Nobel per la fisica 2011 per il più grande “errore” di Einstein

Uno dei risultati più importanti, o comunque più noti, nella storia della fisica è la Teoria della Relatività Generale di Albert Einstein. Nel 1915 Einstein concluse la sua teoria con la famosa Equazione di Campo, con la quale descrive l’evoluzione dell’Universo.

Nel farlo, però, lo stesso Einstein si è trovato di fronte ad un problema apparentemente irrisovibile se non con una specie di “trucco” matematico. Considerando unicamente la gravità come forza conduttrice dell’Universo, il risultato non era molto attraente: con il tempo la forza gravitazionale avrebbe avuto il sopravvento sulla spinta di espansione data dal BigBang, e l’Universo sarebbe collassato in un Big Crunch.

Ai fisici in genere non piacciono situazioni instabili e precarie, quindi Einstein ha deciso di inserire un fattore nella sua equazione di campo, una costante Λ, chiamata Costante Cosmologica. La Costante Cosmologica rappresenta una sorta di forza, che agisce in modo repulsivo quando la costante è positiva e attrattivo quando è negativa. Einstein l’ha introdotta per riportare l’equilibrio nell’Universo, cosicché diventasse stabile, senza incorrere in possibili Big Crunch. Pochi anni dopo, però, Edwin Hubble ha scoperto che l’Universo non è per nulla stabile, anzi, è in continua espansione.

Questa scoperta ha riportato in voga l’equazione di campo di Einstein nella sua forma originale, senza Costante Cosmologica. Negli anni ’20, intanto, un altro fisico ha cominciato a studiare le equazioni di Einstein. Alexander Friedman si accorse che la descrizione di Einstein non teneva veramente. Infatti l’agognata stabilità non era raggiunta nemmeno con l’introduzione della Costante Cosmologica, che permetteva di ottenere solo una stabilità locale, facilmente distruttibile con una piccola “spinta”.

Friedman ha riscritto l’Equazione di Campo senza tener conto della costante cosmologica, accettando un Universo instabile. Il suo lavoro è stato pubblicato, ma abbandonato nel dimenticatorio subito dopo, e lì è rimasto anche dopo la morte di Friedman nel 1925. Ma con la scoperta di Hubble le carte in tavola cambiarono ed il nuovo Universo è perfettamente descritto dall’equazione di Friedman, derivata da quella di Einstein. A questo punto Einstein si è dovuto arrendere ad un Universo in espansione, e ha descritto l’introduzione della costante cosmologica come il più grande errore della sua vita.

Le osservazioni di Hubble hanno avuto conseguenze incredibili per la nostra concezione dell’Universo. Esse, assieme all’osservazione del Fondo Cosmico a Microonde (CMB) nel 1964 (e di cui ho parlato qui, qui, qui, e qui) hanno portato alla ribalta il Principio Cosmologico, secondo cui la Terra non si trova in un punto particolare dell’Universo, ma anzi, le osservazioni cosmologiche sono perfettamente le stesse se fatte da qualsiasi punto dell’Universo, che è quindi isotropico e omogeneo.

A questo punto i giochi hanno cominciato a farsi pesanti. La descrizione della gravità di Einstein può essere rappresentata da un tensore (una sorta di matrice) che descrive la metrica dello spazio tempo. Questa metrica può venir modificata (inserendo una curvatura per esempio) e tramite le equazioni di Friedman si può estendere questo sistema ad una forma dinamica (ovvero descriverne l’evoluzione nello spazio tempo) inserendo una forma più generale della Costante Cosmologica libera di assumere un qualsiasi valore (0, un valore negativo o un valore positivo). La Costante Cosmologica diventa quindi una sorta di fluido che permea l’Universo e su cui esercita una pressione, positiva, negativa o nulla.

I parametri liberi di queste equazioni vanno determinati dalle osservazioni, et voilà, ecco che abbiamo la descrizione perfetta del nostro Universo.

Due fondamentali osservazioni ci hanno permesso, finora, di raggiungere una certa conoscenza sulla dinamica dell’Universo. Da un lato l’osservazione del Fondo Cosmico a Microonde. Se da un lato esso risulta infatti estremamente uniforme, su scale piccolissime manifesta delle anisotropie. Lo studio di queste anisotropie ci dà un’informazione sulla quantità di materia (o massa) presente nell’Universo. In particolare, seguendo le equazioni di Friedman, possiamo descrivere la quantità di massa dell’Universo sotto forma del rapporto della densità di un certo tipo di materia rispetto alla densità critica dell’Universo.

Nei modelli dell’Universo di Friedman, quando la Costante Cosmologica non era tenuta in considerazione, la densità critica dell’Universo era la densità di materia necessaria affinché l’Universo fosse stabile, non ci fosse Big Crunch o espansione infinita. Nei modelli cosmologici ΛCDM è possibile descrivere l’Universo con una serie di parametri per spiegarne la geometria. Osservazioni del Fondo Cosmico a Microonde hanno provato che la densità dell’Universo è esattamente identica alla Densità Critica di Friedman, ovvero l’Universo è privo di curvatura (segue quindi la geometria Euclidea). Tramite considerazioni di diversa origine (sia modelli teorici sul Big Bang che osservazioni cosmologiche) è possibile assegnare dei valori ai vari parametri.

