di  -  lunedì 6 Settembre 2010

Vi sarete accorti che durante il weekend Google ci ha deliziati con un nuovo doodle, addirittura interattivo. La seconda “o” di Google si trasformava, prendendo la forma di una “buckyball”, una struttura sferica che prende il nome dalla sua somiglianza con le cupole geodetiche dell’architetto Buckminster Fuller. Passando con il mouse sopra il Doodle, scopriamo che la ricorrenza festeggiata sono i 25 anni della scoperta del fullerene: il 4 Settembre 1985, infatti, Richard Smalley, Robert Curl, James Heath, Sean O’Brien, e Harold Kroto hanno scoperto la prima molecola di questo materiale alla Rice University.

Ma che cos’è questo fullerene? Fullerene è una qualsiasi molecola composta interamente da atomi di carbonio, che si presenti nella forma di un cilindro, una sfera o un anello. In chimica viene detta “allotropia” la proprietà di alcuni elementi di presentarsi sotto forme diverse. Già nei primissimi corsi di chimica viene portato come esempio più lampante di questa proprietà il carbonio.

Esso, infatti si presenta in natura sotto forme che appaiono chiaramente differenti anche a livello macroscopico: sappiamo infatti che sia la grafite (per esempio la punta delle matite) che i diamanti, sono entrambi materiali composti esclusivamente da carbonio. Le proprietà chimiche e fisiche di questi due materiali, però, risultano ben diverse: la grafite è tenerissima, per esempio, mentre il diamante è uno dei materiali più duri che esistano.

I fullereni sono simili alla grafite in struttura, ma gli atomi di carbonio sono disposti in pentagoni o eptagoni (similmente a una palla da calcio “classica”, bianca e nera) in modo da impedire alla struttura di appiattirsi bidimensionalmente. Per questo i fullereni hanno sempre una struttura tridimensionale.

Nel 1985 è stata scoperta una molecola di C60, ovvero una molecola composta da ben 60 atomi di carbonio legati vicendevolemente andando a formare una struttura sferica simile alle cupole di Buckminister: per questa ragione l’articolo su Nature pubblicato qualche mese dopo lo battezza Buckministerfullerene.

Da un punto puramente scientifico è grandemente interessante venire a conoscenza che il carbonio si può presentare sotto numerosissime forme, non solo diamante, grafite e forme di solidi amorfi quali il carbone. Ma l’interesse del fullerene non si limita alla pura conoscenza: le applicazioni che queste molecole hanno avuto nel campo delle scienze dei materiali e delle nanotecnologie sono vastissime.

I fullereni, anche se rari esistono in natura: in particolare il buckministerfullerene, essendo una delle forme più piccole, è anche il più comune. Si può trovare infatti nel particolato carbonioso (o soot) prodotto dalla combustione di materiali organici.

I fullereni maggiormente promettenti dal punto di vista delle applicazioni pratiche sono i nanotubi: tubi di carbonio larghi appena qualche nanometro ma lunghi anche diversi micrometri o addirittura millimetri (il più lungo mai sintetizzato raggiunge i 4 centimetri!). La loro struttura molecolare complessa gli conferisce proprietà fisico-chimiche estremamente interessanti.

Hanno infatti una forza di rottura molto elevata, fino a 20 volte superiore a quelle delle leghe di acciaio, pur mantenendo una densità molto inferiore di quella dell’alluminio. I nanotubi sono ottimi superconduttori sia di energia elettrica che termica.

Molte aziende si impegnano nella realizzazione di questi nanotubi di carbonio a fini industriali e commerciali. Per esempio si possono sviluppare memorie dei computer, cavi elettrici e diverse applicazioni in fisica dei materiali. I campi di ricerca che sfruttano queste molecole sono svariatissimi: dall’elettronica alla meccanica, dalla chimica alla biofisica.

Le proprietà elastiche di questi tubi fanno sperare di sintetizzare tessuti muscolari artificiali per sostituire tessuti danneggiati, sono ottimi superconduttori e hanno un’eccellente capicità elettrica e possono venir utilizzati per la costruzioni di cellule fotovoltaiche.

