SNES-CD il prototipo alla base della Playstation, che ha segnato l’industria dei videogiochi

Playstation ADCi siamo arrivati. L’abbiamo presa un po’ alla lontana, ma ci siamo finalmente arrivati.
Nel nostro percorso di ricostruzione di quel puzzle complesso qual’è il settore dei videogiochi, questo prodotto rappresenta probabilmente il trait d’union fra un’epoca che non tornerà mai più e l’epoca che stiamo tutt’oggi videndo.

Nelle nostre fasi di avvicinamento, i prototipi ed il CD-I in particolare rappresentano due tappe importanti e da avere ben presente; alcuni dettagli e fatti storici durante la lettura di quei post vi saranno forse risultati oscuri e certamente poco importanti ma vedrete che assumeranno una dimensione diversa alla luce di quel che diremo oggi. O almeno lo spero, vorrà dire che il processo di ricostruzione è andato a buon fine.

Qual’è l’inizio questa lunga e travagliata storia?


Si racconta, forse romanzando gli avvenimenti (come sempre quando la datazione precisa risulta nebulosa) che tutto cominciò alla fine degli anni ’80 quando Ken Kutaragi, sì il Kutaragi delle press release PS3, dopo aver regalato il Famicom ai suoi pargoli rimase negativamente colpito dalla qualità sonora della macchina e decise in seguito di avviare una collaborazione con Nintendo per lo sviluppo comune di chip audio dedicati.Questo lavoro, il cui accordo è datato formalmente 1988, contribuì alla realizzazione del Super Famicom (o SNES), la console che vinse in definitiva la “battaglia dei 16 bit” anche grazie ai suoi famosi coprocessori i quali rendevano possibili giochi del calibro di Donkey Kong, impossibili da realizzare sul MegaDrive con egual fattura.
Nello stesso periodo, la casa giapponese dalla grande N era già però con la testa proiettata alla generazione successiva, la quinta, com’è prassi nell’industry.

Prototipo SNES-CD

Il futuro sembrava puntare decisamente verso il supporto ottico, con da una parte il Sega MegaCD e dall’altra il Nec PC-Engine Turbografx-16 , così Nintendo si adeguò al trend del momento, progettando un proprio prodotto alter-ego; questi avrebbe dovuto utilizzare, secondo l’estensione dell’accordo formalizzato in concomitanza con il rilascio del Super Nintendo, un formato sviluppato proprio da Sony e chiamato SuperDisc il quale avrebbe permesso di immagazzinare fino a 680 MB di contenuti. Sarebbe stata inoltre garantita la retrocompatibilità dei giochi precedenti, permettendo, insieme al CD, l’utilizzo anche delle cartucce con cui venivano venduti i giochi SNES.
Probabilmente ci furono dei problemi a livello burocratico oppure, come sembra più probabile, le clausole non furono lette attentamente, perché Nintendo si poneva sostanzialmente alla mercè di Sony, la quale avrebbe detenuto royalties per il formato e quindi la possibilità unilateralmente di decidere le sorti di Nintendo stessa qualora si fosse appoggiata esclusivamente al SuperDisc.

Uno sviluppo considerato inaccettabile. In queste circostanze si scelse quindi di guardarsi intorno per cercare tecnologie analoghe ed un eventuale altro partner, individuato poi in Philips.
E qui si innesta il discorso CD-I. Come già sappiamo, il primo modello venne rilasciato nel 1991 e l’idea di allora fu quella di usare l’architettura già pronta come base dell’add-on per il SNES; questa volta il totale controllo della licenza di sviluppo di titoli per questa piattaforma sarebbe stata in mano a Nintendo e non demandata al produttore che offriva quella stessa architettura.

L’accordo siglato in precedenza consentiva però a Sony di continuare per la propria direzione e nel CES organizzato a Chicago nello stesso anno presentò la sua prima versione della Playstation.
Il caso volle che nel giro di qualche ora, Philips e Nintendo resero pubblica la propria intesa e da lì a qualche mese ci fu un turbinio di minacce e paventate azioni legali perché la società madre della futura PSX si rendeva conto che stava per perdere un treno che poteva mettere a serio rischio il suo ingresso in un business dalle molteplici possibilità qual’era quello dei videogiochi.
Alla fine grazie a dei cavilli ed interpretazioni di norme giapponesi di diritto commerciale poco chiare sul tema, non solo Sony fu scaricata ma Nintendo ne uscì pulita, potendo concentrare tutte le sue attenzioni sul nascente progetto.

A questo punto la determinazione di Kutaragi&soci fece la differenza.
Pur correndo da soli, sempre nel 1991 venne presentata una versione “educational” della Playstation con titoli focalizzati all’apprendimento nel periodo infantile, da usare principalmente nelle scuole, ma nessun gioco vero e proprio.

Prototipo Playstation
Passano inesorabilmente i mesi e mentre Nintendo e Philips posticipano il proprio ingresso sul mercato, la PSX prende piano piano forma (cambiando design e requisiti tecnici ad un ritmo serrato); il punto decisivo è il 1992 quando venne ratificato lo standard per l’utilizzo dei compact disc come supporto ottico dei videogiochi (rendendo di fatto inutile lo sviluppo di altri formati quali furono ad esempio il SuperDisc).

Nel 1994 venne pianificata l’uscita del SNES-CD ad un prezzo che oscillava tra i 250 e i 299$.
Il problema fu che a causa dei ritardi accumulati finì per sovrapporsi con il progetto della generazione ancora successiva, il futuro N64 e quindi Nintendo si trovò tra le mani un prodotto concluso sì ma sostanzialmente già obsoleto, quindi rinunciò alla sua commercializzazione.
La vera rivoluzione è datata quindi 3 dicembre quando, finalmente, fece la prima comparsa in pubblico la Playstation in versione definitiva (nome in codice SCPH-1000) e che disponeva anche di un’uscita S-Video e Audio, incontrando le esigenze di un pubblico abituato ad altri standard qualitativi come quello giapponese.
Il resto è storia.

Ed è anche uno dei più famosi effetti sliding-doors (dall’omonimo film con Gwyneth Paltrow) nella storia dell’industria dell’entertainment.
Cosa sarebbe successo se Nintendo avesse svolto le trattative in modo diverso e non avesse lasciato Sony, non è dato saperlo.
E’ un fatto però che da quel momento in poi il videogioco divenne un fenomeno di massa e di costume non più visto come “passatempo per bambini” ma esteso ad un pubblico estremamente variegato non solo come età ma anche come estrazione socio-culturale.
E soprattutto non c’erano più le console, ma c’era LA Playstation; tutti i videogiochi e le piattaforme disponibili venivano identificati da chi non era evidentemente del settore (o era figlio di generazioni precedenti) con il prodotto Sony il quale, nel frattempo, ha letteralmente fagocitato tutti i concorrenti, mandando prima Nintendo sull’orlo di un baratro (salvata solo dal settore mobile) e costringendo poi Sega alla resa nel campo hardware, con il canto del cigno Dreamcast. Il tutto senza considerare gli attori minori come Atari o Panasonic e i rispettivi cavalli di battaglia Jaguar e 3DO, tanto per citare due nomi.

Più di 100 milioni di unità e un miliardo di giochi venduti per un progetto che, fosse andato diversamente, non sarebbe forse mai venuto alla luce.
Com’è strano il caso a volte…

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