A proposito di giochi (e di ruolo)

Sarà il trauma del rientro dalle ferie (ma preferisco chiamarle ancora vacanze) che hanno la sinistra caratteristica di durare troppo poco, ma questa settimana vorrei, come si suol dire, uscire fuori dal seminato e fare un post poco o per nulla attinente al titolo della rubrica ed agli argomenti finora trattati. Quindi, per il momento, abbandoneremo chip grafici e tecnologie del silicio per parlare d’altro. Inizialmente avevo pensato di continuare con gli articoli sul retrocomputing, dedicandone una puntata ad una società ancora presente nel panorama dei chip grafici e delle schede anche se ormai relegata ad un segmento di nicchia; una società che, comunque, fa parte della storia delle elaborazioni grafiche 2D e 3D: matrox. Ma rinvierò la cosa alla prossima settimana.

In un secondo momento, forse sotto i postumi di una semisbronza frutto di una cena tra amici, avevo avuto l’impulso di rivelare, in anteprima, a poche ore dalla presentazione alla stampa,  le specifiche delle nuove gpu DX11 di AMD. Ma per fortuna la sbronza è passata!

Così, questa settimana, vorrei parlare di giochi.

Premetto che non sono un esperto di videogame e neppure un giocatore particolarmente assiduo; specifico anche che non intendo “rubare il mestiere” a fek, Alessio o Jacopo, parlando di tecniche di programmazione o di qualche chicca videoludica del passato. Quello che vorrei fare è utilizzare questo spazio, almeno per una volta, non per informare o suscitare la curiosità o rispolverare le conoscenze informatiche o elettroniche dei lettori, ma per stimolare una discussione su una tipologia di giochi di cui sono appassionato. Questo significa che questo post non avrà a che fare con il silicio e avrà poco in comune con la grafica se non in senso lato (molto lato).

Nella scelta del titolo della rubrica a me affidata, uno dei nomi proposti ad Alessio e Jacopo era stato quello di 3D Realms (nome piuttosto abusato e, comunque, di proprietà intellettuale di una Software House), poi mutato in Forgotten Realms, con riferimento al retrocomputing che sarebbe stato, comunque, tra gli argomenti proposti, ma anche al fatto che, molto spesso, ci si dimentica cosa c’è dietro gli fps dei nostri giochi preferiti.  Alla fine si è optato per il più pragmatico Grafica e silicio, ma gli altri due nomi proposti dovrebbero fornire più di un indizio sulla tipologia di giochi di cui intendo parlare oggi.

Per i pochi che non ci fossero ancora arrivati (ce n’è qualcuno?) propongo l’acronimo GDR o, se lo si preferisce, il suo omologo anglofono RPG. Ebbene si, lo ammetto, i giochi di ruolo sono i miei preferiti (quando riesco a giocare). Non vi aspettate, però, un articolo su un gioco in particolare e neppure delle spiegazioni di carattere tecnico. Come ho premesso, non sono un esperto di giochi (neppure di RPG)  ma mi reputo un casual gamer in cerca di risposte; motivo per cui ho dichiarato di voler stimolare una discussione su un argomento che trovo piuttosto intrigante e su cui ho le mie idee che vorrei confrontare con gli altri.

In passato, mi capitato  di leggere o di partecipare in prima persona a discussioni in cui si tentava di dare una definizione di gioco di ruolo e se ne cercava di definire i confini. In effetti, lo spunto di discussione che vorrei proporre è proprio questo: cosa ritenete si possa definire “gioco di ruolo”? Quali caratteristiche dovrebbe avere un RPG? Per farlo ho preso in considerazione alcuni parametri che reputo significativi anche in base alle considerazioni emerse nelle discussioni citate poc’anzi; ovviamente si tratta di parametri del tutto soggettivi e, grazie all’aiuto di chi vorrà intervenire, se ne potranno definire degli altri. Mi riferisco alla solo componente di tipo single player (ammetto di non aver mai giocato in multi ma solo di aver assistito a partite giocate da miei amici, per cui non mi avventuro in quel campo). L’idea è quella di proporvi una sorta di gioco (lo ammetto, questa estate ho giocato molto poco e la voglia è rimasta), che consiste nell’elencare quelle che secondo voi dovrebbero essere le caratteristiche cardine di un gioco di ruolo degno di tale nome, magari proponendo dei suggerimenti anche a livello di titoli.

