Volo supersonico tra interessi militari e civili – gli Anni ’60 (3a parte)

Come preannunciato alcune settimane fa, il periodo storico degli anni ’60 è stato estremamente ricco di velivoli interessanti, alcuni dei quali necessitano, per la loro importanza o per le loro caratteristiche particolari, di una presentazione più dettagliata al punto da richiedere un singolo post “monografico”.

Tra questi ci sono stati (ad eccezione di una piccola parte sul McDonnel Douglas F-4 “Phantom”) il North American XB-70 “Valkyrie”, il MiG-25 “Foxbat” ed anche il protagonista di quest’oggi monopolizzerà il post odierno.

UNA SPIA SUPERSONICA D’ALTA QUOTA – IL “BLACKBIRD”

La necessità di sostituire i ricognitori d’alta quota Lockheed U-2, per certi versi nati “obsoleti” non essendo caratterizzati da prestazioni (eccetto la quota operativa) particolarmente esaltanti, oltre che estremamente problematici sul fronte della maneggevolezza (tra l’altro gli U-2 nacquero come stretti parenti dell’F-104 di cui abbiamo già parlato in precedenza), portò alla richiesta da parte della Difesa Statunitense di un ricognitore caratterizzato dall’elevatissima quota operativa e da una velocità di crociera supersonica.

DALLA SEGRETA AREA51 NASCE UN AEREO MISTERIOSO

Le richieste della Difesa Statunitense portarono la Lockheed (grazie al geniale progettista Clarence “Kelly” Leonard Johnson) a sviluppare un aereo davvero particolare ed oggi conosciuto dai più, sebbene  all’epoca del suo sviluppo esso fu oggetto di un livello di segretezza tra i più elevati in assoluto.

Tale velivolo è il Lockheed SR-71, forse maggiormente conosciuto con il suo nome non ufficiale “Blackbird“, sebbene questo nome sia rappresentativo di una famiglia di velivoli della quale l’SR-71 è sicuramente il più noto, ma per poterne parlare è necessario fare un salto indietro e conoscerne gli altri componenti.

IL PRIMO AEREO RICOGNITORE TRI-SONICO: IL LOCKHEED A-12

Verso la fine degli anni ’50 si stava facendo strada per la Difesa USA la necessità di migliorare notevolmente le capacità ricognitive fino ad allora soddisfatte mediante i lenti Lockheed U-2 i quali, proprio in virtù della velocità operativa contenuta (e quindi consumi ridotti), potevano operare con una notevole autonomia.

La necessità di sostituirli era principalmente dettata dalla vulnerabilità di questi velivoli in quanto, sebbene operanti a quote molte elevate (la tangenza dell’U-2 è di 21.385 metri), erano oramai raggiungibili dalla contraerea Sovietica grazie alle nuove postazioni missilistiche SAM, pertanto le nuove richieste puntavano verso un velivolo caratterizzato da un’elevata quota operativa unitamente ad una elevata velocità.

La Lockheed, nell’ambito del progetto (in origine voluto fortemente dalla CIA e denominato OXCART) sviluppò allo scopo una serie di velivoli contraddistinti dalla sigla A seguita dal numero del velivolo, da 1 a 12, in quanto ne vennero realizzati appunto 12.

Tali velivoli erano tutti dei prototipi che vennero realizzati negli stabilimenti della Lockheed a Burbank, e tra di essi venne individuato come velivolo di riferimento il prototipo A-12, dal quale iniziò la produzione di vari esemplari, di seguito trasferiti a Groom Lake nella cosiddetta Area51, dove era disponibile una pista di decollo sufficientemente lunga, oltre che al necessario isolamento per condurre gli esperimenti nel massimo della segretezza.

L’A-12 era inizialmente in grado di volare fino a Mach2 a causa di limiti dei motori, inizialmente dei turbogetto Pratt&Whitney J75, presto sostituiti dai nuovissimi motori “ibridi” Pratt&Whitney J58.

