BeBox: un Mac al quadrato

BeBoxPer alleviare la sofferenza tutti coloro che – compreso il sottoscritto – malgrado il caldo afoso non possono ancora tuffarsi in mare, vorrei oggi parlare di un progetto che per qualche breve istante ha scosso lo scenario informatico mondiale: Be e il suo BeBox.

Nato dall’inventiva due dei tanti geni fuoriusciti dalla Apple – Jean Louis Gassee e Steve Sakoman – BeBox rappresenta probabilmente ciò che sarebbe stato il Mac se fosse stato progettato nella prima metà degli anni ’90 anziché dieci anni prima.

Sviluppato inizialmente attorno alla fallimentare CPU Hobbit di AT&T e poi riscritto dalla base per il PowerPC, vede la luce nel 1995, a cavallo della transizione di Apple dalla serie 680XX al PowerPC e quella della piattaforma Wintel da 486 a Pentium. A differenza del Mac e del PC IBM-compatibile tuttavia, BeBox ospita un OS, BeOS, che è pienamente ed esclusivamente ottimizzato per la nuova architettura hardware: nessuna pesante eredità da gestire.

Questo consente alla macchina prestazioni molto superiori alle controparti nelle esose applicazioni multimediali unite a una leggerezza che ha pochi termini di paragone nella storia moderna – aspettando Snow Leopard, sviluppato esclusivamente per MacIntel.

Dal punto di vista hardware, BeBox debutta con due CPU PowerPC 603 a 66Mhz – sostituite dopo alcuni mesi con modelli da 133Mhz (un modello quad era previsto ma non è mai andato oltre la fase di testing), il supporto a numerosi acceleratori video PCI di derivazione PC, audio a 16bit con due canali MIDI, RAM fino a 256Mb su normali SIMM da 72 contatti e varie periferiche, in comune con i PC, per networking, lettura CD etc.

Il cabinet, con un design colorato che incarna alla perfezione alcuni stilemi tipici degli anni ’90, ospita due barre luminose alla base che indicano il livello di occupazione delle CPU in tempo reale, e fa coppia perfetta con l’innovativo design della UI di BeOS.

Per inquadrare meglio il periodo in cui BeBox si colloca, è bene ricordare alcuni dettagli storici. A pochi anni dalla partenza di Jobs, la Apple andava attraversando momenti decisivi. Una scelta cruciale era quella del prezzo: una lotta interna ad Apple, vedeva da un lato Gassee – presidente di Apple dal 1988 al 1990, anno della sua fuoriuscita – a difendere un punto di prezzo elevato, dall’altro Spindler, poi nominato CEO, a proporre una strategia centrata su macchine economiche.

La vittoria della linea proposta da Spindler risultò in uno dei prodotti più discussi della storia Apple, il Mac LC. Il quale, secondo voci di corridoio, fu equipaggiato nelle sue ultime versioni da una versione depotenziata del 68040 (il 68LC040), per evitare una imbarazzante superiorità del vecchio 040 sul nuovo PowerPC. Il motivo? Mac OS era ai tempi della transizione, ottimizzato nelle sue parti più critiche per l’architettura 68000, e le fondamenta dell’OS tardavano a mutare.

Anche dall’altro lato della barricata, Windows 9X era ancora lungi dallo sfruttare appieno le potenzialità dell’architettura Pentium (P6).

Secondo il solito copione, difficoltà finanziarie e il sempre più schiacciante predominio della piattaforma Wintel, impedirono il decollo di BeBox e costrinsero la stessa Be a cessare la costosa attività nel campo hardware per focalizzarsi su quello software. Fu così che BeOS fu per breve tempo posizionato come alternativa a Mac OS sulle macchine PowerPC, e fece quindi il suo ingresso nel mondo PC, prima di finire nel dimenticatoio.

Ancor più del già notevole BeOS, BeBox rappresenta la sintesi di una visione molto evoluta del personal computer, finita purtroppo ad ingrossare il novero delle rivoluzioni mai avvenute. Un’ennesima dimostrazione del fatto che in questo settore, è con scelte radicali che si aprono le nuove epoche, ma anche a causa di scelte troppo radicali che la gran parte delle volte si fallisce.

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