L’Italia nella nuova era del nucleare

Computer designed picture of the planned Europ...

Il 24 Febbraio scorso l’Italia ha firmato un accordo con la Francia per collaborare con la società energetica francese (EDF ) con la costruzione di 4 centrali nucleari di tipo EPR (European Pressurized Reactor) sul territorio italiano, a partire dall’anno 2020. Lo scopo di questo progetto è di produrre fino al 25% del fabbisogno energetico del paese tramite questa risorsa, riducendo così l’utilizzo di carburante di origine chimica.

Ho sempre pensato che l’unica carta che poteva giocarsi l’Italia per rimettersi in carreggiata sul piano energetico, fosse quella di investire pesantemente sulla ricerca a lungo termine di energie alternative serie, e nel frattempo ottenere energia sottocosto da paesi che hanno più risorse disponibili, offrendo in cambio i risultati della propria ricerca. In un certo senso è esattamente quello che è stato proposto adesso, per cui anche se sono un po’ scettica a riguardo, sono molto curiosa di vedere come verrà sviluppato il progetto.

Ma cosa sono queste EPR e qualsi sono i loro vantaggi e svantaggi?

Uno dei fattori che colpisce maggiormente l’opinione pubblica quando si parla di centrali nucleari, è il fattore sicurezza. Spaventati da disastri come quello di Chernobyl, la gente non ama avere dietro casa un reattore nucleare. In realtà il rischio di incidenti di questo tipo è pressocché nullo, e sarebbe stato facilmente evitabile anche a Chernobyl, visto che oggi si sa che si è trattato di un errore umano .  Le centrali di terza generazione offrono dei sistemi di sicurezza attivi e passivi molto validi che sostanzialmente azzerano ogni tipo di rischio, soprattutto limitando a zero l’intervento umano. Tra gli altri, i sistemi di sicurezza adottati nei reattori EPR sono:

  • Quattro sistemi di raffreddamento di emergenza indipendenti, ciascuno in grado di raffreddare l’intero reattore dopo essere stato spento (corrispondente a una ridondanza del 300%).
  • Contenimento di fughe attorno al reattore.
  • Un container aggiuntivo e un’area di raffreddamente se il core fuso dovesse uscire dal reattore.
  • Un muro con doppio strato di cemento per uno spessore totale di 2.6m, progettato in modo da resistere a impatti con aeroplani e pressione interna superiore al normale.

Per parlare di numeri, le centrali EPR hanno una frequenza massima di danneggiamento del core di 6.1 × 10-7 per reattore all’anno.

Per quanto riguarda la produzione, ricordiamoci che se continuassimo a sfruttare il nucleare come stiamo facendo adesso, le nostre risorse di uranio non durerebbero molto più a lungo di quelle di petrolio. Attualmente viene bruciato circa il 4% dell’uranio usato come combustibile. Il resto è sprecato.  I reattori di tipo EPR, un tipo di reattore di terza generazione, riesce a bruciare una percentuale molto maggiore di uranio, portando quindi a una maggiore efficienza e potenza. Questo però ha anche un aspetto negativo, infatti i residui radioattivi sono più radioattivi di quelli di altre centrali. Greenpeace sostiene che il materiale residuo prodotto dalle centrali EPR è fino a 7 volte più radioattivo di quello prodotto da centrali precedenti. Areva , la società che per prima ha pensato alle centrali EPR, sostiene che potranno essere al massimo il 15% più radioattivi. Come al solito, la verità starà probabilmente nel mezzo. Non bisogna poi dimenticare che a causa della maggiore efficienza di questi reattori, la quantità di residui radioattivi diminuisce sensibilmente (tipicamente, si ha una riduzione del 15% per MWh sulla generazione di attinidi di lunga vita media in relazione ai reattori attualmente in uso).

Gli altri vantaggi di questo tipo di reattori, rispetto ai modelli precedenti sono il tempo ridotto per il rifornimento e per la manutenzione, permettendo alla centrale di funzionare per il 92% del tempo, un’aumento della vita di servizio della centrale, che sulla carta arrivafino a 60 anni, e maggiore flessibilità per la gestione del rifornimento e delle operazioni di manovra.

Alla resa dei conti penso che queste centrali siano sostanzialmente il meglio che è offerto dal mercato in questo momento, anche se certamente non rappresentano la soluzione ai nostri problemi. Spero che l’Italia non vada cercando soluzioni facili e indolori, perché in questo campo sono purtroppo ancora utopia. Spero invece che questa decisione serva da un lato a tamponare la nostra crisi energetica e dall’altro ad incentivare la ricerca verso soluzioni pulite e alternative, ahimé ancora lontane.

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