Apple può ancora perdere: minacce immediate

Non c’è una nuvola sui cieli di Cupertino: il titolo in borsa fa faville, la vittoria su Samsung pone un sigillo sui brevetti che proteggono iPhone – la vera cash cow dell’azienda – e i lanci previsti in settembre sembrano poter dare ulteriore impulso alle vendite e al titolo. Eppure le sfide non mancano e, come per tutte le aziende al culmine del proprio successo, una lenta planata verso l’irrilevanza è di gran lunga più probabile che il prosieguo indefinito della marcia trionfale.

A fare la differenza, in una direzione o nell’altra, sono e saranno delicatissime strategie tecnologiche, legali e commerciali, a copertura di in un’infinità di variabili. Qui di seguito mi appresto ad elencare in ordine sparso una serie di “checkpoint” in ambito tecnologico/marketing che a mio avviso potrebbero, nel breve/medio termine, confermare o invertire le sorti dell’azienda.

Azzeccare la convergenza fra iOS e OS X senza compromettere la user experience di OS X: fra tablet e laptop ultraportatili esiste senza dubbio un terreno in comune ed Apple, da Lion in poi, ha mostrato sensibilità in questa direzione. La separazione dei mercati iOS e OS X fino ad oggi è la risposta ottimale alla preservazione del bilancio aziendale – se iPad fosse posto in diretta competizione con Macbook Air incassi e margini ne risentirebbero. Si tratta tuttavia di uno scenario di transizione e, con Google (Android, Chrome OS) e Microsoft (Win8, Surface) sull’altro lato della barricata, Apple non può permettersi di soprassedere sul tema della convergenza.

Implementazione cloud non all’altezza: che il cloud rivesta un ruolo fondamentale negli scenari del personal computing è cosa risaputa e accertata. Ad oggi Apple, con iCloud, punta su un’integrazione del cloud del tutto trasparente all’utente per creare una totale continuità fra iOS e OS X. Se sul fronte iTunes questa strategia funziona, per quanto riguarda file e cartelle, con particolare riferimento ad OS X, blindare i documenti all’interno delle applicazioni risulta riduttivo per due motivi: il cloud per funzionare dev’essere ubiquo, quindi servire anche al di fuori delle applicazioni di produttività iWork di Apple, che peraltro anche su Mac occupano una nicchia oltre ad essere sostanzialmente ferme al 2009. Se la strategia cloud App-centrica che Apple promuove in ambiente OS X non dovesse essere abbracciata dagli sviluppatori in ambiente OS X, Apple dovrebbe ricadere su un modello file-centrico, il che da un lato la porrebbe in competizione con una pletora di altri soggetti da anni avviati in questa direzione (uno per tutti Dropbox), dall’altro costringerebbe a importanti manovre correttive in ambiente iOS.

Rallentamento tasso innovativo su iOS: Jelly Bean è – secondo il parere unanime della stampa specializzata – il passo più importante in direzione della chiusura del gap con iOS sul fronte della esperienza utente, in ambito smartphone e, finalmente, tablet. Gioca a favore di Apple il fatto che le ultime release di Android riguardino inizialmente una esigua nicchia dell’installato. È un problema che Google sta affrontando e alla soluzione del quale non credo sia estranea l’acquisizione di Motorola. Nel mentre Android rappresenta la base di lancio per operatori come Amazon, che pure potrebbero contrastare Apple con una value proposition in parte sovrapponibile. Da non dimenticare Windows Phone – finora la cenerentola del mercato – che con Windows 8 potrebbe conoscere un nuovo impulso. In un mercato in cui gli errori strategici di oggi si pagano con gli interessi fra 1-2 anni, il mantenimento di un elevato tasso d’innovazione è l’ultimo baluardo a difesa dei margini di Apple e, più in generale, dell’impostazione data da Jobs al suo ritorno.

Postilla sui brevetti: da un lato è ben chiaro che, dietro l’accanimento di Apple contro Android, c’è la volontà di non ripetere la parabola discendente del Mac. L’arroccamento sui brevetti, la cui disciplina è molto controversa e non necessariamente foriera d’innovazione, ha il retrogusto di un arroccamento sullo status quo, che a qualche malpensante potrebbe sembrare il preludio per un rallentamento dei cicli d’innovazione. Mutatis mutandis, se il PARC avesse brevettato le innovazioni su GUI, reti di computer, programmazione a oggetti, la storia dell’informatica avrebbe preso un altro corso, temo non migliore per l’utente finale. Beninteso, la giuria del processo Apple-Samsung ha decretato che il produttore coreano – capro espiatorio della battaglia di Jobs contro Android – ha “preso una scorciatoia” rispetto ai percorsi d’innovazione, e di questa sentenza industria e consumatori devono avere rispetto. Starà ad Apple non utilizzare questo precedente per bypassare il problema del tasso innovativo accennato sopra. In caso contrario, nel medio termine, saranno le sue stesse casse a pagarne le conseguenze.

Tasso di evoluzione in ambito Mac: benché minoritario rispetto all’ecosistema iOS, il Mac ancora rappresenta per Apple un’importante e promettente fonte di incassi. La visione strategica di Apple, che dal ritorno di Jobs è sempre più una consumer company, punta molto sulla marginalizzazione del PC. Tuttavia nel breve e medio termine, si prospetta un futuro multidevice, nel quale il PC manterrà un ruolo fondamentale. Particolarmente in un momento in cui Microsoft rivede radicalmente le sue strategie, per Apple è fondamentale interpretare correttamente le esigenze dell’utenza PC, consapevole del “magnetismo” del suo ecosistema. Un Mac di successo fa bene ad iOS. Un Mac sempre più chiuso e iOS-izzato viceversa, rischia di innescare un volano che danneggia tutto l’ecosistema, con o senza display retina.

A breve la seconda parte dell’articolo, con considerazioni relative a scenari più generali e solo un po’ più remoti.

Press ESC to close