Automobili a idrogeno senza futuro?

Nonostante gli sforzi di molte aziende e centri di ricerca (non ultimo quello ricordato da Stefano) e in aperto disaccordo con la politica intrapresa dalla precedente amministrazione Bush, nell’ ultima finanziaria l’amministrazione Obama ha deciso di tagliare i fondi per la ricerca sugli autoveicoli a idrogeno.

La proposta di tagliare di 100 milioni di dollari il fondo per la ricerca sulle automobili ad idrogeno arriva in un momento in cui le aziende di Detroit hanno ben pochi argomenti per controbattere, visto che sono impegnate a salvare la propria sopravvivenza.

La decisione è stata quella di deviare i fondi della ricerca automobilistica a idrogeno verso le celle a combustibile in generale, con diverse applicazioni rispetto alle automobili. La ragione principale per questa decisione è che il Dipartimento dell’Energia americano non vede un’applicazione nel futuro prossimo di questi autoveicoli, considerando la tecnologia necessaria per una diffusione delle automobili ad idrogeno ancora troppo immatura.

Vogliono quindi stimolare le compagnie ad investire in campi più promettenti, per raggiungere più velocemente obiettivi di efficienza e rispetto dell’ambiente che cominciano ad essere necessari.

Capire chi ha ragione e come investire così tante risorse non è facile, ma cerchiamo di farci un’idea su cosa voglia dire avere auto a idrogeno, per chiarirsi un po’ le idee.

Innanzi tutto ricordiamo che l’idrogeno è l’elemento più comune in natura ed è anche il più semplice. Esso è, assieme all’ossigeno, l’elemento che forma l’acqua, e la forza che lo tiene legato nella formazione dell’acqua è estremamente intensa, per questo l’estrazione coinvolge una grande energia. L’idrogeno quindi, non è in sé una fonte di energia, ma ne è portatore.

Un veicolo a idrogeno (e per veicolo si intende un qualsiasi mezzo di trasporto, dalla bicicletta al razzo spaziale) non è altro che un veicolo che utilizza l’idrogeno come carburante di bordo per fornire la potenza di trasporto.

La centrale energetica di questo tipo di veicolo converte l’energia chimica dell’idrogeno in energia meccanica in uno di due modi possibili: con la combustione interna o con la conversione elettrochimica in una cella a combustibile (o pila a combustibile). Nel caso dei motori a combustione interna dell’idrogeno, il principio è molto simile ai motori tradizionali, solo che in questo caso il combustibile è l’idrogeno invece che combustibili a idrocarburi.

Nel caso invece della conversione per mezzo di celle a combustibile, l’idrogeno viene fatto reagire con l’ossigeno per produrre acqua (che in questo caso è il materiale di scarto) e energia elettrica, che poi verrà trasformata in energia meccanica.

Attualmente esistono già diversi veicoli che funzionano a idrogeno, in diverse forme e con diversi costi. Per esempio la NASA ha scelto da molto tempo di uilizzare l’idrogeno per lanciare nello spazio il suo Space Shuttle. Esiste inoltre un prototipo di automobile a energia solare che utilizza celle rigeneranti (RFC ) per conservare l’energia sotto forma di gas di idrogeno e ossigeno. Può poi convertire questo carburante in energia meccanica per potersi muovere.

L’idea sembra promettente, e moltissime aziende automobilistiche hanno investito tempo e denaro per lo sviluppo di automobili alimentate a idrogeno. Non sempre però ha prevalso l’ottimismo in questo senso, però, visto che diverse aziende, come la Ford e la Toyota hanno preferito scommettere sull’energia elettrica.

Un’industria che al giorno d’oggi decida di investire nella propulsione a idrogeno dovrà per forza di cose scontrarsi con alcune diffcoltà tecniche di non facile soluzione. Primo tra tutti il costo: le celle a combustibile sono ancora molto fragili e costose, per cui serve ancora molta ricerca per renderle più a buon mercato e soprattutto resistenti agli urti e alle vibrazioni che potrebbero subire per strada. In alcuni casi vengono inoltre utilizzati materiali rari come il platino come catalizzatori, innalzando notevolmente il costo di produzione. Negli ultimi anni, però, l’introduzione di nanometalli al nikel-stagno hanno contribuito a una diminuzione dei costi.

Un’altra preoccupazione a cui si va incontro nella produzione di celle a idrogeno è il congelamento. Il vapore acqueo presente internamente alle celle, infatti, congela a temperature inferiori dello 0 Celsius, rendendo il motore inutilizzabile alla partenza (dopo la partenza, il calore generato dal motore stesso manterrebbe il vapore acqueo allo stato gassoso), inoltre l’aumento del volume dovuto al congelamento dell’acqua spaccherebbe la maggior parte dei motori a idrogeno ingegnerizzati finora.

Bisogna anche tenere conto che l’idrogeno non è presente in natura come i combustibili fossili che utilizziamo al momento. Va invece prodotto in centrali specifiche e poi trasportato attraverso complesse infrastrutture per renderlo accessibile alla popolazione. Questo fattore va tenuto in considerazione anche quando si fa il computo dei gas serra e delle emissioni inquinanti nei vari sistemi di trasporto.

Infatti se il motore stesso non produce CO2 o altri gas inquinanti (se non si considera il vapore acqueo, che invece rappresenta anch’esso un gas serra), il processo di produzione dell’idrogeno emette allo stato attuale più CO2 e gas inquinanti di quanto non facciano le automobili a idrocarburi. Sebbene sia infatti possibile utilizzari fonti rinnovabili di energia per produrre idrogeno (come l’energia solare o eolica), la maggiorparte dell’idrogeno prodotto attualmente utilizza energia fossile, e l’85% dell’idrogeno viene prodotto separando lo zolfo dalla benzina.

L’idrogeno può anche essere estratto dall’acqua tramite elettrolisi, ma attualmente questo è il metodo più  inefficiente e di conseguenza non viene utilizzato. Inoltre le tecniche per il trasporto, la conservazione e la compressione dell’idrogenosono ancora inefficienti ed inquinanti. La produzione di idrogeno attraverso fonti rinnovabili di energia o tramite biomassa produrrebbe valori vicini a zero di emissioni inquinanti, soprattutto nel caso della biomassa in cui si assume che l’emissione prodotta con la produzione dell’idrogeno vada a sostituire quella che veniva emessa dalla biomassa precedente. Considerazioni simili, però, valgono anche per la produzione di biodiesel, che potrebbe essere utilizzato con poche o zero modifiche dai veicoli attuali, con motori relativamente efficienti e molto meno costosi.

A causa di queste difficoltà tecniche lo scorso Maggio il segretario del Dipartimento dell’Energia americano ha annunciato che non considerava realizzabile su grande scala una mobilità tramite idrogeno per i prossimi 10-20 anni (forse mai, ha detto in altre occasioni). Non ha però tagliatoi fondi per la ricerca delle celle a idrogeno tout-court, riponendo comunque fiducia nel caso di celle di grandi dimensioni, di tipo stazionario (non montato su una macchina, per intenderci). Il governo americano vuole concentrare i propri sforzi su soluzione di energia alternativa per le macchine con risultati a più breve termine, come l’energia elettrica o il biodiesel.

In effetti spero anch’io che si trovi in tempi ragionevoli un’alternativa ai carburanti fossili, e abbraccerò volentieri qualsiasi soluzione efficiente e funzionale!

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