In tempi di Chrome OS e thin client, che fine farà l’hardware?

Img courtesy of blogs.sun.comLeggendo i commenti al mio precedente pezzo su Chrome OS, ho notato che alcuni utenti sembrano incondizionatamente propensi all’adozione del nuovo paradigma riproposto da Google. Trattandosi di uno scenario che alcuni ritengono plausibile (e sul quale di certo si spenderanno presto anche Microsoft e altri titani di calibro simile), vorrei in questa sede spendere qualche parola su quelle che mi sembrano le più immediate conseguenze dell’introduzione sul mercato della “reincarnazione” del Network Computer di Oracle.

Facciamo un passo indietro per entrare in contesto: per chi opera nel comparto hardware, il netbook è “il peccato originale”. Un prodotto realmente “disruptive”, che in un sol colpo ha bloccato la corsa alla crescita dell’hardware – con essa le ambizioni di chi vi faceva leva per vendere nuove feature SW – e dimostrato all’utenza che si può fare tutto con meno. Con la “complicità” della congiuntura economica, il netbook ha quindi abbattuto prezzi e margini dell’intera industria. In conseguenza di ciò, per gli OEM non sarà facile, anche in caso di ripresa, risalire questa china, che ha modificato radicalmente le aspettative dell’utenza in rapporto al budget allocato.

Oggi in effetti si portano a casa computer buoni per la routine quotidiana, a meno di € 300; poco più in alto, gli UMPC che fino a qualche anno fa andavano via a € 2500/3000, oggi ne costano meno di 1000. In un mercato che si sta omologando su prezzi ridotti all’osso, il problema della differenziazione fra marchio e marchio si aggrava, mentre i soldi per il marketing – come sempre in tempi di vacche magre – scarseggiano.

All’indomani del successo del modello proposto da Chrome OS tuttavia, gli OEM potrebbero guardare con rimpianto a questo già duro momento. Vediamo perché.

I motivi tecnici sono facilmente intuibili: dirottando il carico di lavoro richiesto dal software dall’altro capo del cavo, i requisiti hardware – rispetto a un sistema in grado di “tenere in piedi la baracca” software – si comprimono fino a divenire minimali.

Per un’utenza nata e cresciuta sul “fat client” la rivoluzione sarebbe traumatica: le discussioni su questo o quel processore, sulla RAM o sull’hard disk, diverrebbero di colpo retaggi del passato, mentre gli opulenti notebook full-featured andrebbero via via sparendo in favore di strumenti più simili a degli smartphone che a dei computer, perlomeno come potenza elaborativa, autonomia e chiusura (per inciso, quale momento migliore per il lancio di una piattaforma SAAS consumer e di terminali dedicati, anche per MS e Apple?).

Per gli OEM questa rivoluzione avrebbe l’effetto di consolidare la spirale al ribasso dei prezzi e dei margini già iniziata col netbook: nel momento in cui l’esperienza si sposta da dentro a fuori il computer, il computer passa da centro delle attività digitali a “telecomando” di un ambiente software remoto. Il più scarso dei netbook oggi in circolazione, con un monitor decente, sarebbe più che sufficiente.

Potrebbe cambiare radicalmente anche lo scenario distributivo per questi oggetti: se non Google stessa, potrebbe essere l’ISP a fornire questi terminali in comodato d’uso con il contratto di accesso, assieme a vari pacchetti per l’accesso a casa e in mobilità. Nulla vieterebbe poi a un colosso come Google (o MS, altro protagonista del mondo SAAS) di entrare nel mondo hardware, rivolgersi direttamente a colossi del settore ODM come Compal e Quanta, e produrre apparati personalizzati. Di fronte a questa eventualità, vedremmo tutti gli OEM correre in fila indiana verso il Googleplex per stilare un accordo esclusivo, a qualunque condizione (con una mano in tasca a fare scongiuri perché l’intero piano fallisca).

Queste prospettive, invero piuttosto fosche per una bella fetta di economia ICT, non compromettono, anzi avvalorano, la partnership Google/Intel per Chrome OS. Al restringersi dei dispositivi, come ha ottimamente spiegato Cesare Di Mauro, l’architettura x86 vede infatti aumentare la sua impasse rispetto a chi realizza architetture più efficienti, ARM in testa. Questo mette Intel nell’urgenza di presidiare da vicino ogni mutamento di scenario.

In questo senso, una partnership Intel-Google su thin client di nuova generazione potrebbe spingere l’Atom fin dove, con le sue sole gambe, non è ancora riuscito ad arrivare.

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