Riflessioni sulla quasi-bancarotta di Psystar

PearHackintosh è roba da smanettoni, chi lo voleva se l’è fatto in casa. È questa la conclusione che sembra emergere dall’ultimo capitolo dell’epopea Psystar, oscuro assemblatore di computer, giunto agli onori delle cronache per essere stato il primo a pubblicizzare e mettere in commercio negli USA cloni del Mac. Vediamo perché.

Nelle motivazioni allegate al documento in cui si richiede l’applicazione della protezione dalla bancarotta, l’azienda attribuisce il ricorso alla misura d’emergenza alla crisi globale e alle condizioni più restrittive applicate dai creditori (ivi inclusi i fornitori) per il pagamento delle commesse.

Benché l’azienda abbia qui e là alluso a vendite sostenute – i volumi effettivi sono stati finora oggetto di sola speculazione – non è da un grande successo commerciale che consegue la sfiducia dei creditori e la bancarotta, il che ci porta dritti alla considerazione con cui ho aperto il pezzo.

La mia idea è che Hackintosh non sia un progetto interessante per un’utenza mainstream, a cui, più che avere questo o quell’OS, interessa che tutto funzioni in modo prevedibile e senza seccature. Non mi pare interessante neppure per l’utenza Apple, che acquista un Mac per motivazioni molto differenti dal solo rapporto fra prezzo e equipaggiamento hardware.

È invece interessante per un pubblico di amanti della sperimentazione: gente non facilmente impressionabile, capace di gestire eventuali problemi di instabilità/incompatibilità che Hackintosh implica. Gente a cui purtroppo i sistemi Psystar non offrono alcun valore aggiunto.

Da un punto di vista strategico poi, un’azienda che sbandiera ai quattro venti la violazione dell’EULA di OS X è evidentemente in cerca di rogne legali poiché, molto più di un negozio di quartiere, attira l’attenzione del reparto legale di Cupertino.

Se dunque l’obiettivo che ha ispirato Psystar ad agire in pompa magna era quello di agglomerare una massa critica di domanda che mettesse anche Apple in condizione di rivedere il proprio modello di business, possiamo già concludere che hanno fatto male i loro conti.

Dall’esito della vicenda Psystar giungono in ogni caso indicazioni parziali ma significative sulla capacità di OS X, estratto dalla piattaforma Macintosh, di attrarre pubblico e vendite. Non è d’altronde facile come può essere sembrato a Rudy Pedraza, CEO di Psystar, scardinare un modello di business che va avanti più o meno intatto da una trentina d’anni.

Per coloro che, come Apple, ritengono che dietro Psystar vi siano manovratori occulti interessati a scardinare il suo modello di business e azzerarne i guadagni, ulteriori chiarimenti finanziari fissati per il 5 giugno offriranno conferme o smentite definitive.

Come sempre, terremo le orecchie dritte.

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