I nanotubi hanno proprietà chimiche che li rendono allettanti filtri per l’inquinamento e le loro proprità di assorbimento elettromagnetico fanno si che possano essere utilizzati per coperture stealth. La lista di applicazioni presenti e future è lunghissima e spazia veramente in quasi ogni capo della scienza e tecnologia. Un articolo che riassume bene le potenzialità dei nanotubi è presente in questo sito.

In conclusione, ringrazio Google di avermi dato la possibilità di approfondire l’argomento e di scoprire un po’ della storia di questi importantissimi materiali, sperando che internet continui ad essere, e anzi diventi sempre di più, una buona scusa per aumentare la nostra consapevolezza in campo scientifico e tecnologico.

25 Commenti »

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  • # 1
    Paganetor
     scrive: 

    occhio che quele fotovoltaiche si chiamano “celle”, non “cellul” ;)

    per il resto, come sempre si tratta di un articolo molto interessante! Chissà quante applicazioni hanno queste molecole!!!

  • # 2
    The Solutor
     scrive: 

    Paganetor

    Cellula = piccola cella

    Per cui, visto che quelle fotovoltaiche sono tutt’altro che grosse, si possono usare i due termini indifferentemente.

  • # 3
    Paganetor
     scrive: 

    temo di no, cella e cellula sono cose ben distinte ;)

    un po’ come dire che “cuscino” e “cuscinetto” sono la stessa cosa, solo che uno è più carino dell’altro :D

  • # 4
    bolkonskij
     scrive: 

    mmm…

    no, ha proprio ragione the solutor (oltre a eleonora presiani, ovviamente…)

    quell’uso di cellula è assolutamente legittimo, cellula ha come prima accezione quella di “piccola stanzetta” (è infatti diminutivo latino di cella, ae), e da lunga data è utilizzato nel lessico tecnico\scientifico (anche a prescindere dalla biologia) col significato di “insieme di strutture\elementi destinati a…”

    e.g. cellula abitativa, propulsiva, elettrolitica, fotoelettrica, osmotica e compagnia bella…

    (ho controllato nei sacri testi…)

    ah, e ovviamente anche “cuscino” e “cuscinetto” POSSONO essere la stessa cosa… ;-)

  • # 5
    Paganetor
     scrive: 

    boh, forse l’uso è legittimo, ma che io sappia il termine tecnico utilizzato più di frequente è proprio cella…

  • # 6
    Eleonora Presani (Autore del post)
     scrive: 

    Ragazzi, onestamente non sono sicura di aver scritto il termine corretto, credo di aver tradotto senza pensare il termine “cell”… però da come vedo su google si può scrivere in entrambi i modi:
    http://www.fotovoltaico103.it/Solare_fotovoltaico/Cellule_fotovoltaiche.asp

    Se vi da proprio fastidio posso cambiare.

  • # 7
    Paganetor
     scrive: 

    ma no figurati, non è questione di \fastidio\ ;)

    è solo che ho la morosa che scrive su una rivista tecnica che tratta l’installazione elettrica e il fotovoltaico e spesso le capita di trovare \cellula\ e di cambiarlo… un po’ come capita ogni tanto con le traduzioni \all’acqua di rose\ nelle quali l’azoto da Nitrogen diventa Nitrogeno… O_o

  • # 8
    The Solutor
     scrive: 

    Pagenator

    Ecco parla con la morosa e spiegale che tradizionalmente si è sempre usato cellula, in quanto le prime applicazioni degli “aggeggi” fotovoltaici erano quelle di sensore, e di conseguenza di parlava di oggetti piccolissimi e non finalizzati alla produzione di energia.

    Con l’estensione dell’uso sono diventate relativamente più grandi, per cui anche il termine cella è accettabile e accettato.

    Però quest’ultimo è comunque stato introdotto per via delle traduzioni fatte coi piedi dall’inglese, “celle di silicone”…

    Silicone non abbiamo iniziato ad usarlo per il semplice fatto che in italiano significava una cosa distinta e nota.

    Ma ci sono le eccezioni.

    Pensa a “volume” (quello della radio) è un inglesismo accettato (da una vita) nonostante la parola volume, in italiano, voglia (voleva) dire una cosa completamente differente da livello, pressione sonora.