Personalmente ho individuato alcuni elementi caratteristici degli RPG: fermo restando che un gioco di ruolo, secondo me, deve essere strutturato in modo tale da permettere al giocatore di immedesimarsi il più possibile nella propria controparte virtuale e di calarsi nel suo mondo. Ma procediamo elencando, in ordine sparso, questi parametri che, IMHO, servono a connotare un RPG.

Party o avventura in single?

La diatriba nasce dal fatto che il GDR cartaceo tradizionale prevede il ricorso ad un party e c’è chi sostiene che anche i GDR elettronici debbano uniformarsi a tale regola. La questione è più complessa di quanto non sembri (il termine “complesso” riferito ad un gioco può apparire poco appropriato, ma il tutto va rapportato alla misura degli srgomentio trattati, quindi, ovviamente, i termini vanno relativizzati e non intesi in senso assoluto); se da un lato, infatti, il GDR cartaceo nasce con l’esigenza di mettere più persone attorno ad un tavolo, motivo per cui deve, per forza di cose giovarsi dell’utilizzo di un party (vi immaginate una partita a D&D in singolo?), il gioco elettronico può fare a meno del party. Anzi, l’utilizzo del personaggio singolo permette una maggior identificazione del giocatore con il proprio “eroe”, meccanismo che dovrebbe essere alla base del GDR stesso. Infatti, in una partita ad un RPG da tavolo, ogni componente del party impersona un solo personaggio e si sforza di “pensare e agire” come lui. Analogamente, in un’avventura in singolo, il giocatore deve abituare a pensare ed agire come il personaggio che si è scelto: la conseguenza è che lo stesso dungeon o la stessa quest affrontata con un mago o con un guerriero, proporrà delle difficoltà e, magari, delle soluzioni differenti.

D’altro canto, l’adozione del party più o meno fisso o non occasionale, permette di interagire in maniera più profonda con i propri compagni, presentando degli aspetti di maggior coinvolgimento (penso,  alla possibilità di instaurare relazioni con i propri partner o a reazioni di stizza o gelosia di alcuni personaggi di giochi come Baldur’s Gate). Appare dunque evidente che entrambe le soluzioni presentino caratteristiche che accentuino la componente ruolistica e la valutazione, quindi, non può che essere personale. Di sicuro sarebbero da provare entrambe le esperienze per poter scegliere con più oggettività. Il mio spiccato individualismo mi spinge a preferire le avventure in single player ma trovo, comunque, molto affascinante anche l’enfatizzazione delle componente strategica proposta dall’adozione di un party.

La visuale 

Il retaggio culturale di chi ha iniziato a giocare ai GDR prima dell’era del 3D, in qualche modo, risulta condizionante. Devo ammettere che anche per me, la visuale isometrica è uno dei marchi di fabbrica del RPG. Di fatto non è così e me ne rendo conto benissimo, tanto che, se da un lato, quando penso ad un GDR generico, mi viene in mente quel tipo di visuale, dall’altro, mi rendo conto che l’immersività della visuale in prima persona non può essere paragonabile ad altre.

Non credo assolutamente che la visuale sia, comunque, uno degli aspetti discriminanti nel decidere ciò che può essere o meno considerato gioco di ruolo. Però è uno degli aspetti dibattuti e su cui vorrei soffermarmi brevemente.

Ogni tipo di visuale ha pro e contro: quella isometrica o, in alternativa, un engine 3D che consenta una visuale dall’alto (ad esempio quello di Neverwinter Nights) sono sicuramente migliori nel momento in cui si deve pianificare una strategia, in quanto consentono una visione più ampia del campo d’azione. Di contro risultano più “impersonali”, ovvero non ti fanno sentire “dentro la scena” come avviene, invece, per la visuale in prima persona; ovvio che quest’ultima prevede l’adozione di un motore 3D e quindi è preclusa a quei titoli che non ne hanno uno. Una via di mezzo è la visuale in terza persona, di spalle (in stile Gothic) che permette una visione più ampia del campo d’azione ma risulta, comunque, meno coinvolgente (ad essere onesti è quella che mi piace meno).

