Se dovessi scommettere, punterei sul fatto che tutti o la grande maggioranza dei lettori di Appunti Digitali sappiano cos’é un barcamp, ma visto che non posso esserne certo, eccovi la definizione in italiano di Wikipedia, anche se quella inglese è più completa:
BarCamp è una rete internazionale di non conferenze aperte i cui contenuti sono proposti dai partecipanti stessi.
La scorsa settimana ce ne sono stati due, il FoodCamp ed il Materacamp, sabato prossimo è in programma l’Iwordcamp a Milano a cui parteciperà Matt Mullenweg, creatore della popolare piattaforma di blogging, WordPress, quella per intenderci, che regge anche questo blog.
Il fenomeno sembra essere più che mai vivo ed animato, eppure forse potrebbe essere tempo di rivedere il format di queste conversazioni dal basso, per sfruttarne a pieno le potenzialità.
Barcamp vuol dire innanzitutto partecipazione, in una non-conferenza non ci sono relatori, non c’è pubblico, siamo tutti partecipanti. Così sono gli stessi partecipanti a definire i confini e gli strumenti da utilizzare. Se questo è vero nel singolo barcamp, perché non dovrebbe valere anche per il fenomeno nella sua complessità?
Perché non dovrebbero essere gli utenti stessi delle non conferenze ad indicare delle possibili modifiche al modello di partenza?
Secondo la mia esperienza i barcamp soffrono di due tipi di problemi:
- rischiano di diventare occasione di grande convivialità, ma poco costruttivi dal punto di vista dei contenuti;
- ritrovarsi è bello, ma ha un prezzo; il fatto di conoscersi più o meno tutti, aumenta la percezione dei confini del gruppo, e quindi implicitamente tende a chiudere questo gruppo, aumentando in chi non ne fa parte, o vi è entrato da poco, la sensazione di estraneità.
Senza che nessuno lo abbia scelto consapevolmente, si smette di coinvolgere nuova gente, in un progetto che invece potrebbe essere di crescita sociale, ben al di là dei confini del web.
Dati questi presupposti, penso che sarebbe opportuno adottare degli strumenti per:
- Aumentare il grado di predeterminazione degli argomenti trattati nelle presentazioni; da questo punto di vista i barcamp monotematici sembrerebbero aver imboccato un percorso di maggiore efficacia rispetto a quelli generalisti.
- Adottare canali alternativi al web per coinvolgere le persone, creando delle “occasioni di inserimento”, perché sebbene non sia una prerogativa dei barcamp quella di fare proselitismo, è sicuramente vero che esiste una ampissima fascia di utenti che pur utilizzando la Rete non ne sono partecipi, forse non vogliono esserlo, o forse non hanno avuto l’occasione per scoprire nuove possibilità di partecipazione.
E tu hai mai partecipato ad un barcamp? Perché? Cosa cambieresti del modello barcamp?
Nella mia esperienza personale devo dire che purtroppo in Italia i Barcamp tendono troppo spesso a non funzionare per via dell’anarchia che si crea in loco, che rende spesso confuso il programma degli interventi e che, come dici tu, spesso finisce per scoraggiare i “nuovi arrivi” che si sentono ostracizzati da un gruppo solido e ben costruito che si “organizza da sé” senza curarsi troppo degli altri.
E’ stato a mio avviso intepretato male il concetto stesso di Barcamp che non è quello di trovarsi in un luogo e fare ciò che ogni singolo individuo vuole fare, ma trovarsi a fare dei workshop in un luogo determinato, dopo aver nel tempo stabilito, grazie ad una solerte organizzazione, la scaletta degli interventi cui tutti possono iscriversi (anche se senza Ph.D), ma per tempo.
In ultima analisi il difetto è che è visto più come un momento di incontro e svago tra gente che si conosce e non vede l’ora di vedersi, piuttosto che un reale workshop croguiolo di idee e spunti su cui riflettere.
[…] scorso sono stato a un barcamp, tanto per restare in argomento, e precisamente a un barcamp a tema: l’italian wordpress camp – iwordcamp – […]