PC con liquid cooling da NEC: perdite (di liquido) in vista…

La “mania” di integrare un sistema di raffreddamento a liquido, seppur basilare, all’interno di un PC pare abbia contagiato un po’ tutti i grandi costruttori di PC, visto che anche un’altro colosso giapponese, che risponde al nome di NEC, ha deciso di farsi avanti con un sistema dedicato all’home entertainment, che sfrutta per il raffreddamento del proprio processore un sistema a liquido di propria progettazione e realizzazione.

Le caratteristiche di tale pc sono visionabili al seguente LINK, purtroppo la pagina è in giapponese, ma un translator online riesce tranquillamente a dare un senso a tutti quei strani simboli e lineette. Il sistema è stato battezzato “Valuestar W”, dove per chi non lo avesse capito, la “W” sta per water, acqua in inglese.

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Pochissime le immagini disponibili sul sito che mostrino come NEC abbia sviluppato il sistema di raffreddamento a liquido, se non contiamo uno schema di come dovrebbe funzionare un generico sistema a liquido, ed un’altra immagine che, a dire il vero, poco fa vedere.

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Alcune cose interessanti però vengono fuori proprio dall’immagine qui sopra riportata (e no, non si tratta del fatto che il giapponese è incomprensibile a noi europei, questo lo sapevamo già). Nello specifico, si notano la pompa, alimentata a 12V con cavetto a tre pin (e quindi la si potrà tranquillamente attaccare a qualsiasi pin header presente sulla scheda madre), il gruppo radiatore / ventola, quest’ultima da 120mm, il waterblock con base in rame, ed infine un waterblock anche per l’HDD.

Se quest’ultima scelta è decisamente inusuale, anche se molti produttori di accessori liquid cooling hanno nel tempo immesso sul mercato prodotti dedicati all’HDD, la scelta dei vari componenti è, a prima vista, basilare, anche se perfettibile.

E non solo: un componente su tutti grida l’attenzione degli esperti di liquid cooling: il radiatore in alluminio. Non per via delle sue potenziali prestazioni. La CPU scelta dalla NEC per equipaggiare questo PC non dovrebbe scaldare così tanto (sui 65W) e quindi anche un solo radiatore da 120mm dovrebbe tranquillamente farcela a smaltire tutto il calore prodotto in fase di funzionamento normale e/o stress estremo. Più che altro, è il materiale usato appunto: l’alluminio.

Scelto probabilmente per la riduzione dei costi di produzione, il radiatore in alluminio favorisce – quando usato in un circuito chiuso nel quale lo stesso liquido bagna anche metalli più nobili, come lo è appunto il rame – la formazione di ossido di alluminio che intasa in breve il circuito stesso, e quindi la corrosione delle pareti del radiatore stesso, con potenziali perdite di liquido.

Il fenomeno, noto ai chimici come corrosione galvanica, è inarrestabile, ed è una delle “bestie nere” che  tanto hanno afflitto i patiti del cooling estremo agli albori del liquid cooling. La soluzione è semplice: usare componenti i cui materiali siano chimicamente compatibili tra di loro. E non venitemi a dire che un radiatore di quelle dimensioni in rame puro (la parte in cui scorre il liquido, ovviamente le alette esterne possono, e solitamente lo sono, essere in alluminio) ha costi di produzione spropositati.

Mi chiedo come mai NEC, che avrà sicuramente investito centinaia di migliaia di dollari in progettazione e realizzazione di un PC intero che ruota proprio attorno al raffreddamento a liquido come principale caratteristica di vendita, abbia deciso di non fare quell’ulteriore piccolo passo per cautelarsi contro problemi di corrosione una volta per tutte, anche nell’ottica di potenziali detrattori concorrenti ben propensi a vedere il frutto di questo investimento cadere nell’oblio del fallimento di vendite.

La Apple aveva commesso un errore simile con le proprie workstation G5 raffreddate a liquido, affette, in quantità decisamente alta, da problemi di corrosione proprio perché a waterblock in rame affiancavano radiatori in alluminio.  Anche non volendo ascoltare qualcuno di competente, alla NEC sarebbe bastata una semplice ricerca su google per trovare indicazioni più che esaustive riguardo a questo problema che prima o poi si verificherà.

Insomma, si vuole saltare sul treno dell’innovazione tecnologica, si sforna un prodotto tecnologicamente avanzato, con tanto di raffreddamento a liquido e poi si commettono errori che già anni fa, hanno causato ingenti danni economici e d’immagine.

Si copia, ma non si impara.

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