La grafica

Accanto alla visuale, è opportuno parlare dell’aspetto grafico. Come detto, una visuale in soggetiva prevede l’utilizzo di un motore 3D e questo è un aspetto da tenere in debito conto. Personalmente non sono tra quelli che pensano che la componente grafica non sia importante in un GDR perchè ritengo che possa servire ad immergersi nel paesaggio e a calarsi di più nei panni del nostro alter ego virtuale. Ho letto più di qualche commento di gente che è rimasta affascinata dalla “bellezza” dei paesaggi di giochi come Morrowind o Oblivion, ma anche The Witcher e, sinceramente, non posso dar loro torto. Ovvio che una buona grafica non può fare da surrogato ad una labile trama o ad una inesistente sceneggiatura, dato che non parliamo di fps vecchio stampo. In sintesi, secondo me, una bella grafica non è uno degli elementi fondamentali ma può costituire un valido aiuto.

La non linearità 

Per non linearità intendo sia quella relazionale nei confronti dei propri compagni o deii PNG ed alle relative quest, ovvero quanto le nostre scelte influenzano la trama del gioco e le relazioni con gli altri personaggi, sia quella relativa alla libertà di movimento nell’ambiente circostante.

Dal mio punto di vista sono importanti entrambe anche se la prima lo è un po’ più della seconda. Un gioco che ti imponga percorsi ben delineati e troppo lineari in entrambi i casi può risultare noioso. Ad esempio, adoro la libertà di movimento nello spazio dei giochi della serie TES (forse sotto questo aspetto Oblivion, forse, è il peggiore) ma anche  la libertà di movimento tra le varie “opzioni comportamentali” di giochi come Torment o The Witcher. La possibilità di scegliere una fazione, un allineamento, l’appartenenza ad un gruppo anzichè ad un altro, il modo in cui affrontare le sfide che il gioco propone e il vedere come tali scelte si ripercuotono sull’ambiente circostante, è determinante per rendere un gioco stimolante e destare l’attenzione del giocatore; ma anche la libertà di vagare a piacimento per uno spazio immesno, gironzolando senza meta, facendo esplorazioni o limitandosi ad ammirare un panorama, un tramonto o un cielo stellato, è una sensazione impagabile per chi passa giornate interee al pc e quando esce di casa si ritrova a combattere con asfalto, cemento, inquinamento e traffico.

La creazione e la crescita del personaggio 

Sicuramente uno dei parametri fondamentali.  Ci sono giochi che non permettono di effettuare scelte all’atto della creazione del personaggio o che comunque presentano un numero limitato di opzioni (la serie Gothic o lo stesso The Witcher), altri che presentano miriadi di opzioni (il primo che mi viene in mente è Morrowind). Ricordo, nelle sessioni di D&D con gli amici, che la creazione dei personaggi era una delle cose più eccitanti e questa idea mi è rimasta, quindi resto sempre un po’ deluso di fronte ad un titolo che non permette di scegliere, all’inizio, almeno razza, sesso e classe (e, magari, allineamento) del personaggio. Per quanto riguarda le modalità con cui definire le caratteristiche iniziali, un sistema di generazione random, assimilabile a quello dei dadi utilizzati nei giochi da tavolo lo reputo sicuramente più verosimile di quello proposto, ad esempio, da Bethesda e basato sulla razza e sul segno zodiacale (in fondo gli esseri viventi, pur appartenendo alla stessa spezie e essedno nati sotto lo stesso segno, possono vantare caratteristiche fisiche ben diverse tra di loro). Quello che invece mi piace molto di Morrowind ma anche di Dungeon Siege, è la scelta fatta per determinare i progressi del proprio eroe. Francamente trovo inverosimile che chi si faccia largo tra orde di nemici a colpi di mazza ferrata possa, al momento di distribuire i punti esperienza, decidere se assegnarne qualcuno alla capacità di lanciare incantesimi o scagliare frecce con un arco o scassinare serrature. Molto più plausibile che ciascuno incrementi quelle capacità che usa più di frequente.

Sistema di combattimento

GDR non deve assolutamente essere solo combattimento (la serie Ultima e Planescape Torment lo dimostrano) però è innegabile che il sistema di combattimento assuma una certa importanza. Premetto subito che non sono tra gli “integralisti” che ritengono che si debba adottare, anche per un videogame, il sistema con simulazione dei dadi e a turni, tipico di giochi come Il tempio del male elementale; questo perchè se tale sistema aveva un senso, anzi rappresentava un’ottima soluzione nelle edizioni da tavolo, assume poco senso quando si utilizza un altro mezzo che permetta di simulare un combattimento anche in maniera differente, magari più dinamica e realistica: sarebbe come ritenere che il sistema utlizzato per il Risiko (a turni e con i dadi) sia il meglio che si possa concepire per gli strategici.  Ovvio che il sistema di combattimento, qualunque soluzione si adotti, debba tener conto delle abilità dei contendenti e delle rispettive caratteristiche, ma non è detto che il tutto debba avvenire………..lanciando dei dadi, per virtuali che siano.

