Quando i social media saranno decisivi per le elezioni

obama social network

“Obama ha vinto le elezioni grazie ad Internet”. Questo è il messaggio/miraggio che è sembrato riecheggiare nella mente di più di un politico nostrano all’indomani delle elezioni americane del 2008. Nei mesi successivi alla vittoria del primo Presidente di colore degli Stati Uniti, nei dibattiti e nelle discussioni si percepiva quasi una euforia per la scoperta di uno strumento nuovo e apparentemente magico. Ora l’euforia sembra essere scemata, forse perché è emerso come non sia facile arrivare al successo – politico in questo caso – tramite la Rete.

Non è facile perché l’Italia non è gli Stati Uniti – né per il grado di diffusione ed utilizzo della rete presso la popolazione, né per le opportunità di mobilità tra una classe sociale e l’altra – e perché non basta aprire un profilo su Facebook, bisogna anche conoscere una serie di strumenti e dinamiche per non fare magre figure, e soprattutto non è facile utilizzare la Rete come media perché non funziona come la televisione, non è one-to-many, ma al contrario si fonda sull’interazione dialettica e la partecipazione.

Le azioni di facciata nascono e muoiono con la stessa velocità con cui viaggiano i bit su fibra ottica. Infine, quand’anche si riesca creare quell’entusiasmo necessario per portare il cambiamento, poi bisogna avere il coraggio, l’incoscienza e la prontezza di capire il momento. Se un fenomeno come la Serrachiani, tanto per fare un esempio, è rientrato, vuol dire che probabilmente le forze che oppongono resistenza al rinnovamento della classe politica sono davvero molto forti.

La recente straordinaria diffusione di Facebook ha sdoganato il concetto di social network nella società, ma ha anche aperto due fronti: da un lato coloro che vedono in essi un’opportunità, dall’altra coloro che evidenziano i pericoli di un ambiente che definiscono incline all’anonimato e alla violenza. Siamo di nuovo di fronte alla sempiterna contrapposizione tra apocalittici e integrati.

Chi utilizza la Internet in maniera consapevole non può non essere convinto che presto o tardi la popolazione della rete raggiungerà quella massa critica necessaria per essere uno strumento decisivo per la formazione delle scelte di voto degli italiani, eppure sembra difficile che questo possa accadere in tempo per le prossime elezioni amministrative del 2010.

Naturalmente non saranno mai solo i social media a decidere l’esito di una tornata elettorale, ma a tutt’oggi possiamo ipotizzare che il suo peso sia ancora marginale, rispetto a quello dei media tradizionali. Non trascurabile, ma marginale.

Non è questo sintomo di un ritardo nella evoluzione della nostra democrazia? Sarebbe bello poter discutere in maniera partecipativa dei temi della Cosa Pubblica, ed i social media permetterebbero di farlo in mille modi nuovi rispetto a come lo si è fatto sino ad oggi. Sarebbero possibili approfondimenti di temi specifici, coinvolgimento delle realtà locali, fino ad una più consapevole partecipazione alla vita politica da parte di una più ampia fetta di popolazione.

Invece no, questo non è possibile per almeno due motivi:

  • il digital divide, termine con cui si deve intendere non solo il limite fisico delle zone non raggiunte dalla connessione alla Rete (o raggiunte in maniera precaria), ma anche quel limite di conoscenze e preparazione che ostacolano l’utilizzo di Iternet e dei social media da parte di alcune fasce della popolazione
  • l’ostilità e l’opera di demonizzazione svolta sia da alcuni esponenti politici che da una certa Informazione che per propria ignoranza si ostina a dipingere la rete come un far west senza regole, come se essa fosse la causa delle nefandezze della società e non il loro specchio

Se oggi mi chiedessero “Quando i social media avranno un peso determinante per le elezioni?”, la mia risposta sarebbe “Non nelle prossime elezioni amministrative probabilmente, ma presto o tardi accadrà che anche in Italia ci siano le condizioni per utilizzare con successo gli strumenti digitali”.

Non è ottimismo positivistico, ma solo la convinzione del fatto che le restaurazioni imposte per legge hanno il fiato corto, quando l’evoluzione ha già segnato il suo passo.

Markingegno

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