Fiat all’assalto del mercato USA: iniziata l’acquisizione di Chrysler

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Un tormentone che si sente spesso ripete in questo periodo è che la crisi economica in atto è un’ottima opportunità per imparare dai propri sbagli e costruire un nuovo assetto socioeconomico migliore del precedente.

L’industria automobilistica naturalmente non è interessata a questo tipo di discorsi, essendo protagonista di quello che forse è il mercato più saturo e anacronistico tra quelli che conosciamo oggi.

Ma all’interno di questo contesto vanno sicuramente riconosciuti i meriti dirigenziali di un uomo come Marchionne, che ha saputo guarire una Fiat considerata spacciata (e non da blogger polemici come me, ma dagli addetti del settore) con una cura mirata fatta di tagli, accordi strategici e ricerca e che ora sembra intenzionato a cavalcare le opportunità offerte da un’economia con il freno a mano tirato.

Fiat Group ha appena acquistato il 35% di Chrysler, con l’intenzione di salire al 55%, e quindi assumere il controllo totale dell’azienda, in poco tempo. Marchionne spiega che l’accordo prevede la condivisione di reti commerciali e tecnologiche, ma per raggiungere quali obiettivi? Questo il dirigente non l’ha detto, ma analizzando la situazione del mercato e conoscendo i piani di Fiat a lungo termine, si possono azzardare delle previsioni.

Per capire quali sono i piani per il futuro, partiamo da una breve analisi della situazione presente. I costruttori nordamericani oggi vogliono farci credere che sono ridotti in ginocchio per colpa della crisi dei mutui, ma non è affatto così.

L’attuale crisi ha origini nella crisi petrolifera degli anni ’70 che permise alle piccole giapponesi di farsi strada tra le gigantesche quanto tecnologicamente arretrate auto nazionali.

Gli Stati Uniti risposero con una politica protezionista che permise ai costruttori di casa di dormire sonni tranquilli per decenni, nonostante una pressochè totale assenza di innovazione. Un paio di esempi celebri ed esemplificativi: la Corvette, icona per eccellenza dell’auto sportiva statunitense ha abbondanato l’uso delle balestre nelle sospensioni soltanto nel 2005, in Europa nemmeno i furgoni le montano più; la Viper monta ancora motori con distribuzione ad aste e bilanceri, soluzione che da noi era quasi un ricordo già negli anni ’70.

La nuova crisi petrolifera, dovuta per altro non a crisi politiche internazionali ma alla scarsità di risorse residue e la crisi economica danno un’incredibile vantaggio alle produzioni europea e nipponica, che auto piccole e molto più efficienti le producono da sempre.

In questo panorama catastrofico, si aggiunge un ulteriore svantaggio per Chrysler: mentre tutti gli altri grandi gruppi americani posseggono marchi e produzioni più sofisticate in europa, Chrysler, dopo essere stata ceduta da Daimler (Mercedes) si ritrova senza un partner tecnologico straniero.

Dopo aver prodotto per anni grossi truck a basso costo e vecchi modelli mercedes ricoperti da un design studiato per il solo mercato interno, oggi grazie a Fiat, Chrysler otterrà motorizzazioni performanti ma meno inquinanti e assetate (soprattutto con la futura tecnologia MultiAir sviluppata da Fiat, che sarà lanciata quest’anno), oltre che condividere piattaforme telaistiche via via sempre più piccole, ora che negli USA si vende persino la Smart.

Fiat dal canto suo, che ufficialmente prevede il ritorno negli USA nel 2010 con l’erede dell’Alfa 159, potrebbe approfittare dei nuovi trend di mercato per imporre un’auto piccola  e fascinosa auto come la Fiat 500, nella fascia delle auto microscopiche (per la percezione di quel mercato) in concorrenza con la Smart.

La Chrysler inoltre attualmente ha un numero non indifferente di stabilimenti chiusi a causa del calo della domanda, stabilimenti che potrebbero ospitare la produzione dei modelli Italiani.

Sicuramente poi Fiat avrà necessità di appoggiarsi alla rete vendita e assistenza del costruttore americano per riuscire a coprire capillarmente un territorio così vasto senza versare investimenti colossali.

Un matrimonio proficuo per entrambe, che secondo i piani di Marchionne porterà i marchi italiani a vivere un ruolo di protagonisti un mercato fin’ora visto quasi sempre da lontano e a malapena sfiorato.

E chissà che in futuro non rivedremo riproposta nei film d’azione americani l’antica lotta tra BMW (cattivissime) e Alfa Romeo (paladine) dei meravigliosi polizieschi all’italiana di qualche decennio fa.

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