Il flop Amstrad nel mercato delle console

Amstrad LogoNella miriade di prodotti e competitor che si diedero battaglia tra fine anni ’80 e inizio ’90 anche Amstrad provò a recitare un ruolo da protagonista, con scarsi risultati seppur il glorioso passato poteva far sperare una sorte diversa.
Ma il blasone non conta, contano i fatti.

Nel 1983, la società omonima fondata in Inghilterra da Alan Michael Sugar (ecco la spiegazione del nome “AMS” ed il suffisso “TRAD” da trading) era sbarcata nel settore dell’home computing con un ottimo riscontro grazie al CPC464, un sistema a 8 bit in grado di competere, grazie all’innovativo registratore a cassetta integrato, con il Commodore 64 e lo ZX Spectrum.

Su queste basi nasce il GX4000+.

Amstrad GX4000

Prima di addentrarci nella disanima dell’oggetto in questione, facciamo un breve riepilogo del contesto storico. Ci troviamo nella terza generazione, contrassegnata dagli 8 bit e dominata sostanzialmente dal Nintendo FamiCom (o NES se vogliamo indicare la versione USA ed Euro/PAL). Proprio per questo motivo alcuni dei maggiori contendenti alla leadership della grande N decisero a fine anni ’80 di correre ai ripari rilasciando delle proprie piattaforme con un ulteriore step tecnologico, salutando, di fatto, l’avvento della quarta generazione.
A tal proposito basta citare il Sega Mega Drive ed il NEC PC Engine Turbografx-16, per essere sufficientemente esaustivi.

In questa “terra di mezzo” continua però il supporto e la produzione di macchine 8-bit, cercando in qualche modo di perseguire una sorta di fascia entry-level. Così si spiega la continuità del supporto al Master System e la seconda versione accompagnata dalla mascotte Alex Kidd.

Amstrad non sta a guardare e cerca di fare la sua parte, presentando nel 1989 e rilasciando il prodotto definitivo nel 1990, il GX4000+.
A ben vedere si trattò di una macchina nient’affatto disprezzabile e con le seguenti caratteristiche:

  • CPU: Zilog Z80A con clock a 4MHz
  • RAM: 64KB
  • Video: risoluzione 160*200 16 colori, 320*200 4 colori, 640*200 2 colori, palette da 4096 colori
  • Audio: processore dedicato TI AY-3-8912, suono stereo con 3 canali voce ed 1 rumore
  • Supporto: cartuccia con dimensione massima di 512KB
  • Uscite: audio, RJ11, SCART, RGB

Tutto questo era unito da un design decisamente accattivante per l’epoca ed avveniristico in una sorta di stile “UFO” (voi fan di Guerre Stellari riconoscerete senz’altro la forma dello Snow Speeder), ripreso poi dal Nintendo 64, ben sei anni dopo.
Da non sottovalutare inoltre fu il supporto ai giochi dei modello 6128+.

Ma proprio questo alla luce dei fatti si rivelò una delle cause della sua disfatta.
Amstrad capì che proporre una macchina in tutto e per tutto simile (l’architettura praticamente era la medesima) al suo cavallo di battaglia nell’home computing sarebbe potuto diventare un clamoroso autogol.
Addirittura rispetto alla versione PC i colori visualizzabili erano maggiori e gli sprite potevano essere direttamente manipolati anche applicando utilissime funzioni di zooming.
Il prezzo di 99 sterline fece sì che la macchina, non prodotta in moltissimi esemplari ad onor del vero, divenne sold out in brevissimo tempo, soprattutto in Francia e logicamente UK dove il marchio Amstrad godeva di popolarità.
E dopo un solo anno di vita venne cessata la produzione anche perché, adesso come allora, l’acquirente non trova ragioni valide nel comprare un semplice alter-ego di una macchina che magari già possiede, deve offrire qualcosa di più, un’esperienza di gioco che renda l’acquisto effettivamente valido.
Lo stesso timing di rilascio non fu affatto azzeccato perché senza avere alle spalle uno share solido di mercato, uscire con una macchina ex novo a soli 8 bit nel 1990 si rivelò perdente.

Nonostante i soli dodici mesi uscirono ben quaranta titoli, merito del supporto delle due software house, da una parte Ocean (poi acquisita da Infogrames) e dall’altra US Gold, poi divenuta Eidos, famosa per aver portato su console titoli del calibro di Final Fight e Street Fighter II.

Quasi tutti i giochi sapevano però di déjà-vu perché provenienti dal mondo del personal computer, un filo rosso che lega e spiega altri insuccessi antecedenti e successivi al GX4000+.
Lo abbiamo appurato con il 3DO, l’Amiga CD32 ed il Philips CD-I tanto per citare alcuni nomi.

Come altre macchine con un numero risicato di esemplari (circa 150 mila in totale) costituisce una preda piuttosto appetita nel mercato del retrogaming, soprattutto se completa e provvista di scatola.
Date un occhio in cantina o nella mansarda, non si sa mai.

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