Ahimé, non riesco più a vedere i film!

“Quello scrigno fatato contenente sogni a pagamento”, così un vecchio saggio definiva il cinema. Chi ama davvero questa irrinunciabile forma d’arte sa che il cinema in qualche modo fa parte della sua vita. Probabilmente ha scandito, e forse determinato, le fasi più importanti e inciso in qualche modo sulle scelte che hanno cambiato il corso degli avvenimenti.

Chi scrive è un grande appassionato di cinema. Quasi tutte le sere, fino a poco tempo fa, le riempivo con un film più o meno d’autore: insomma, i vari Kurosawa, Lumet, Leone, Hitchcock, ma anche Leterrier, Travis, Segal. Il cinema è cinema, va vissuto in quanto tale, non importa se stai vedendo un grande capolavoro o un flop colossale, sei impegnato nella visione e devi aspettare fino all’ultimo minuto per formulare il tuo giudizio. Premettendo che in questo blog voglio semplicemente trasmettere la mia esperienza e non dare una visione oggettiva, vorrei dire con parole mie cosa intendo per cinema.

Devi essere disposto a sospendere il tuo giudizio sul mondo. Seguire quello che vuole dire l’autore e scandire tutti i passaggi. Viverli in qualche modo e capire perché quell’autore è arrivato a quella determinata conclusione e quali sono state le esperienze che lo hanno portato a determinare quel giudizio. Per una volta non importa dare un giudizio personale, l’importante è condividere quell’esperienza, anche solo per un attimo.

Nell’ultimo mese ho visto pochissimi film, se non proprio nessuno. E mi sto chiedendo perché sono arrivato a questa forma di insofferenza verso il cinema. Ci sono stati momenti della mia vita in cui ho accantonato il cinema, ma è dipeso da altri fatti personali, che ho individuato. Adesso invece sono più in difficoltà nel capire il perché del nuovo distacco dal cinema.

Ritengo che l’insofferenza dipenda principalmente dal mio lavoro, ovvero quello di redattore di videogiochi. Ultimamente, i prodotti dell’industria videoludica sono cambiati visceralmente e sono pensati per soddisfare un altro tipo di esigenza rispetto ai videogiochi di qualche anno fa. L’allargamento delle prospettive e il coinvolgimento di un pubblico più ampio hanno cambiato radicalmente i videogiochi, con il principale risultato di un maggiore avvicinamento al mondo dell’arte.

Alcuni tipi di inquadrature, i piano sequenza, i movimenti della telecamera, il modo in cui è gestita la colonna sonora, i momenti emozionali e le stesse emozioni trasmesse dagli attori virtuali, riescono a rimpiazzare quella necessità d’arte che era colmata dal cinema. Non che i videogiochi siano destinati a prendere il posto del cinema né che stanno per diventare film, ma semplicemente stanno prendendo la strada che li renderà un media di intrattenimento diverso sia dai film sia dai videogiochi prima maniera.

Probabilmente tutto parte da Metal Gear Solid 4, un prodotto che è molto difficile definire come videogioco. Ha una storia di grande spessore, decisamente superiore alla media dei film hollywoodiani. Una storia che è raccontata in maniera magistrale e attraverso le emozioni dei suoi protagonisti. Certo, il capolavoro di Hideo Kojima sacrifica troppo il gameplay sull’altare della narrazione.

D’altra parte equilibri ben definiti e funzionali in quest’ottica non sono stati raggiunti da nessun videogioco. Ad esempio, Uncharted 2 è un gioco che punta moltissimo sulla narrazione, ma che probabilmente resta ancorato a un’idea di gameplay che sta per essere superata. Uncharted 2 si rivela un’esperienza frammentaria, perché troppo spesso offre un livello di sfida troppo alto per il tipo di prodotto che vuole essere. Non è una critica, perché Uncharted 2 è uno dei migliori giochi del 2009, ma semplicemente lo prendo come esempio per contrapporlo a Mgs 4.

Heavy Rain è un altro prodotto cruciale. Qui il gameplay, nel modo classico in cui lo intediamo, è praticamente assente. Il confine tra videogioco e film è sensibilmente spostato verso il secondo medium. Probabilmente, come Mgs 4 e Uncharted 2, ma da un altro punto di vista, neanche Heavy Rain raggiunge il giusto equilibrio tra videogioco e film.

Sicuramente ci sono stati grossi passi avanti con la next-gen rispetto ai videogiochi vecchia maniera. Tomb Raider o DooM, ad esempio, erano videogiochi e basta: niente arte, niente emozioni, niente cinematograficità. Però nascondevano i prodromi di un grande cambiamento. Dalla fine degli anni ’90 ad oggi l’industria risulta stravolta: se a quei tempi raggiungere il milione di copie vendute era un traguardo sensazionale, adesso vendere meno di 3 milioni è un insuccesso, e ci sono giochi che superano agilmente la quota delle 10 milioni di copie vendute.

