Sistemi propulsivi aeronautici – Lo ScramJet

Il post odierno, sempre nell’ambito della serie sui Sistemi Propulsivi Aeronautici, presenta una particolare soluzione che è di fatto un’evoluzione di quanto esaminato due settimane fa in occasione del post sullo Statoreattore (o RamJet), ed inoltre rappresenta un argomento di cui avevamo già avuto modo di discutere (sebbene in forma differente) nei post dedicati ai velivoli Boeing X-43 e Boeing X-51 “Waverider”.

QUANDO IL RAMJET NON BASTA

Parlando del Ramjet era stato evidenziato che tale motore permette un funzionamento efficiente tra una velocità relativa (rispetto al flusso d’aria) minima sufficientemente elevata (e comunque mai uguale a zero) ed una massima dell’ordine di Mach 6, valore al di sopra del quale diventa problematico decelerare il flusso al di sotto della velocità supersonica per la combustione e riuscire ad ottenere un flusso di gas combusti a velocità superiore a Mach 6 a causa della caduta di pressione totale che la decelerazione comporta.

Per superare questa limitazione la NASA insieme ad altri partners creò sul finire degli anni ’50 il programma HAPB – Hypersonic Airbreathing Propulsion Branch, successivamente confluito nel più recente programma Hyper-X all’interno del quale convivano varie attività di studio basate su differenti soluzioni tecnologiche (non solo Scramjet quindi).

Tali ricerche non furono in realtà le prime in assoluto su questo fronte, ed i primi risultati riferiti pubblicamente (nel 1958) sono opera del celebre Antonio Ferri, grande ricercatore Italiano che grandi contributi diede (insieme ad altri nomi importanti quali Gaetano Arturo Crocco, il figlio Luigi Crocco ed Enrico Pistolesi) al progresso della ricerca nel campo aeronautico ed aerospaziale.

I risultati riferiti da Ferri e poi sviluppati anche dalla NASA riguardavano l’avere ottenuto una combustione stabile in un flusso a Mach 3 in assenza di onde d’urto, caratteristica che apriva le possibilità riguardo lo sviluppo del motore Scramjet.

FUNZIONAMENTO DELLO SCRAMJET

Uno Scramjet è di fatto uno Statoreattore, pertanto privo di parti in movimento e costituito sostanzialmente da un condotto convergente-divergente nel quale la sezione di gola è progettata in modo da consentire un incremento della pressione statica dell’aria attraverso una decelerazione originata dalla presenza di shock obliqui, meno dissipativi rispetto a quelli normali, e tali da permettere di conservare la condizioni di flusso supersonico a valle dello stesso.

Una immagine che ne illustra in maniera semplificata l’aspetto è la seguente:

Scramjet_operation

(Schema funzionale di uno Scramjet – Courtesy of Wikipedia)

Lo schema di un Ramjet:

Ramjet_operation

(Schema funzionale di un Ramjet – Courtesy of Wikipedia)

Da un confronto delle due immagini risultano immediatamente evidenti le differenze costruttive tra le due soluzioni, ed in particolare risulta abbastanza evidente la presenza nel Ramjet di una zona nella quale il flusso, sotto l’azione di shock normali, decelera aumentando la sua pressione statica a spese della pressione dinamica (ma anche della pressione totale a causa delle forti dissipazioni dovute allo shock normale), ed una zona divergente nella quale avviene l’iniezione del combustibile e la sua miscelazione con l’aria (geometria quella divergente che nel campo subsonico opera una trasformazione di pressione dinamica in statica), e successivamente alla combustione il flusso viene fatto evolvere in un condotto convergente-divergente in modo da originare un getto supersonico.

Nello Scramjet l’assenza di shock normali ed il permanere delle condizioni supersoniche nel flusso d’aria portano ad un tempo di residenza del fluido evolvente molto ridotto, pertanto è richiesta una fase di iniezione e miscelazione (ed ovviamente combustione) molto rapida, problematica non semplice da superare ma alla quale, come già detto, gli studi di Ferri diedero una prima risposta.

Il risultato di tutto ciò permette di ottenere un getto la cui velocità di uscita può agevolmente superare Mach 6 e raggiungere, sebbene non sia ancora del tutto stabilito un limite massimo teorico, valori superiori a Mach 15, ma la velocità minima di funzionamento è necessariamente superiore a quella di un Ramjet.

Dal momento che le differenze tra Ramjet e Scramjet sono costruttivamente minime, è possibile sviluppare delle soluzioni che operino in una configurazione cosiddetta “dual-mode Scramjet“, cioè una soluzione capace di operare da Ramjet alle velocità più ridotte per poi modificare la propria geometria  ed operare da Scramjet “puro” al raggiungimento di una velocità adeguata.

La seguente immagine rappresenta un dual-mode Scramjet nelle due condizioni di funzionamento:

scramjet-principle

(Dall’alto: Ramjet e Scramjet – si notino le differenti sezioni di iniezione rispetto alla sezione del condotto)

RAMJET – SCRAMJET ED APPLICAZIONI

Sebbene tanto si sia parlato delle future possibilità di applicazione di tali soluzioni in occasione dei test dei velivoli (anche se definirli velivoli e non “banchi prova motori” è assai arduo) Boeing X-43 e Boeing X-51 “Waverider”, allo stato attuale pare assolutamente futuristica qualsiasi applicazione concreta degli stessi, quantomeno in campo civile, in quanto i test svolti hanno perlopiù messo alla prova queste soluzioni dal punto di vista del funzionamento in reali condizioni operative, ma sia la durata dei test che la particolarità dei velivoli utilizzati (e vi rimando ai link dei post per leggere qualcosa a riguardo) non lasciano spazio alcuno ad un’ipotesi di applicazione in tempi ragionevoli, così come una riflessione sulle criticità del volo a così alte velocità basterebbe per escludere per parecchi anni ancora (ma mai dire mai sul futuro lontano) un uso civile.

Con questo per oggi è tutto, vi saluto e vi invito a continuare a seguire la rubrica Energia e Futuro, naturalmente su AppuntiDigitali.

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