Giappone, ultima frontiera. Questi sono i viaggi degli appassionati di retrogaming

Bandiera GiapponeL’appuntamento di questa settimana è decisamente particolare non solo perché la citazione di memoria “star-trekkiana” del titolo ha tutto sommato poco a che fare con l’argomento.

In questi mesi ci siamo occupati di alcune console e giochi che hanno contribuito a fare la storia del videogioco e continueremo a farlo. Ma abbiamo cercato anche di raccontare manie, vezzi che descrivono bene o male la figura tipica del retrogamer.

Negli articoli precedenti ne abbiamo parlato più tra le righe che esplicitamente ma il Sol Levante, per i motivi che vedremo, rappresenta la meta “dei turisti del gioco” e lo snodo più importante del mercato che ruota intorno al fenomeno del retrogaming e quindi meritava un approfondimento a se stante.


Facciamo un passo indietro.
In realtà l’idea iniziale era di uscire con tutt’altro argomento e mi scuserà Alessio (visto che la proposta era stata sua) per il cambio di programma all’ultimo, ma la piena libertà sugli argomenti consente anche di variare all’ultimo e così ho fatto, prendendo spunto da un interessante dibattito nato da alcune dichiarazioni di Hideo Kojima (sì quel Kojima, papà di Metal Gear), che però necessitava delle premesse.

Dunque, la domanda fondamentale è: perché proprio il Giappone?
Perché gli appassionati di retrogaming occidentali si recano sempre più in questo Paese?
Solitamente, anche se è una frase fatta, per unire l’utile al dilettevole.
Viaggiare è una delle attività più affascinanti che ci sono permesse e se la destinazione è così lontana dai nostri schemi abitudinari, con tradizioni millenarie ed un livello tecnologico sempre un passo avanti rispetto agli standard europei allora è una destinazione che vale la pena visitare.

Gli aficionados del gioco a cartuccia hanno anche la possibilità di soddisfare i propri desideri, completare collezioni, accaparrarsi la rarità del momento, perché la terra nipponica è il fulcro del sottobosco del retrogaming.

I marchi storici che hanno scritto la storia degli anni ’80 e fecero diventare il videogioco nuova icona del entertainment ludico provengono quasi tutti da qui: Sega, Nintendo, NEC, Capcom, Taito, Hudson Soft sono solo alcune tra le case produttrici o software house da citare ma la lista è davvero troppo lunga a volerla compilare seriamente.

Quantitativamente quindi c’è di che sbizzarrirsi e non è un caso, come abbiamo visto, che buona parte dei prototipi e flop, prodotti molto ricercati dai collezionisti, siano di matrice nipponica.
Ma quel che differenzia davvero il Giappone rispetto al resto del mondo è l’aspetto qualitativo e la necessità di dover soddisfare i gusti di un popolo estremamente esigente quando si tratta di beni di consumo.

Il settore quindi, soprattutto prima dell’avvento di Sony e della Playstation, ha sempre cercato di soddisfare prima il mercato interno e la tradizione si è mantenuta nel tempo. Ecco quindi spiegato il rilascio di un numero esorbitanti di console limited edition, con aerografie, confezioni particolari, serigrafie che testimoniano la produzione in un numero ristretto di unità, omaggi come action figure o pupazzetti che fanno impazzire i teenager locali.

Tutte cose che spesso si mal conciliano con le preferenze del target occidentale (e anche per questo non  si vedono oltreoceano ufficialmente) ma al tempo stesso innescano la miccia del meccanismo “è particolare, unico, non ce l’ha nessuno, io devo averlo” tipico del retrogamer-collezionista.

I non addetti ai lavori potrebbero storcere gli occhi ma non solo il mercato parallelo non hai mai vissuto, seppur in tempi di crisi generale come questi, una così florida situazione ma in Giappone, ormai da anni, hanno capito che questa potesse essere la frontiera di un nuovo tipo di turismo, quello un po’ geek, degli appassionati di retro-tecnologia.

Vetrina Mandarake Tokyo Akihabara

A Tokyo il quartiere di Akihabara è diventato una meta imprescindibile per questo tipo di “pellegrinaggio”, con enormi negozi e centri commerciali specializzati, come Mandarake, SuperPotato e via discorrendo.

Nomi che probabilmente non vi diranno niente ma che custodiscono cimeli ludici come fossero dei gioielli e si parla di centinaia di migliaia di yen, al cambio attuale migliaia di Euro.
Contemporaneamente, dato che l’e-Commerce è ormai una solida realtà, sono nate attività online per la vendita (PlayAsia è uno dei più famosi) sia per quel che concerne l’intermediazione commerciale; le barriere che rendono difficoltoso l’accaparrarsi di prodotti tecnologici giapponesi è risaputo, prima tra tutte la lingua, il nazionalismo e la diffidenza verso gli stranieri (tanto che quasi tutti i commercianti scelgono di spedire solo entro i confini statali) in seconda battuta.

Ecco quindi che gli auction agent entrano in vostro soccorso, fornendo servizi di traduzione, nonché di compravendita anche su negozi locali e su Yahoo Auction, il sito di aste online più utilizzato in Giappone, dove potreste trovare a modico prezzo ciò che qui paghereste a peso d’oro. Il servizio non è ovviamente gratuito ma propone, a seconda delle offerte, costi tutto sommato ragionevoli.

Se poi avete la fortuna di potervi dotare di “armi” e bagagli, beh allora la visita in loco di persona è senz’altro la scelta migliore, per un Paese che è senza dubbio diventato l’Eden del retrogaming.

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