Produzione cinematografica e problemi di copyright: Bollywood

attrice BollywoodVideodrome – ai confini del video, oggi faremo qualche considerazione sui diritti d’autore in relazione all’industria cinematografica indiana di Bollywood.

Con questo post inizieremo, all’interno del vasto mondo del filmmaking, un percorso tematico attraverso copyright, utilizzo di materiale d’archivio e pirateria. Come base di partenza “utilizzeremo” un’industria cinematografica oramai fortemente consolidata come quella indiana, andando a parlare di un caso emblematico e non ancora risolto: i plagi di Bollywood.

Già il nome Bollywood, suona come una copia piratata della californiana Hollywood.

Con sede a Mumbai, l’industria cinematografica indiana lavora da ormai molti anni, al limite della violazione internazionale dei diritti d’autore; nonostante che, negli ultimi tempi, sempre più registi di “peso”, primo su tutti Steven Spielberg (divorziando da Paramount Pictures), stiano decidendo di spostarsi in India per farsi finanziare progetti di futuri film.

La pirateria cinematografica, a Mumbai, è da sempre una piaga praticamente insanabile: video CD e DVD piratati vengono venduti regolarmente con custodie originali, molti dei film in produzione escono sul mercato nero molto tempo prima dell’anteprima in sala e, cosa fondamentale, l’industria cinematografica locale continua a rubare soggetti, sceneggiature e colonne sonore da altri film senza nemmeno una piccola citazione nei titoli di coda.

Le violazioni di copyright sono all’ordine del giorno e orami conosciute da tutti a livello mondiale, ma la produzione indiana è talmente “affamata” di storie, soprattutto commedie d’amore, che i soggetti locali non bastano e bisogna, per forza di cose, attingere a “risorse esterne”.

Il mercato cinematografico indiano è una vera e propria miniera d’oro per l’economia nazionale, con una produzione estremamente consistente e con un pubblico esigente e in costante attesa di nuove uscite, gli studios di Mumbai non si fanno alcuno scrupolo nel “riadattare” (come da loro dichiarato) film europei in salsa indiana utilizzando, ovviamente, uno sterminato numero di star locali.

In rete è possibile trovare molte segnalazioni di questo fenomeno; famosi sono gli esempi di Partner, una copia quasi identica di Hitch – Lui sì che capisce le donne e Bheja Fry una riadattazione quasi del tutto simile allo sperimentale Idioti.

Inoltre, sempre per il timore di rimanere senza un soggetto da sviluppare, i furti di idee vengono perpetrati anche tra la produzione di Mumbai e quella del sud dell’India, dove vengono prodotti soprattutto colossal in lingua regionale.

Mancano idee, i soggettisti locali non sono particolarmente brillanti… perciò dobbiamo adoperarci per mandare avanti la nostra industria di film commerciali.

Lo stesso accade con la musica e, incredibilmente, anche con scenografie, costumi ed effetti speciali.

Non venendo praticamente esportati, se non in pochi casi e per film di alto livello cinematografico, i film commerciali indiani che contengono la star di turno continuano a non citare le fonti e ad attingere a piene mani dal mercato occidentale (e non solo), dichiarando, nella maggior parte dei casi, di essersi ispirati liberamente alla sceneggiatura di un film famoso.

Un mercato incontrollabile, con una vasta produzione settimanale di nuovi film, risulta davvero difficile battersi per la difesa dei diritti di copyright soprattutto, se i primi a violare la legge, sono le case di produzione.

Nonostante alla produzione di Partner siano stati chiesti, dalla Sony, 30 milioni di dollari per aver plagiato Hitch e, nonostante, grandi aziende come Disney e Viacom abbiano dichiarato guerra alle produzioni indiane. I casi di plagio continuano ad essere tantissimi e sembra davvero, che non si sia ancora deciso di affrontare seriamente questo problema.

Davvero un cattivo esempio per la lotto alla pirateria cinematografica.

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