  • # 9
    bolkonskij
     scrive: 

    È vero, “Cella Fotovoltaica” è più diffuso (ma non in maniera poi così drammatica), ma penso soprattutto sulla scorta dell’inglese “Cell” che – guardacaso- è pure la nostra “Cellula” biologica…

    l’alternanza tra “Cella” e “Cellula” non è però legata alle dimensioni (i.e. “Cellula” non vine usato “per le celle piccole”) dato che – in italiano – il valore diminutivo del suffisso latino -ul- non è evidente; tant’è vero che si parla di “Cellula di sopravvivenza” o, in architettura, di “Cellula abitativa”, oppure, ancora, in aeronautica veniva chiamata “Cellula” l’insieme degli elementi atti a far volare l’aviogetto…

    “Cella” e “Cellula” in questo caso sono interscambiabili, via, anche se io preferirei il secondo anche solo perché si stacca dal calco inglese…

    @paganetor

    probabilmente la tua morosa lo fa per omogeneità tra i vari testi, oppure perché il termine “cellula” proprio non lo sopporta…

    @ The Solutor

    “Volume” invece non è affatto un anglismo, ma è un latinismo sia per l’italiano che per l’inglese; per entrambe le lingue il significato di “Livello di intensità del suono” (attestato già almeno dall’ottocento) non è altro che un’estensione (mole, massa di qualcosa) dell’accezione primaria (che a sua volta deriva dal volumen latino, “cosa avvolta, rotolo di papiro o pergamena”)

    suvvia, non definiamoci sudditi della lingua inglese anche quando non lo siamo!

    ;-)

  • # 10
    The Solutor
     scrive: 

    Volume è un inglesismo.

    Come lo è media.

    Poco importa se a loro volta le parole inglese derivano dal latino, noi adesso le usiamo perché ci sono arrivate dall’estero, non perché ci siano arrivate dal passato.

    La differenza è che media ci è arrivata da 10/15 anni, volume ne ha un centinaio e quindi è ormai non solo accettato ma assolutamente radicato.

    Nessuno ci fa caso essendo, oltre che un inglesismo, anche un false friend: il significato correlato al volume, inteso come livello sonoro, non è distantissimo da quello corretto (da quello che lo era) di capacità, quantitativo.

    Peraltro eviterei di parlare di sudditanza culturale, al limite occupiamoci di quella tecnologica, se Marconi è dovuto andare all’estero per sviluppare la sua invenzione preoccupiamoci del perché, non del fatto che sulla radio c’è scritto volume e non livello.

    E limitiamoci a rifuggire gli inglesismi quando diventano ridicoli, come nel caso dello stupidario aziendale tipo “committare le necessità del customer”, “addare un modulo a php” e via discorrendo.

  • # 11
    The Solutor
     scrive: 

    P.S. le dimensioni c’entrano eccome, e il significato diminutivo dovrebbe essere palese per chiunque abbia almeno la licenza media.

    Vedi per esempio “morula” (che guardacaso è il primo aggregato di cellule dopo il concepimento), è inteso come piccola mora, edicola (piccolo tempio), e così via

  • # 12
    bolkonskij
     scrive: 

    @ the solutor

    no, in inglese e in italiano (e in francese, ecc ecc) “volume” ha la stessa storia (dal latino) ed è tutta un’altra storia rispetto a media che è passato dal latino all’inglese e poi (con l’accezione di “mezzi di comunicazione”) in italiano (perlomeno negli anni ’60 del XX secolo).

    una delle prove che volume non è un anglismo è che in inglese ha suppergiù gli stessi significati che ha in italiano (e francese, ecc..)

    http://www.merriam-webster.com/dictionary/volume

    la seconda prova sono i dizionari etimologici, che appunto rilevano quanto ho detto (e che infatti avevo consultato per verificare quanto mi sentivo di asserire)

    ho consultato pure un dizionario dell’uso (De Mauro) e pure uno storico (Battaglia, che pure ha un apparato etimologico)…

    non si scappa: volume (in tutte le accezioni) non è un forestierismo…

    ripeto, il suffisso -ul- per i diminutivi in italiano non è produttivo, esiste cella, ed esiste cellula, mora e morula, ma nessun carcerato (normale) si sognerebbe di dire: “secondino questa cella è piccola, è una cellula!”, oppure nessuno direbbe “oggi nel bosco ho raccolto delle morule poco mature”, proprio perché non si avverte più l’uno come diminutivo dell’altro…

    gli esempi degli usi di cellula che ho fatto prima (che non mi sono inventato) mi sembra lo dimostrino,
    o no?

