ARM, tra Cambridge e Ivrea

Tutti coloro che masticano tecnologia non possono non conoscere i processori ARM, visto che la loro penetrazione nel mondo embedded/mobile raggiunge circa il 75% del mercato.

Ma cosa c’entra questo con Ivrea?

Ebbene, bisogna tornare indietro fino al 1985, quando la Acorn Computers, compagnia inglese con sede a Cambridge fondata nel 1978, conosce il momento peggiore della propria storia. La società, diretta dai co-fonatori Chris Curry ed Hermann Hauser, ha inizialmente un discreto seguito, soprattutto oltre manica, grazie a modelli di personal computer come l’Acorn Electron, l’Acorn Archimedes e il BBC Micro, particolarmente apprezzato in ambito scolastico.

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Acorn Amarcord: Sophie Wilson, Chris Turner, Steve Furber, Chris Serle, Hermann Hauser, Chris Curry

Con l’assestamento del mercato verso la metà degli anni ’80, però, la Acorn precipita in una situazione di forte crisi, tanto che Curry e Hauser si mettono in cerca di nuovi partner e nuovi finanziatori, trovando nell’italianissima Olivetti l’ancora di salvataggio. Il 20 febbraio del 1985, l’azienda inglese cede il 25% del proprio pacchetto azionario alla Olivetti ad un prezzo più basso di quello di mercato con l’accordo di sfruttarne la rete commerciale al fine di vendere tutte le scorte rimanenti di BBC Micro e Acorn Electron.

armL’intesa sulla carta è conveniente per entrambe le società: Acorn abbatte immediatamente tutti i debiti accumulati negli ultimi sei mesi (circa 11 milioni di sterline) e, in seguito alle vendite previste, si ritroverebbe con una notevole disponibilità finanziaria grazie alle vendite. La casa di Ivrea, d’altro canto, ne trarrebbe un vantaggio diretto in qualità di maggior azionista esterno.

Ma le cose vanno diversamente e Olivetti non vende neanche un singolo esemplare di Acorn! Incredulo di quanto sta avvenendo, il management di Acorn chiede un meeting d’urgenza alla Olivetti e al suo presidente Carlo De Benedetti. Quello che viene fuori durante l’incontro, secondo quanto raccontato da Chris Curry durante un’intervista del 2012, ha dell’incredibile! Infatti De Benedetti chiede prontezza al proprio staff di quanto accaduto, ma nessuno sembra voler dare una spiegazione. Solo dopo una forte insistenza del presidente (che, sempre secondo Curry, batte più volte i pugni sul tavolo), un membro dello staff risponde dicendo:

“Si calmi, signor De Benedetti. Nessuna unità Acorn è stata venduta perché lei ci ha autorizzato a vendere esclusivamente prodotti IBM PC compatibili.”

La cosa assurda è che questa scelta è in realtà un “obbligo” imposto circa un anno prima da AT&T in funzione della sua entrata in Olivetti (circa il 25%) e, quindi, già in essere all’atto della stipula dell’accordo con Acorn. Essendo i prodotti della società inglese del tutto proprietari, sia dal punto di vista dell’hardware che del software, l’accordo con essa è praticamente privo di ogni fondamento e impugnabile legalmente. Ma Acorn non avvia nessuna azione contro Olivetti, anzi permette a quest’ultima di esercitare l’opzione di aumentare la sua partecipazione fino al 75% e prenderne il controllo completo, trasformandola in una sua sussidiaria e spostandone il core business, nel decennio successivo, sullo sviluppo di set-top box. Inoltre, la tecnologia Acorn viene utilizzata come piattaforma per il Prodest PC 128s, identico all’Acorn BBC Master.

Dall’ingerenza diretta di Olivetti, resta fuori Advanced RISC Machines Ltd. (successivamente ARM Ltd), joint venture tra Acorn, Apple e VLSI Technology, focalizzata sullo sviluppo della tecnologia alla base dei chip ARM. Il motivo di ciò è fondamentale dovuto al fatto che Olivetti non ha idea di come sfruttare commercialmente tale tecnologia, utilizzata per la prima volta per l’ARM Development System, un kit di espansione del BBC Master, e successivamente come CPU dell’Acorn Archimedes (1987).

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Acorn Archimedes

Grazie ad una totale indipendenza operativa, Robin Saxby riesce a trasformare ARM Ltd (diventata successivamente una Holding) nella società leader che oggi conosciamo, rendendosi gradualmente indipendente da Acorn e, quindi, da Olivetti. In modo diametralmente opposto, la non lungimiranza del management di Ivrea decreta la lenta scomparsa di Acorn, oltre che la propria

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