Oltre alle osservazioni del CMB, un altro tipo di osservazioni si è rivelato fondamentale per comprendere la dinamica dell’Universo, e ha contribuito a stabilire i parametri di vari modelli cosmologici: queste osservazioni sono quelle effettuate sulle Suprnovae di tipo Ia, svolte in parallelo dai gruppi del Supernova Cosmology Project, organizzato da Saul Perlmutter nel Berkley National Laboratory, e l’High-z Supernova Search Team, formato da  Brian P. Schmidt e da  Nicholas B. Suntzeff, che si sono suddivisi il premio Nobel quest’anno.

Le Supernovae sono esplosioni che avvengono nella fase finale della vita di alcune stelle, e vengono chiamate di tipo Ia le esplosioni di un tipo molto particolare di stelle, le così dette “nane bianche“. Le nane bianche sono stelle che hanno cessato il processo di fusione nucleare ma, quando composte di ossigeno e carbonio possono raggiungere temperature sufficientemente alte da reinnescare un processo di fusione, in particolare la fusione del carbonio, che rilascia una quantità di energia altissima in breve tempo, innescando un processo di Supernova.

La caratteristica più interessante di queste stelle (perché estremamente rara nei processi stellari) è che tutte le Supernovae di tipo Ia rilasciano approssimativamente la stessa quantità di energia. Questa è una considerazione importantissima, perché molto spesso quando si osservano processi astronomici di questo tipo non si sa mai se l’esplosione appare molto luminosa perché è vicina a noi o perché è estremamente più potente della norma.

Con le Supernovae Ia, sappiamo che quando sono vicine a noi appariranno più luminose, mentre quando sono lontane appariranno più flebili. Questa caratteristica (che vi ha fatto associare il nome di “candele standard“) ha permesso ai ricercatori dei due diversi gruppi di ricerca di osservare un gran numero di Supernovae e di studiarne la distanza. Tramite questa osservazione hanno potuto raggiungere la conclusione che l’Universo non è soltanto in espansione, ma questa espansione sta accelerando!

Come è ovvio un risultato di questo tipo ha messo sottosopra i modelli cosmologici finora presi in considerazione. Tanto è vero che entrambi i gruppi che oggi possono sfoggiare la medagliona del Nobel hanno passato anni a valutare i possibili errori nella loro analisi (proprio come fanno in questo periodo i ricercatori di Opera), per cercare di ritrovare un risultato in cui l’Universo si comporti bene e non acceleri. Alla fine si sono convinti, e hanno convinto tutta la comunità scientifica, che le loro osservazioni erano corrette, e che l’Universo è in espansione e accelera la propria espansione.

Cosa vuol dire questo? Beh, nel modello cosmologico che comprende la Costante Cosmologica, vuol dire che il valore di tale costante è approssimativamente 0.7, ovvero che circa il 70% del nostro Universo è formato di una “sostanza” sconosciuta chiamata Dark Energy (o Energia Oscura), che permea lo spazio e spinge la materia ad allontanarsi, contrariamente a quanto fa la forza di gravità.

Cos’è quindi questa Dark Energy? Non lo sa nessuno. Anzi, non è che soltanto non lo sa nessuno, ma nessuno ne ha proprio la più pallida idea. È al momento il più grande mistero della fisica moderna. Ricordo che la Dark Energy non ha nulla a che vedere con la Dark Matter, o Materia Oscura, se non condividerne parte del nome, giusto come dimostrazione della talvolta scarsa fantasia dei fisici. La Materia Oscura è una componente dell’Universo che è attualmente sconosciuta, ovvero non si sa esattamente di cosa sia composta, ma se ne conosce la natura. Si sa infatti che si tratta di materia, ovvero ha una massa, infatti è in grado di “sentire” e influenzare la forza gravitazionale.

Al contrario l’Energia Oscura è un’essenza, è qualcosa di cui ignoriamo totalmente la natura. Si può pensarla come una sorta di energia del vuoto, che permea lo spazio e vi agisce. L’Energia Oscura, fondamentalmente è un altro nome per la Costante Cosmologica, ovvero un termine nell’equazione dinamica dell’Universo che agisce in contrasto alla gravità. Neanche a farlo apposta, solo pochi giorni dopo l’assegnazione del Nobel per la Fisica, un altro evento ha celebrato la cosmologia moderna.

L’Agenzia Spaziale Europea, ESA, ha annunciato di aver accettato la missione EUCLID, un satellite che osserverà l’Universo, fotografando un gran numero di galassie a diverse lunghezze d’onda, per svelare la natura dell’Energia Oscura e della Materia Oscura. Certo, dovremo essere pazienti, perché il lancio previsto è per il 2019, ma la posta in gioco vale l’attesa.

L’Energia Oscura, però, non è l’unica spiegazione possibile per giustificare le osservazioni del CMB e delle Supernovae Ia. In alcuni casi si parla di Quintessenza, una sorta di quinta forza fondamentale che spinge la materia ad allontanarsi. Altri modelli, come il Multiverse, propongono spiegazioni ancora più fantasiose.

Qualsiasi sia la spiegazione finale che raggiungeremo, la scoperta fatta da Perlmutter, Schmidt e Suntzeff rappresenta un traguardo fondamentale per la nostra comprensione dell’Universo, e apre le porte ad un futuro pieno di nuove scoperte.

Una dettagliata motivazione sull’assegnazione del premio Nobel per la Fisica 2011, può essere trovata a questo indirizzo.

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