  • # 13
    bolkonskij
     scrive: 

    sempre @ the solutor

    PS: d’accordissimo su ciò che indichi come stupidario inglese (committare, ecc), un po’ meno sull’evitare l’uso del forestierismo solo quando è ridicolo, i cerco di evitarlo ogni volta che esiste una parola italiana chiara ed inequivocabile che adempie altrettanto bene (se non meglio) alla bisogna…
    ma questa è un scelta di stile, e quindi personale..

  • # 14
    n0v0
     scrive: 

    x The Solutor

    «media» viene dal LATINO!! Tant’ è che si pronuncia com’ è scritto e non “midia”, come fanno quei cialtroni dei giornalisti.

    Non diciamo fesserie, per favore.

  • # 15
    The Solutor
     scrive: 

    @n0v0

    Mi fa piacere che tu non abbia capito una cippa di quello che ho scritto, ci hai provato a leggerlo perlomeno ?

    In ogni caso ti farà piacere sapere che trovo stupido fare i nazionalisti da 4 soldi sulla parola media.

    Se voglio usare l’italiano uso la/le parola/le italiana mezzo, supporto…

    Se uso il termine media lo pronuncio all’inglese perché a tutti gli effetti stiamo parlando di un termine importato e di comunicazioni, non di Catullo o Cicerone.

    @bolkonskij

    No, non sono convinto, e non lo resterò fino a quando non vedrò il termine volume riferito al livello musicale in qualche testo precedente l’avvento di radio e grammofoni, non dubito che tu abbia fatto le tue ricerche, ma l’esperienza mi dice che quando un termine è così indissolubilmente legato ad un significato, come lo è la parola volume attualmente, è difficile astrarsi anche per chi fa questo di lavoro.

    Prova a spiegare a un piemontese che “solo più” in italiano non vuol dire nulla…

    Quanto al fatto che volume sia usato in più paesi, mi pare lapalissiano, le radio hanno colonizzato l’Italia come il resto del mondo, per cui non mi stuprei se OGGI volume volesse dire “livello sonoro” anche in birmano…

  • # 16
    bolkonskij
     scrive: 

    @ n0v0

    è vero, media è il plurale di medium, però in italiano questo termine ha solo l’accezione di “persona che parla con gli spiriti”, il significato di “mezzo di comunicazione” giunge nella nostra lingua attraverso l’inglese.. è per questo che la pronuncia “midia” è – se non preferibile – accettabile (perlomeno quando è accompagnata a “mass”, che è 100% inglese.. anche se di derivazione latina, come del resto 1\5 del vocabolario inglese…)

  • # 17
    bolkonskij
     scrive: 

    @ the solutor

    In Birmano “volume” – proprio perché, questa sì, parola importata – avrà SOLO quel significato.. mentre in italiano ha anche tutti gli altri (gli stessi che in inglese, francese e compagnia bella, proprio perché tutti lo hanno mutuato – per via dotta – dal latino…)

    Non avendo sottomano il Tommaseo (praticamente il Battaglia dell’800) ho trovato un esempio da Balzac
    (anche se non si sa il francese, si capisce..
    sta parlando di volume della voce…)

    “Sans posséder le volume des colossales basses-tailles, le timbre de cette voix plaisait par un médium étoffé, semblable aux accents du cor anglais (BALZAC, Vieille fille, 1836, p. 259)”

    ma d’altronde il significato di “volume sonoro” non è altro che una delle ramificazioni della famiglia di “volume atomico, ionico, molare, etc.”, e quindi perfettamente in linea con le accezioni “radicali” del termine in italiano.. è per questo che il forestierismo non serve…

  • # 18
    Eleonora Presani (Autore del post)
     scrive: 

    Non vi sembra di essere un po’ fuori tema?