Ambientazione

In quanto all’ambientazione, ammetto che si tratta di un mio limite che non sono, finora, riuscito a superare, ma per me il GDR ha un’ambientazione fantasy, magari non necessariamente i Forgotten Realms ma, comunque, con spade, mazze e incantesimi vari. Non amo i JRPG e neppure i giochi di ambientazione differente da quella a cui ho fatto cenno, pur riconoscendo, ad esempio, che Fallout o Kotor sono dei gran bei giochi di ruolo. Già elementi come lanciafiamme o cannoni, presenti in giochi come Dungeon Siege o Arcanum, mi disturbano un po’. Ma questo è un elemento soggettivo e non discriminante, neppure dal mio punto di vista (anche per gli strategici, d’altra parte, preferisco l’ambientazione medioevale o di epoche, addirittura precedenti).

Tipologia delle quest

L’ho lasciato per ultimo, ma è uno degli aspetti fondamentali per definire un GDR in senso “stretto”. Una delle critiche più sovente rivolta alla stragrande maggioranza dei GDR è che le missioni si possano riassumere più o meno tutte in un: vai in un determinato posto, trova un determinato oggetto o persona, uccidi un determinato personaggio e torna indietro a prendere la ricompensa. In effetti, si tratta di uno schema un po’ ripetitivo al quale abbiamo finito con l’assuefarci ma che non è l’unico possibile. Inoltre, imho, poichè un GDR dovrebbe permettere l’immedesimazione del giocatore in un personaggio, di questo processo dovrebbe far parte anche altro, come, ad esempio, la possibilità di svolgere una vita qualsivoglia forma di vita sociale, fare un lavoro, coltivare relazioni e interessi al di fuori di quelle che sono le quest proposte dal gioco. Ok, mi fermo, perchè immagino che qualcuno potrà obiettare che questa è la simulazione di una vita reale e che qualcosa di simile o che ci si avvicini, si può trovare solo nel gioco on line. Eppure, in passato, qualcosa che si sia discostato da questo schema, almeno in parte, si è visto anche per i giochi in single player. E’ latrettanto vero che giochi tipo Morrowind, in teoria, potrebbero permettere di mettersi anche, ad esempio, a fare il cercatore di perle o l’alchimista e di vendere i frutti del proprio lavoro, ma in quanto a vita sociale………….

Ci sono poi i cosiddetti hack’n’slash (Diablo, Sacred, Titan Quest, ecc) che hanno delle componenti ruolistiche nella creazione dei personaggi e nei sistemi di avanzamento) ma che, per altri versi, sono assimilabili a degli sparatutto. Devo ammettere, però, che le atmosfere di Diablo, almeno per me, esercitano comunque un certo fascino (parlo del single player naturalmente) e contribuiscono a tener viva l’attenzione sul gioco e sul personaggio, favorendo l’immedesimazione con lo stesso (nonostante la visuale isometrica). Infine ci sono quei giochi, primo fra tutti, Spellforce ma anche Warcraft III, che fondono più generi e, in particolare, il GDR con lo strategico in tempo reale (in Warcraft, a dire la verità, gli elementi ruolistici sono ridotti all’osso, mentre sono più presenti nei due Spellforce). I puristi tendono a considerare questi titoli non assimilabili a GDR. Personalmente ritengo, invece, che un titolo come Diablo, per la sua semplicità, possa essere uno strumento per avvicinare al genere RPG quei neofiti che potrebbero trovarsi spiazzati di fronte ad un titolo che presenta un gran numero di opzioni nella creazione e crescita del personaggio ed un ambiente molto vasto e ricco di personaggi ed elementi con cui interagire in cui può risultare difficile muoversi.

Però, ovviamente, come tutto il resto del post, si tratta di una mia opinione personale, pertanto vi saluto, augurandovi un buon rientro dalle vacanze, e vi passo la palla.

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