Quel Neanderthal che è in tutti noi…

Era probabilmente inverno, una notte fredda, quando un uomo ha pensato di ripararsi nella grotta di Gorham, tra i 25 e i 30 mila anni fa. Stremato, quell’ uomo ha ceduto alle condizioni ambientali, o alla fame, e ha esalato il suo ultimo respiro.

Ma con lui è morto molto di più di un solo essere vivente. Quell’uomo era l’ultimo esemplare dei Neanderthal, i parenti più vicini dell’uomo sapiens di cui abbiamo conoscenza, e che si sono estinti per lasciare pieno campo ai cugini “sapiens”.

Le ragioni della loro estinzione sono ancora in aperto dibattito. È, almeno per me, incredibilmente interessante cercare di capire le ragioni per cui una sola specie umana è riuscita a sopravvivere all’evoluzione, e ci troviamo in un mondo popolato da innumerevoli culture e popolazioni diverse, ma fondamentalmente da un’unica specie umana.

Comprendere le dinamiche dell’evoluzione dell’homo sapiens e dei suoi conviventi può aiutarci moltissimo a capirel’essenza dell’uomo, la ragione per cui ci distiguiamo dagli altri animali presenti sul nostro pianeta grazie alle nostre abilità comunicative ed intellettuali.

L’uomo di Neandethal ha convissuto per diverse migliaia di anni con l’homo sapiens e, sebbene sia dimostrata una diversa indole e diverse abitudini, il Neandethal non sembra essere inferiore intellettualmente rispetto ai nostri diretti antenati. Di certo era meno bellicoso e meno bravo ad organizzarsi nella società: mentre l’homo sapiens viveva già in una sorta di società complessa, una specie di tribù abbastanza numerosa, l’uomo di Neanderthal viveva basandosi solo sul proprio nucleo familiare, senza una vera separazione dei ruoli tra uomo e donna.

Queste diverse abitudini hanno portato a ipotizzare che la società più semplice dei Neanderthal si fosse rivelata una scelta perdente per affrontare il periodo della glaciazione e in genere per sopravvivere nell’ostile mondo primitivo. Si era anche ipotizzato che la scomparsa dei Neanderthal fosse avvenuta in modo tutto sommato indolore, con la fusione della loro specie con l’uomo di Cromagnon e con l’homo sapiens stesso. Quest’ultima teoria, però, non veniva considerata molto seriamente, poiché non vi erano tracce di compatibilità genetica tra l’uomo moderno e i resti degli uomini di Neanderthal, escludendo quindi che ci possa essere stata una fusione.

Oggi però questa visione sta cambiando. Infatti nel numero del 7 Maggio della rivista scientifica Science è stata pubblicata una scoperta sensazionale: c’è del Neanderthal in tutti noi!

I ricercatori, guidati da Svante Pääbo del Max-Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Leipzig  (Germania) hanno svolto uno studio comparativo tra il codice genetico di un Neanderthal (ottenuto da un piccolo pezzo di osso) e di cinque esseri umani attualmente viventi e provanienti da cinque ben diverse regioni del mondo: un francese rappresentativo dell’Europa occidentale, un cinese Han, un San dal Sud Africa, un Yoruba dell’Africa occidentale, e uno proveniente da Papua Nuova Guinea.

Il risultato è stato sorprendente, almeno per alcuni: approssimativamente dall’uno al quattro per cento del genoma dell’uomo moderno coincide con quello del Neanderthal. Ciò vuol dire che il DNA dell’uomo moderno è per il 99.7% totalmente identico a quello dell’uomo di Neanderthal. Per confronto, si può pensare come il DNA dell’uomo si sovrapponga identicamente a quello di uno scimpanzé per “solo” il 98.8%.

Certo, c’è chi non si lascia soprendere così facilmente. Erik Trinkhaus aveva già suggerito una stretta connessione tra l’uomo moderno e l’uomo di Neanderthal, basandosi su osservazioni di similitudine sugli scheletri ritrovati. Secondo Trinkhaus è un bene che finalmente tutta la comunità scientifica accetti tale legame e ritiene, anzi, che l’1-4% di sovrapposizione tra i due genomi sia soltanto una soglia inferiore, ma possa rivelarsi essere molto di più.