  • # 19
    n0v0
     scrive: 

    x The Solutor

    si, è un po’ più complessa… http://www.accademiadellacrusca.it/faq/faq_risp.php?id=6158&ctg_id=44

    alla fine si ha ragione tutti e due.

    Interessante come su di un articolo che parla di nanotubi di carbonio e compagnia si sia divagati su questi lidi ;-)

  • # 20
    n0v0
     scrive: 

    CVD

  • # 21
    The Solutor
     scrive: 

    @ the solutor

    In Birmano “volume” – proprio perché, questa sì, parola importata – avrà SOLO quel significato.. mentre in italiano ha anche tutti gli altri (gli stessi che in inglese, francese e compagnia bella, proprio perché tutti lo hanno mutuato – per via dotta – dal latino…)

    E su questo direi che siamo tutti d’accordo.

    Non avendo sottomano il Tommaseo (praticamente il Battaglia dell’800) ho trovato un esempio da Balzac
    (anche se non si sa il francese, si capisce..
    sta parlando di volume della voce…)

    Non ho a disposizione una biblioteca fornita, occupandomi di tutt’altro, ed il caso vuole che anche cercare col classico google sia complicatissimo, stante il fatto che volume significa anche libro, per cui, senza essermi sbattuto più di tanto l’unico riferimento che ho trovato è questo.

    http://etimo.it/?term=volume&find=Cerca

    Dove del significato che ci interessa non c’è traccia.

    @eleonora

    Vedi,credo che il “difetto” del presente articolo sia insito nella sua genesi.

    Credo che chiunque sia interessato all’argomento (sottoscritto compreso), se lo sia spulciato grazie all’occasione fornitagli da google.

    Per cui non è mancanza di interesse l’assenza di commenti IT, semplicemente il tuo articoli se pur ben fatto non stimola il dibattito.

    Sono certo che il medesimo, se pubblicato 6 mesi fa o tra un anno avrebbe ottenuto/otterrebbe tutt’altro responso. (se non ci fossero i commenti OT avrebbe ottenuto tutt’altro feedback :-) )

    @nOvO

    alla fine si ha ragione tutti e due.

    Beh, dopo avermi accusato di dire fesserie senza pensarci due volte, uno “scusami” ci poteva stare, non credi ?

  • # 22
    bolkonskij
     scrive: 

    @ eleonora presiani

    hai ragione, è la seconda volta che vado OT in un tuo post…
    mi scuso per questa brutta mania che ho di puntualizzare.. (ma, ahimè, devo ammettere che, probabilmente, lo rifarei—)

    OT a parte, per me l’articolo era interessante, un buon approfondimento oltre la sterile pagina di wikipedia che avevo consultato il giorno dell’anniversario…

    @ the solutor

    ma perché ricercare altre prove (anche se le ricerche di solito si fanno prima di un’affermazione), ancora non t’ho convinto?

    non è il tuo campo, ma allora perché tanto deciso?
    non è neanche il mio, in realtà (anche se la conoscenza del proprio codice linguistico dovrebbe un po’ essere il campo di tutti) ma la consultazione del lavoro degli specialisti serve proprio in casi come questo…

    vabbé, grazie comunque per lo scambio di idee…

    fine OT

    Bolkonskij out…

  • # 23
    The Solutor
     scrive: 

    ma perché ricercare altre prove

    Mmm… perché oltre alla tua opinione rispettabilissima, hai prodotto un testo in francese, il che taglia tutt’altro che la testa al toro.

    non è il tuo campo, ma allora perché tanto deciso?

    Perché, evidentemente non è che mi sono svegliato una mattina una idea balzana da proporre, evidentemente l’argomento l’ho già affrontato, e perché per “campo” intendo quello lavorativo, sul resto non ho mai fatto razzismo sulla cultura, mi interessano i compilatori, quanto la fisica delle particelle, quanto la grammatica.

