Il mio nome è Pond, James Pond

Scegliere ogni settimana un titolo che sappia catturare la memoria dei giocatori di “vecchia data” è compito difficile. Difficile perché nell’enorme calderone di giochi che hanno significato qualcosa nella storia di questo settore, significa inevitabilmente trascurare il resto.

Il lato assolutamente piacevole è sapere di riuscire in qualche modo a far riaffiorare vecchi ricordi sepolti da anni di non utilizzo e lontani dal joypad. Tornano alla memoria personaggi di cui ci eravamo totalmente dimenticati nonostante avessero allietato i nostri pomeriggi fanciulleschi.

Anche questo appuntamento de la Valigia del Videogamer tratterà un platform, curioso se non altro per la scelta del protagonista: un simil 007…dotato di branchie.

L’agente creato dalla mente dello scrittore britannico Ian Fleming è senz’altro una delle icone più famose per quanto riguarda non solo la letteratura internazionale, ma, in generale, tutta l’industria dell’intrattenimento.
Cinquant’anni di cinematografia, il fascino indelebile di Sean Connery sono ormai memorie indelebili per generazioni di ragazzi e ragazze.
Le software house non potevano non sfruttare un marchio di tale richiamo.
E qualche buon prodotto si è anche visto nei 20 e passa anni di titoli dedicati a Bond, di primo acchito, mi viene in mente Goldeneye, gran shooter per il Nintendo 64.

Il successo ha però portato inevitabilmente anche alla creazione di parodie più o meno riuscite e divertenti.
Una di queste è proprio la serie sviluppata da Vectordean, team inglese coadiuvato da Millennium Interactive ed Electronic Arts, publisher disegnato per l’occasione.

Il primo capitolo venne confezionato con il titolo James Pond: Underwater Agent. Unito alla copertina “acquatica” ha senza grossi fraintendimenti indicato quale o meglio cosa fosse il protagonista e l’ambito ove si sarebbe mosso quest’ultimo.
Il pesce antropomorfo saltellante con licenza di pescare, come in tutte le storie che si rispettano, ha un suo contraltare malvagio: tale dottor Forse, chiaro richiamo al Dottor No (protagonista in Licenza di Uccidere, anno 1962), ha preso il controllo della corporation Acme Oil e senza alcun remora etica ha cominciato ad utilizzare gli oceani per i propri scopi di conquista del mondo.
Niente di nuovo sotto il sole per quanto riguardo la trama, ma questo, come accadeva nei giochi di una volta, ci permette di concentrare la nostra attenzione sulle caratteristiche tecniche del gioco.
Dodici livelli in single player passando dagli schemi acquatici ad innevati in pieno stile “Russians” come cantava Sting, sono quasi un lusso per il 1990, anno di uscita del primo Pond.
E’ un mix che affonda le radici negli illustri predecessori del genere come Super Mario ed i puzzle game di maggior successo. Nonostante un gameplay variegato, alternando fasi in-game da platform puro alla necessaria risoluzione di enigmi per il supermanento di alcuni livelli, ed un comparto audio-video tutto sommato di buona fattura, il gioco è stato vissuto con contrasto dalla critica dell’epoca.
Questo però non ha fermato il team di sviluppo che ha consegnato alla storia ben due seguiti a breve distanza l’uno dall’altro ed uno strampalato spin-off di matrice olimpica dal nome “The Super Aquatic Games”, una sorta di Track&Field adattato allo spirito del personaggio.
Seppur probabilmente il secondo capitolo sia da considerare l’apice raggiunto dai ragazzi della Vectordean, testimoniato dalla infinità di porting per quasi tutte le console dell’epoca, non potete non dare almeno una chance ad Underwater Agent, specialmente se siete stati “amighisti”.

Il primo della serie, in fondo, è un po’ come il primo amore. Non si scorda mai.

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