Last.fm ha ceduto i tuoi dati di ascolto alla RIAA?

cbs corporation LastFM nella bufera. TechCrunh, dimostrando ancora una volta di essere in grado di fare dell’ottimo giornalismo investigativo, ha rivelato che, secondo fonti definite attendibili, LastFM avrebbe fornito i dati di ascolto dei propri utenti, con i relativi indirizzi IP alla RIAA [Associazione americana dei produttori discografici].

LastFM smentisce, ma a questo puntro entra in gioco un terzo protagonista, la CBS Corporation, di cui LastFM fa parte. Sarebbero stati loro a richiedere i dati degli utenti a LastFM “for internal use”, salvo poi, su richiesta, girarli alla RIAA, violando così le privacy policy di LastFM, e anche un numero indefinito di leggi che dovrebbero tutelare la privacy degli utenti della Rete.

Il timore è ovviamente quello che i produttori discografici utilizzino questi dati per individuare gli utenti più attivi, conoscendone anche l’indirizzo IP, per cercare di coglierli in flagrante, qualora contravvenissero le leggi, ad esempio utilizzando sistemi di file sharing per scambiare musica. Difatti, aver ascoltato musica in streaming non costituisce reato, ma è palese la violazione della privacy, e la sensibilità delle informazioni diffuse, se questo passaggio fosse realmente avvenuto.

Ora si attende la risposta della CBS, che in un primo momento si era limitata a dire che la questione riguardava solo LastFM. Sembrerebbe che ciò non corrisponda a verità.

Alcuni hanno scelto in seguito a questo episodio di cancellare il proprio account sul sito di scrobbling; non che questo serva a molto, questa storia risalirebbe a Febbraio, anche se è stata svelata solo ora. Io mi sono limitato a cancellare i dati di ascolto, più come simbolico segno di protesta che altro.

Quello della discografia era un mercato maturo già prima della rivoluzione introdotta da Internet e dai media digitali. I discografici lamentavano cali nelle vendite prima che si diffondessero i music player, quelli che oggi chiamiamo più o meno tutti ipod, e prima che i sistemi di peer to peer rendessero possibile scaricare musica dalla Rete, o i siti di scrobbling consentissero di ascoltarla online.

Forse sarebbe ora di pensare ad una riforma sostanziale del sistema, che utilizzi e potenzi le possibilità offerte dalla Rete, e magari ricordarsi che la musica è arte, prima che business. Invece di investire su musicisti costruiti a tavolino ed imposti tramite il martellamento nelle radio, si dovrebbe trovare una maniera per far emergere i veri talenti, secondo percorsi più democratici, che partano dalla preferenza della gente.

Markingegno

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