    Poi avendo l’HW della mia zucca dei limiti, mi limito a fare il “moltologo”.

    non è neanche il mio, in realtà (anche se la conoscenza del proprio codice linguistico dovrebbe un po’ essere il campo di tutti) ma la consultazione del lavoro degli specialisti serve proprio in casi come questo…

    Anche qui, mai fiducia cieca, per esempio nonostante sia la versione approvata dall’accademia della crusca, non scriverò mai “gli pneumatici” neanche sotto tortura.

    vabbé, grazie comunque per lo scambio di idee…

    e’ stato un piacere ;-)

  • # 24
    bolkonskij
     scrive: 

    bolkonskij in (per un brevissimo momento, promesso)

    “Mmm… perché oltre alla tua opinione rispettabilissima, hai prodotto un testo in francese, il che taglia tutt’altro che la testa al toro.”

    l’opinione è suffragata (GRADIT e GDLI, mica banane)
    e il testo di Balzac è dirimente:
    è del 1835 (ben prima di grammofoni e Marconi), dunque l’origine di “volume sonoro” non ha nulla a che fare con la radio e dunque con l’inglese (infatti per te la radio spiegava l’inglese)

    “o, sul resto non ho mai fatto razzismo sulla cultura, mi interessano i compilatori, quanto la fisica delle particelle, quanto la grammatica.

    Poi avendo l’HW della mia zucca dei limiti, mi limito a fare il “moltologo””

    non ho mai pensato che ognuno debba occuparsi del proprio orticello (detesto il proverbio “ofelér fa el to mestér*”), anzi, ho detto che il codice lingua dovrebbe essere (un pochino) il campo di tutti; ma volevo dire che quando ci si avventura in un campo che non è il proprio bisognerebbe andarci con i piedi di piombo con le affermazioni apodittiche (“è così punto”), informarsi (e rivedere le propire fonti) meglio e aprirsi un po’ di più alle obiezioni: magari ci si può sbagliare… o no?!

    ps: ribadisco che manco io sono un linguista, però il meccanismo idnuttivo\deduttivo mi sembra funzionare (per ora)

    pps: mi sembra invece che tu sia ferrato nel fare citazioni dai testi precedenti, come si fa??!?!?!

    *pasticcere\panettiere fa il tuo mestiere

    Bolkonskij tombalmente out

  • # 25
    The Solutor
     scrive: 

    l’opinione è suffragata (GRADIT e GDLI, mica banane)
    e il testo di Balzac è dirimente:
    è del 1835 (ben prima di grammofoni e Marconi), dunque l’origine di “volume sonoro” non ha nulla a che fare con la radio e dunque con l’inglese (infatti per te la radio spiegava l’inglese)

    Io ho asserito (e asserisco) che la diffusione ampia dell’uso di quel termine è dovuta all’uso del termine su radio e grammofoni.

    Che poi (e’ una mia illazione questa) possa esserci stato un suo uso riferito alle orchestre “orchestra a tutto volume, nel senso che tutti i partecipanti collaborano all’emissione del suono (si parla non a caso di pieni d’orchestra) ci può pure stare, e in quel senso il termine legato alla capacità può essere stato esteso ad un significato improprio, ma che fosse un significato diffuso ed usato correntemente continuo a confutarlo.

    Poi come tutti gli esseri umani posso sbagliarmi.

    ma volevo dire che quando ci si avventura in un campo che non è il proprio bisognerebbe andarci con i piedi di piombo con le affermazioni apodittiche (“è così punto”), informarsi (e rivedere le propire fonti)

    E’ quello che mi pregio di fare da sempre, nel caso specifico è un po’ difficile per i motivi esposti (spiegalo tu a google che sto cercando l’etimologia della parola volume e non un volume sull’etimologia), ma nonostante tutto un link che avvalorerebbe la mia tesi l’ho prodotto.

    pps: mi sembra invece che tu sia ferrato nel fare citazioni dai testi precedenti, come si fa??!?!?!

    L’html fa parte delle cose in cui sono “pocologo”, mi ha sempre annoiato e non ci capisco quasi nulla, per cui per questa particolare cosa ho dovuto, a mia volta, chiedere aiuto ad Alessio di Domizio

    Morale devi scrivere

    [blockquote]citazione[/blockquote]
    ma coi segni di maggiore e minore al posto delle quadre (quelli che di solito stanno accanto alla Z, per capirci.)

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