Niente più “Gmail” in Europa

G-MailIl nome Gmail in Europa non spetta a Google: è questa la decisione dell’OHIM (Ufficio per l’armonizzazione del mercato interno europeo), che conferma in appello l’esito di una causa intentata nel 2005 da Daniel Giersch, titolare dal 2000 di un servizio di email, denominato per l’appunto G-Mail.

Le motivazioni addotte da Giersch sono basate sulla quasi completa analogia fra il nome del suo servizio e quello di Google (l’unica differenza è un trattino nel caso del tedesco), e nemmeno le obiezioni portate in appello da Google, concernenti la differenza grafica dei marchi e il payoff che accompagna il marchio del servizio G-Mail, sono bastate a far cambiare idea alle autorità europee.

I proprietari di account Gmail possono comunque star tranquilli: i loro account non saranno rinominati.
La decisione dell’OHIM, contro cui Google potrà comunque appellarsi di nuovo, riporta a galla un problema vecchio come la rete: l’estensione a livello globale delle politiche di protezione di marchi a cui la rete dà solo potenzialmente un respiro multinazionale. A molti apparirà paradossale che Google debba cedere il marchio Gmail – dove G sta per Google, uno dei brand più noti al mondo, non per Gianluigi o Giersch – a un servizio di nessuna notorietà.

È d’altro canto indubbio che la proprietà di un marchio vada tutelata indipendentemente dalle proporzioni dei contendenti, ma la materia non si presta ad essere tagliata con l’ascia: quanto pesa il fatto che quel servizio tedesco faccia riferimento a un mercato limitato – in quanto l’investimento di visibilità fatto su quel servizio è stato limitato – e che invece Gmail faccia riferimento a, e abbia investito in visibilità per, tutto il mondo?

La legge di protezione dei marchi prevede che se un marchio opera a livello locale e un altro opera a livello internazionale, non esista conflitto. Solo che – potenzialmente – anche il G-Mail tedesco opera sullo stesso livello globale di Google, pur non essendo nemmeno lontanamente un suo competitor.

Certo è che in questa diatriba si inseriscono molti furbi, che sfruttano il lavoro altrui per dare visibilità a servizi che diversamente cadrebbero nella rete come un ago in un pagliaio formato gigante. Provate a digitare www.gmail.it e ditemi.

Fonte: ArsTechnica

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