche per essere l’ultimo capitolo di una saga ventennale, rappresenta un titolo da antologia, che chiunque s’interessi di retrogaming dovrebbe possedere.

Merita una menzione Ultima Online, primo MMORPG a raggiungere un grado di diffusione internazionale, ma che tuttavia, come tutti i MMORPG, sacrifica la complessità della trama – che in Ultima come in pochi altri giochi è un tratto fondante – all’obiettivo del mero potenziamento del personaggio.

OSI LogoCome molte altre software house di successo, anche la Origin Systems, fondata da Richard Garriott, viene acquisita dalla Electronic Arts (nel 1992). Dal momento dell’acquisizione i dissapori col management di EA crescono progressivamente. Se da un lato aumentano le risorse a disposizione degli sviluppatori, dall’altro la creatività del geniale Garriott – che in molti titoli dà il volto a Lord British – viene compressa dalla logica puramente affaristica del colosso del videogame.

Dopo Ultima IX si compie il divorzio fra Garriott e la Origin, la quale nel 2004 sarà “terminata”, dopo aver dato vita a vere e proprie pietre miliari del mondo videoludico – tra cui Strike Commander, System Shock, Wing Commander, Crusader. Numerosi sono sulla rete gli esperimenti per riportare in vita la saga, ma contro tutti c’è l’ostilità della EA, che a suon di diffide sta estinguendo quel po’ di brace che spinge ancora nostalgici appassionati a ricreare/riadattare su piattaforme moderne, i pezzi più preziosi della loro infanzia videoludica.

A meno di rivoluzioni ad oggi imprevedibili, non esisterà più Ultima, nemmeno sotto la ormai consueta moda delle riedizioni modernizzate di vecchi titoli: EA e Garriott si sono divisi i relativi copyright, in modo tale che nessuno dei due possa agire senza il consenso dell’altro.

Ai milioni di appassionati della saga, resta oggi la possibilità di giocarne i capitoli 0-VII (Ultima Collection) tramite emulatori come DOSBox + D-Fend, ma anche l’amara curiosità di sapere cosa sarebbe successo se la Origin Systems non fosse divenuta terreno di conquista per l’approccio “imperialistico” di un colosso senza cuore come Electronic Arts.

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