Android Challenge: c’è ancora speranza per l’Italia

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Forse c’è ancora speranza, per i programmatori italiani, di poter partecipare al concorso lanciato da Google per la realizzazione della migliore applicazione per Android.

Breve riassunto delle puntate precedenti:

  • Google spiazza tutti coloro che attendevano il Gphone e presenta Android, sistema operativo open source, frutto della cooperazione di numerose aziende, riunite nella Open Handset Alliance;
  • Poco dopo, Sergey Brin in persona, fondatore del motore di Rcerca più famoso del mondo, annuncia un concorso che premierà la migliore applicazione mobile realizzata per Android.
  • Giusto il tempo di leggere le faq del concorso per rendersi conto del fatto che non tutte le nazioni possono partecipare al concorso. Tra gli esclusi, in particolare, l’Italia per non meglio specificate “restrizioni locali”.

La voce corre per la rete, tra moti di indignazione, rassegnazione e polemiche e l’interessamento non troppo convinto di qualche politico, finché non interviene Guido Scorza , esperto di informatica e diritto:

mi permetto di suggerire ai colleghi che assistono Google di leggere l’art. 6 del D.P.R. 26-10-2001 n. 430 […] che sotto la rubrica “Esclusioni”, stabilisce che “Non si considerano concorsi e operazioni a premio: a) i concorsi indetti per la produzione di opere letterarie, artistiche o scientifiche, nonché per la presentazione di progetti o studi in àmbito commerciale o industriale, nei quali il conferimento del premio all’autore dell’opera prescelta ha carattere di corrispettivo di prestazione d’opera o rappresenta il riconoscimento del merito personale o un titolo d’incoraggiamento nell’interesse della collettività”

La buona notizia corre veloce almeno quanto la cattiva che l’aveva preceduta, e secondo rumors che giungono da Google Italia si starebbe già lavorando per far rientrare l’Italia tra le nazioni ammesse a concorrere.

A quanto pare, dunque, non è stata la burocrazia italiana in senso letterale a scoraggiare il colosso di Mountain View, ma piuttosto il fantasma di essa. Il solo timore di doverla affrontare e’ stato sufficiente per convincere i legali di Google ad escludere il Belpaese.

Per questa volta, incrociando le dita, e sperando di non essere clamorosamente smentiti, potremmo averci messo una pezza, nel più perfetto stile italiano. Ma non sarà il caso di trarne quelche insegnamento?

Non sono un esperto del campo legale, e forse proprio per questo, preferirei che le regole fossero, in tutti i campi, poche, chiare e valide per tutti. Così magari ci potrebbero essere meno furbetti, e più opportunità, come quella che abbiamo rischiato di perdere e che speriamo invece di recuperare. E’ chiedere troppo?

Markingegno

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