italia.it: a volte ritornano

logo italia.it Pensavate che la storia si sarebbe chiusa così? Qualche milione di Euro di risorse pubbliche gettate alle ortiche e via? Illusi. Italia.it potrebbe risorgere come la fenice dalle proprie ceneri.

Non c’è destra o sinistra che tenga. Mentre in Spagna si regalano nomi di dominio .es ai giovani, qui in Italia si spendono milioni di Euro per un progetto che seppur mastodontico non giustificherebbe un tale spreco di risorse.

Il portale da 51 milioni di Euro non c’è più dalle 8.30 del 18 gennaio. Secondo molti, non c’è mai stato, o non ci dovrebbe essere mai stato, perché invece di essere il biglietto da visita di una della nazioni più turistiche ed affascinanti al mondo – evito il superlativo assoluto per non essere tacciato di parzialità, ma lo penso – è diventato il simbolo dello spreco e della incapacità politica di realizzare progetti di ampio respiro, con grave danno per la collettività.

Non solo, al momento della verifica dei fatti ci troviamo di fronte ad un mostro, sotto molti punti di vista: usabilità, grafica, qualità ed efficacia dei contenuti. Insomma una vera e propria dimostrazione di inefficienza.

Oltre il danno la beffa, così, quando un gruppo eterogeneo di cittadini investono del proprio tempo per analizzare in profondità quanto sta accadendo, per qualcosa che ha a che vedere con la res publica, la cosa pubblica, di noi tutti cittadini italiani, la risposta che ricevono è che non è un loro (nostro) diritto ricevere risposte.

Non paghi di tutto questo, ci ritroviamo a leggere che la disattivazione di italia.it potrebbe essere solo “un momento di ripensamento. […] Ci sono tutte le risorse per riprendere il lavoro bisognerà decidere con quali attori, se indire un nuovo bando di gara o no e individuare il nuovo gestore” [Ansa].

Due pensieri mi rimbombano nella testa:

1. Non è il momento di abbassare la guardia. Se c’è una possibilità di evitare che una schifezza del genere si ripeta dobbiamo essere noi cittadini a sfruttarla.

2. Mi chiedo, questa storia segna un fallimento definitivo della democrazia digitale, o c’è ancora speranza che tramite Internet si raggiunga un maggior grado di partecipazione e la possibilità di incidere in maniera più diretta sull’operato della politica?

Markingegno

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