Gate of Thunder: lo stato dell’arte degli shoot’em up

Sappiamo che la console NEC ha fornito soprattutto agli amanti di sparatutto titoli di indubbio spessore.

Nell’articolo di oggi ci troviamo davanti forse al capolavoro per eccellenza della sua specie. In fondo ogni piattaforma, divisi per generi, può vantare un suo cavallo di battaglia.
Gradius per il NES, Thunder Force IV per Sega Mega Drive, Super R-Type e Axelay per Super Famicom, Alpha Mission II su Neo Geo e via discorrendo.

Per quanto riguarda il PC Engine la selezione è assolutamente complessa perché ci troviamo di fronte ad una tal quantità e qualità da fare invidia; non è un caso che venga definita LA console per eccellenza degli shoot’em up.
Eppure, appassionati ed addetti ai lavori si sono spesi definendo Gate of Thunder a pieno titolo il migliore della sua specie, non solo all’interno della soft-teca PCE ma anche perché la sua influenza ha condizionato lo sviluppo di buona parte degli sparatutto di successo.

Cerchiamo prima, al solito, di inquadrare il contesto storico.

Ci troviamo nella quarta generazione, Mega Drive e Super NES si contendono lo scettro di dominatore della scena. Contemporaneamente però, nel mercato nipponico, la SEGA deve guardarsi anche da un altro nemico, only-jap ma non per questo meno agguerrito.
Il TurboGrafx-16 aveva ormai segnato il passo ma l’esperimento con l’unità ottica (dapprima tentato con l’add-on, poi con il Turbo-Duo) aveva dato nuova linfa alle piattaforme NEC.

Tra la fine degli anni ’80 e gli inizi del ’90, erano stati commercializzati alcuni degli indiscussi capolavori per il genere sparatutto: Gradius, R-Type, Hellfire.
In particolar modo Technosoft, nel 1990 aveva regalato al pubblico il terzo episodio della saga Thunder Force, vero e proprio punto di riferimento dei possessori della console SEGA, ma non solo.

Hudson Soft, uno dei più prolifici publisher per le piattaforme NEC, decise di prendere il meglio da ogni shoot’em up disponibile sulla piazza e nel febbraio 1992 commercializza, dapprima su suolo giapponese, Gate of Thunder.
Il gioco si può dire non aggiunga niente di particolare al “déjà-vu” della tipologia sparatutto, ma lo confeziona in un modo tale da innalzare brillantemente il livello tecnico fino a quel momento espresso dalle software house antagoniste e conseguentemente anche il livello della competizione.

Sotto il vostro comando il pilota Hawk e la sua astronave “Hunting Dog” sono chiamati (ma va?) alla classica missione suicida. L’armata Obellon, capitanata dal Generale Don Jingi ed il suo braccio destro Eagle, sta per rubare una fonte di energia straordinaria chiamata Starlight a discapito dei pacifici abitanti di Aries i quali la custodiscono gelosamente. Il vostro compito è quello di fermarli ad ogni costo. Fortunatamente ci accompagna nell’avventura la bella Esty, pilota della navicella “Wild Cat”.
Terminate le presentazioni e formalità burocratiche nei primissimi minuti di gioco si avverte la chiara analogia con TFIII. Il posizionamento ed il look&feel degli indicatori di vite ed armamenti somigliano in modo imbarazzante al titolo Technosoft.

L’impressione iniziale di avere di fronte un clone o porting su PC Engine è presto superata, addentrandosi nel vivo della battaglia, grazie alla scelta da parte di Hudson Soft di avvalersi del team Red Entertainment Corporation, fucina di alcuni degli sviluppatori più talentuosi di quel periodo.
Se il nome vi suonasse sconosciuto (male, malissimo!), ecco una breve lista di quel che seppero fare negli anni, non solo sul PC Engine a testimonianza della competenza acquisita a 360° nell’industry: Lords of Thunder (il quale resta uno dei migliori titoli in assoluto per Mega CD), Thousand Arms, la serie Sakura Taisen e l’indimenticabile Gungrave, caro proprio agli appassionati di shoot’em up PS2.

Tuta spaziale e joypad in mano, dimenticate i passaggi a vuoto ed i momenti di stanca cui siete stati abituati prima. Gate of Thunder è uno sparatutto al cardiopalma, che offre scenari e sfide continue senza un attimo di respiro, stabilendo una sorta di linea di discendenza ideale con le generazioni successive ed i vari Ikaruga, Border Down et similia.
L’hardware NEC viene spremuto al massimo ma nonostante questo non si presentano mai fastidiosi effetti di rallentamento o flickering.
La grafica è assolutamente di prim’ordine: gli elementi sono disegnati nei minimi dettagli, con colori vivi e contorni ben definiti. La palette sembra offrire centinaia di tonalità anche se è forse proprio la scelta felice dei contrasti a dare l’idea di una macchina persino superiore a quel che ci si potrebbe attendere.
I livelli, a differenza di quel che avevate visto fino ad allora, offrono una struttura sempre in cambiamento: mano a mano che ci si addentra nello stage, le trappole gentilmente offerte dall’ambiente circostante aumentano di numero e di difficoltà.
I nemici stessi, spesso riciclati e presentati in più stage qui vengono utilizzati come sorta di usa-e-getta e questo fattore aumenta notevolmente il livello di varietà e di gameplay stesso.
Un fulgido esempio è rappresentato dal terzo livello, in cui prende scena dapprima  l’ambientazione di una tipica miniera per poi mano a mano cambiare nella più robotica e “mecha” raffineria.

A vostra disposizione un arsenale variegato e composto da tre armi, ciascuna potenziabili (con il classico meccanismo di power-up) fino a due livelli: il raggio-laser monodirezione, lo sparo a 3 vie ed un missile con effetto terremoto sempre a 3 vie.
Progredendo all’interno del gioco l’astronave può dotarsi di due satelliti posti sopra e sotto la medesima, in grado di proteggerci dalle asperità del terreno o nemici kamikaze ma anche per sparare nella direzione opposta a quella di avanzamento.
Lo scrolling è orizzontale e consente di apprezzare le peculiarità dei diversi livelli di parallasse.
Soprattutto i boss di fine livello sono uno spettacolo per gli occhi: nonostante la loro dimensione non perdono mai di dettaglio grafico ed anzi si fanno apprezzare per i loro particolari, quasi fossero miniature in movimento.

La scelta di adottare il formato SuperCDROM2 (che consentiva sia ai possessori dell’americano Turbo-Duo, sia a quelli nippo del PC-Engine CD-ROM) fu felice anche perché ci ha consegnato forse una delle colonne sonore più entusiasmanti di sempre.
Incalzante e sempre in tema con l’evoluzione dello stage prende a piene mani nella tradizione rock-metal propria della fine anni ’80-inizio ’90, con interessanti fusioni di elementi elettronici e psichedelici.
Gli effetti tra esplosioni, movimenti meccanici, allarmi sono cristallini e mai banali e utilizzano al meglio il chip audio delle console NEC.

La longevità è assicurata dal giusto mix di elementi tecnici di spessore ed una difficoltà calibrata ma mai frustrante. Se però vi sentite padroni della situazione allora il livello HARD e DEVIL fanno per voi.

Il consiglio è banale: se non avete mai giocato a questo capolavoro DOVETE recuperare il tempo perduto.

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