Il design può salvare la carta stampata?

Wired 2Ted.com è un sito che consiglio a chiunque di visitare, perché raccoglie in formato video, pareri interessanti provenienti da figure più o meno note, ma sempre molto preparate e competenti – una merce sempre più rara nell’overflow informativo che arriva dalla rete.

Una delle relazioni presenti sul sito mi ha colpito e stimolato alcune riflessioni: Jacek Utko, designer polacco, si domanda quanto possa il design contribuire al salvataggio dei giornali, il cui declino è ormai evidente.

La sua presentazione racconta alcune “case history” di giornali dell’est europeo, che hanno conosciuto ottimi incrementi di vendita adottando profondi restyling, che hanno riguardato anche la disposizione e l’esposizione dei contenuti.

Dopo aver dato brevemente conto dei fattori che condannano la carta stampata allo stato di conclamata recessione in cui si trova, Utko presenta il risultato dei suoi lavori: sorprendente, specie se si considera la base di partenza, ossia prodotti in cui la cura grafica era pari a zero.

La sovversione dei canoni di impaginazione e illustrazione, nei casi riportati da Utko, ha propulso enormemente le vendite, facendo dell’ex architetto polacco, uno dei più apprezzati professionisti del settore al mondo.

I risultati sono indiscutibili ma, mi domando, quanto sono replicabili? E quanto sono sostenibili?

In Italia abbiamo visto numerosi quotidiani, mensili e settimanali ristrutturare la propria veste grafica, a volte in modo piuttosto radicale, introducendo formati non standard e soluzioni cartografiche innovative. Al punto che oggi, dal punto di vista grafico, non è semplice come in passato, trovare in un’edicola italiana prodotti visualmente scadenti o totalmente mancanti di appeal.

Pur con significative variazioni in base al pubblico target delle varie riviste nazionali, sembra che ognuna di queste presti attenzione al design, seguendo una tradizione che negli USA è da anni consolidata. I case studies menzionati da Utko fanno invece perlopiù riferimento ad un punto di partenza – i vari magazine illustrati nella presentazione – molto diverso in termini qualitativi da quello di una nazione come l’Italia, per non parlare di altri contesti occidentali.

Cionondimeno, abbiamo osservato anche in Italia tentativi di “alzare l’asticella” dello standard: mi viene in mente Wired, che nel suo numero 2 reca una copertina sorprendente, nella quale le ricercatezze cartografiche coesistono con una composizione grafica di grande impatto.

L’obiettivo è stato centrato: in edicola il giornale “buca”, con un impatto estetico evidente e fuori dal comune. Domanda: cosa succederà quando tutte le altre riviste rivolte a quel pubblico adotteranno uno stile altrettanto “rumoroso”e sopra le righe? Arriveremo a dover entrare in edicola con gli occhiali da sole per non restare abbagliati?

Concludendo, senza nulla togliere al ruolo del design e all’appeal che conferisce al prodotto, ho qualche difficoltà a vedervi una salvezza più che transitoria per la carta stampata, i cui principali problemi derivano dal non riuscire più a mostrare – e non solo per responsabilità propria – il proprio valore aggiunto dal punto di vista contenutistico, rispetto ad alternative gratuite come quelle presenti su Internet, e consultabili sempre più anche in mobilità.

In quest’ottica, non sono certo che spostare la “reason why” di un prodotto editoriale in direzione estetica possa produrre risultati durevoli e che questi effetti – quando presenti – siano replicabili in contesti in cui già molti passi sono stati mossi in quella direzione.

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