Avatar ha superato la quota di 2,7 miliardi di dollari di incassi in tutto il mondo, stabilendo il nuovo record di incassi per un film. Ma Modern Warfare 2 non è molto dietro; secondo Npd solamente negli Stati Uniti ha incassato 1,5 miliardi di dollari. Non ho dati precisi (perché purtroppo nel mondo dei videogiochi non ci sono ancora statistiche accurate come nel cinema), ma se si tengono in considerazione i costi di produzione dei due prodotti, l’utile si riduce considerevolmente.

Avatar è costato 500 milioni di dollari e ha avuto bisogno di una campagna di marketing colossale, che ha coinvolto anche gli esercenti che hanno dovuto rinnovare la tecnologia dei loro impianti per consentire la giusta fruizione del film. In confronto, il marketing di Modern Warfare 2 è stato molto meno dispendioso e i costi di produzione una minima parte (ci aggiriamo sui 50/60 milioni di dollari).

Gli incassi di Modern Warfare 2 sono la prova schiacciante che i videogiochi interessano una fascia di utenza sensibilmente più grande rispetto al passato, e che coinvolge anche chi non è più giovane. Perché? Torniamo al discorso precedente sugli equilibri, ormai precari, tra videogiochi e film. La campagna single player di Modern Warfare 2 ha qualcosa che non c’era in passato, offrendo un livello di tensione che semplicemente non è paragonabile a quello che offrono altri tipi di media di intrattenimento.

L’interazione con il mondo e l’interazione con l’emozione scaturita dal conflitto, così come le propone Modern Warfare 2, raggiungono livelli inesplorati. Ed è qui che i videogiochi riacquistano una propria indipendenza da qualsiasi altro media di intrattenimento: nell’interazione.

La coesistenza tra questo tipo di interazione con il mondo e la presenza degli elementi cinematografici di cui abbiamo parlato in precedenza rendono questo prodotto unico, e giustificano il suo successo commerciale. Semplicemente la gente vuole fare questo tipo di esperienza militare (bisogna considerare che tanti altri produttori, oltre che la stessa Activision, hanno fiutato l'”affare”, ed è per questo che ci saranno sempre più prodotti come Modern Warfare).

Altri due titoli che vanno citati sono Mass Effect 2 e Final Fantasy XIII. Sono due prodotti che compiono un taglio netto rispetto ai precedenti capitoli dei franchise a cui appartengono. Il gameplay è semplificato e grandissimo spazio è dato alle sequenze cinematografiche. Mass Effect 2 è notevole sul piano delle inquadrature e dei movimenti di telecamera, assolutamente cinematografici, e probabilmente è il primo gioco che raggiunge la qualità di un buon film da questo punto di vista.

Final Fantasy XIII raggiunge un livello artistico nei disegni e negli scenari che sinceramente non riscontro in nessun film. I creativi di Square Enix hanno potuto usare dei mezzi che sono inimmaginabili nel mondo del cinema, visto che hanno ricreato da zero in grafica renderizzata sia gli scenari che i personaggi. Sia Mass Effect 2 che Final Fantasy XIII hanno inoltre colonne sonore di qualità cinematografica, usate secondo espendienti che provengono dal mondo del cinema.

Quello che manca è ancora un certo spessore nelle storie. Di Uncharted 2 ne parliamo tutti come un capolavoro, e lo è per certi versi, ma ha una storia terribilmente banale, e lo stesso discorso lo si può fare per Mass Effect 2 e per Modern Warfare 2. Ci siamo sul piano emozionale, anche se servono ancora certi accorgimenti, ma siamo lontani come spessore delle storie. In questo caso ci vogliono autori di esperienza, quelli che hanno avuto una crescita tormentata per capirci, e che vogliono riversarla in un media artistico.

La goccia che fa traboccare il vaso nel calderone videludico è il trailer di Crysis 2, in cui si trasmettono mille sensazioni, anche su fatti di attualità (richiamo all’11 settembre) e in cui emozioni, musiche e inquadrature ricalcano perfettamente quello che vediamo al cinema. Oltretutto ritroviamo l’eroe che non si arrende mai se non quando raggiunge lo scopo (classico cliché hollywoodiano).

Spero di essere riuscito a trasmettere le mie idee, e quanto sia importante per me la fruizione di questi contenuti artistici. Ribadisco che sono mie personali sensazioni che non vogliono avere niente di oggettivo: ognuno nella propria coscienza può fare questa riflessione e scegliere il media artistico che maggiormente gli dà gratificazioni.

Chi ha letto questo pezzo nella sua interezza sarà portato a commentare “oh, quanto sei bravo Rosario, hai perfettamente colto nel segno”, oppure “Rosario hai sbagliato completamente, hai una visione delle cose completamente distorta”. Piuttosto, consiglio di rileggere il terzo paragrafo del pezzo. È quello che avete fatto.

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