Nuovi pianeti “al contrario”:nuove teoria all’origine del Sistema Solare e della vita sulla Terra

ESA

Il meccanismo di formazione del sistema solare è stato studiato da secoli, i primi a proporre la spiegazione “nebulare” sono stati addirittura Immanuel Kant e Perre-Simon Laplace. Seppure con le dovute modifiche, necessarie a spiegare i dettagli che osserviamo nel Sistema Solare, questa teoria rimane ancora la più accreditata.

L’idea è quella di una nebula gassosa, composta principalmente degli elementi sintetizzati durante il Big Bang (idrogeno, elio, litio) che, circa 4 miliardi e mezzo di anni fa, è collassata sotto la forza gravitazionale e ha cominciato a dare origine al Sistema Solare.

Il grilletto che ha fatto scattare il collasso è probabilmente stata l’esplosione di una supernova in una zona della galassia molto attiva, come la nebula di Orione. Questa nube di materiale stellare ha cominciato a ruotare molto velocemente su se stessa, collassando verso il centro e formando il Sole. Nelle sue fasi iniziali il Sole era probabilmente circondato da anelli di gas e polvere (disco protoplanetario), che hanno poi dato vita ai pianeti.

La parte interna di questo disco era troppo calda per permettere a molecole volatili come acqua o metano di condendarsi, di conseguenza i pianeti che vi si formarono potevano avere un core esclusivamente di materiali con alto punto di fusione, come ferro o nickel. Per questa ragione il Sistema Solare interno ha pianeti di tipo terrestre, con un core metallico e una crosta rocciosa. Le zone più esterne del disco, invece, erano più fredde, e hanno dato origine ai giganti gassosi quali Giove, Saturno, Urano e Nettuno.

Certo, ci sono alcune incongruenze in questa spiegazione. Per esempio il pianeta Venere ha una rotazione su se stesso molto peculiare: un giorno, su Venere, dura 243 giorni terrestri. Se consideriamo che compie un’orbita attorno al Sole in 224,65 giorni, vuol dire che un giorno di Venere dura quasi quanto un anno. Inoltre, se ci potessimo sedere sul polo nord del Sole e osservare i pianeti che ci girano attorno, vedremo che tutti quanti si muovono in senso antiorario. Ma mentre la maggiorparte dei pianeti ruota anche su se stessa in senso antiorario, Venere e Urano ruotano in senso orario.

La lentezza di rotazione di Venere (la superficie di Venere ruota a 6.5 km/h; per confronto, sulla Terra la velocità di rotazione all’equatore è di circa 1670 km/h) e il fatto che ruota in senso inverso, fa supporre che sia stato sottoposto a uno scontro potentissimo con qualche corpo estraneo (un po’ come si suppone sia successo alla Terra in fase di formazione della Luna) che ha perturbato la rotazione di Venere, fino a renderla retrograda.

Nuove scoperte stanno facendo traballare questa spiegazione, o perlomeno rendono meno generale questa teoria.

Se i pianeti si sono formati dal disco protoplanetario orbitante attorno alla stella, è naturale pensare che orbitino attorno alla stella nella stessa direzione in cui la stella stessa ruota attorno al proprio asse. E così accade infatti nel nostro Sistema Solare, e nella stragrande maggioranza dei pianeti extra solari osservati finora. Non tutti però.

La ricerca di “exopianeti” o pianeti extrasolari è sempre stato un grande interesse della cominità astronomica mondiale. In fondo, la spinta di trovare un’altra forma di vita nell’Universo è molto forte, e il posto migliore dove cercare è proprio un sistema planetario simile al nostro. Dal 1995 a oggi più di 450 pianeti extrasolari sono stati identificati e studiati.

Amaury Triaud e il suo gruppo di ricerca hanno da poco presentato alla Royal Astronomical Society a Glasgow, Scozia,  un risultato sorprendente: 6 dei 27 pianeti extrasolari che hanno studiato, orbitano attorno alla propria stella in senso inverso rispetto alla rotazione della stella sul proprio asse. Questi pianeti, però, sono un po’ particolari. Vengono chiamati “hot Jupiters”, “Giovi caldi”. Hanno caratteristiche fisiche molto simili al nostro Giove, stessa dimensione o maggiore, ma al contrario di Giove orbitano molto più vicini alla propria stella – da cui l’aggettivo “caldi”. Questo particolare tipo di pianeti si pensava avesse origine nelle zone esterne del sistema stellare, per poi migrare lentamente verso orbita più interne, fino a stabilizzare la propria orbita. L’esistenza di questi Giovi “contrari” mette in dubbio questa spiegazione: la maggiorparte di Giovi caldi sono disallineati nei confonti della propria stella e, alcuni, addirittura si muovo in direzione opposta.

La spiegazione più logica di queste osservazioni è l’applicazione del meccanismo di Kozai. In questo scenario l’orbita del pianeta viene perturbata da un altro pianeta molto massivo, o addirittura una stella vicina, che modifica l’orbita come se fosse un elastico, allungandola e inclinandola. Se l’inclinazione, in una di queste oscillazioni, riesce a far “saltare” l’orbita oltre alla stella, come una corda da saltare, ecco che il pianeta sta ruotando al contrario.

Ma come queste osservazione possono aiutarci a capire il nostro Sistema Solare e a trovare altri sistemi come il nostro?

La Terra è situata in una posizione chiave nei confronti del Sole, spesso scherzosamente chiamata “Zona di Goldilocks“, facendo riferimento alla storia per bambini, per spiegare come la Terra non sia né troppo calda né troppo fredda per ospitare la vita.

La regolarità del nostro Sistema Solare aiuta certamente a far si che la Terra possa permettersi questo lusso. Anche la presenza di Giove (mai nome fu più appropriato) è di grande aiuto: avere un pianeta così grande che ci “protegge” dalla pioggia di asterodidi che altrimenti potrebbe colpirci è una grande fortuna.

La presenza di questi Giovi caldi, però, non è altrettanto fortunata. Anzi, sarà molto difficile per un pianeta di tipo terrestre sopravvivere in un sistema assieme ad uno di questi pianeti. È come sperare di mandare un palla da biliardo in buca avendo un’enorme palla pesantissima e bollente che rimbalza su e giù per il tavolo da biliardo. In sostanza possiamo dimenticarci di trovare una zona di Goldilocks in sistemi che ospitano pianeti di tipo hot Jupiters.

Questa scoperta ci fa anche capire che il nostro Sistema Solare è stato particolarmente fortunato, sviluppandosi senza grandi interferenze da parte di altre stelle o sistemi massivi. Se anche ci fosse stata tale interferenza è avvenuta in un passato molto remoto, così antico da non permetterci di osservarne le conseguenze al giorno d’oggi.

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