Ma, come spesso accade con la scienza, le scoperte non finiscono qui. Se un archeologo avesse dovuto puntare dei soldi sulla regione di provenienza dell’uomo con la maggior similitudine del proprio DNA con quella dei Neanderthal, avrebbe sicuramente puntato tutto sull’Europa. Questo perché è proprio nel continente europeo che l’homo sapiens e l’uomo di Neanderthal hanno convissuto per migliaia di anni.

Ebbene, anche se non si può dire che avrebbe perso, non avrebbe di certo vinto. Infatti sebbene l’uomo Europeo condivida gran parte del proprio DNA con i Neanderthal, non lo fa in quantità superiore rispetto agli asiatici o agli abitanti della Nuova Guinea. Questo fatto è particolarmente interessante perché l’uomo di Neanderthal non ha mai potuto vivere in Cina o in Nuova Guinea. Ciò vuol dire che l’eventuale incrocio tra sapiens e neanderthal deve essere avvenuto subito dopo la migrazione dal continente Africano, probabilmente al loro primo incontro in Medio Oriente.

Rimane ancora un mistero quanto effettivamente le due specie si siano incrociate. Infatti nell’articolo di Science si legge come possa essere avvenuto “tutto in una notte”, senza la necessità di unioni prolungate negli anni. L'”inbreeding” tra sapiens e neanderthal può risalire a poche scappatelle, tanto quanto è possibile che si siano create vere e proprie unioni tra esemplari delle diverse specie.  Quanto le due specie siano rimaste collegate, quindi, è ancora tutto da scoprire.

R. E. Green et al., Science 328, 710-722 (2010)

Ciò che fa sorgere ancora maggiori dubbi è l’assenza di similitudine tra il DNA delle popolazioni africane prese in considerazione e i Neanderthal. Infatti, sebbene non siano stati ritrovati resti di questa specie nel continente africano, si pensa che anche i Neanderthal, come gli altri ominidi, abbiano avuto origine in quel continente. In pratica vuol dire che le specie sono rimaste sparate fino al loro successivo incontro in medio oriente. Nell’immagine qui sopra, tratta dall’articolo di Science, si vedono le possibili diramazioni che le specie hanno potuto seguire.

Nell’immagine a sinistra si vee il caso in cui i Neanderthal si siano uniti all’homo sapiens (stella blu) mescolando il DNA, per poi continuare la propria strada separatamente. L’immagine a destra mostra invece una situazione diversa. Può essere che, per ragioni di sopravvivenza (come la storia del collo lungo delle giraffe, in cui si spiega come a causa dell’altezza degli alberi, solo le giraffe con il gene del collo lungo potevano sopravvivere) vi sia stato ad un certo punto una selezione naturale di individui con un determinato segmento di codice genetico, siano essi Neanderthal o homo sapiens.

Nell’immagine questo avvenimento è schematizzato con la stellina di colore rosso. In questo caso le due specie sarebbero rimaste parallele, ma avrebbero comunque condiviso parte del proprio codice genetico. In questo caso la separazione tra i rami dell’uomo occidentale e l’uomo africano sarebbe potuta avvenire successivamente. Per capire meglio questi concetti, difficili da spiegare se non si vuole scrivere pagine e pagine di introduzionealla genetica, consiglio di leggere direttamente l’articolo originale, prodigo di particolari: http://www.sciencemag.org/cgi/content/full/328/5979/710

Le conseguenze di questa scoperta sono secondo me di estremo interesse. Al giorno d’oggi “capire come siamo fatti” non vuole più dire comprendere l’anatomia o la biochimica del nostro corpo, anche se queste scienze mantengono la loro importanza. Oggi dobbiamo scavare più a fondo dentro la natura dell’uomo, per capire veramente cosa siamo e perché funzioniamo come funzioniamo. La genetica, da questo punto di vista, può essere la chiave per aprire la finestra sull’uomo. Il segreto della vita potrebbe benissimo essere nascosto dentro di noi.

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