Proprio questi nuovi motori hanno rappresentato uno dei punti di forza della famiglia “Blackbird” in quanto permettevano di raggiungere velocità superiori a Mach3 grazie ad una configurazione che consentiva al motore di operare come turbogetto fino a certe velocità per poi bypassare gli stadi rotorici (di turbina e compressore) ed operare come Statoreattore.

L’A-12 era costruito i titanio in quanto l’elevata velocità causava sulla superficie del velivolo elevate temperature, non sopportabili senza il rischio di danneggiamenti dalle normali leghe di alluminio che venivano normalmente utilizzate all’epoca, ed era caratterizzato da una forma molto particolare, come si può vedere dalle seguenti immagini:

(Lockheed A-12 in una visione d’insieme)

(Lockheed A-12 in decollo da Groom Lake)

Anche il muso era caratterizzato da una forma inusuale, la quale lo faceva assomigliare al muso di un’oca, dalla quale prese il nome la versione biposto da addestramento “Titanium Goose“:

(Lockheed A-12 biposto “Titanium Goose”)

(Lockheed A-12 in versione biposto – particolare del muso)

Il primo volo dell’A-12 è avvenuto nel 1962, mentre l’entrata in servizio risale al 1967, alla quale è seguita a distanza di circa un anno l’uscita dal servizio, nel 1968.

DA UN RICOGNITORE AD UN INTERCETTORE TRI-SONICO

Quasi contemporaneamente all’A-12 venne sviluppato un progetto da esso derivato, consistente in un caccia intercettore ad elevatissima velocità, il quale finì per essere in larga parte una modifica dell’A-12: il Lockheed YF-12.

I costi elevati per lo sviluppo dell’A-12 hanno probabilmente influito sullo sviluppo dell’YF-12 in quanto la possibilità di utilizzare le stesse linee produttive permetteva un minore costo rispetto ad un progetto completamente nuovo, ma nonostante ciò la vita dell’YF-12 è stata non molto più lunga di quella del suo fratello maggiore, avendo visto il primo volo nel 1963 e l’uscita dal servizio (anche se rimasero operativi con la NASA fino al 1979) nel 1968.

Le differenze più sostanziali dell’YF-12 rispetto all’A-12 consistevano nel muso, modificato per fare spazio ai necessari dispositivi radar per l’intercettazione ed ai dispositivi d’arma:

(Lockheed YF-12 in volo)

(Lockheed YF-12 a terra in una immagine d’epoca)

L’uscita dal servizio fu dovuta principalmente agli elevati costi operativi, uniti alla mancanza di necessità di un intercettore dalle prestazioni così elevate se paragonato alle prestazioni dei bombardieri Sovietici dell’epoca.

IL NUOVO RICOGNITORE SUPERSONICO PRENDE FORMA: IL LOCKHEED SR-71

Se i due aerei finora presentati non furano caratterizzati da grande fortuna, il progetto SR-71 riuscì invece ad avere una vita operativa sufficientemente lunga, probabilmente per qualche caratteristica del progetto superiore rispetto ai velivoli fratelli.

Dotato sin dal suo primo volo dei motori Pratt&Whitney J58, esso era realizzato in titanio e verniciato con una speciale vernice che ne riduceva la traccia radar, soluzione successivamente indicata come “stealth” ed utilizzata anche in aerei più recenti.

Un’altra caratteristica singolare consisteva nella “non tenuta stagna” dei serbatoi quando l’aereo non è in volo, fattore che causava delle perdite di carburante a terra, ma permetteva di sfruttare la deformazione degli stessi dovuta alle alte temperature e sollecitazioni per acquisire la tenuta durante il volo.

(Lockheed SR-71)

(Lockheed SR-71 – Courtesy of NASA)

(Lockheed SR-71 ed U-2 in volo – Courtesy of Lockheed-Martin)

L’equipaggio era composto da due elementi, come nel YF-12, a differenza dell’A-12, i quali dovevano sostenere lunghissime missioni di ricognizione in condizioni, come è facile immaginare, parecchio disagiate.

La vita operativa dell’SR-71 è stata piuttosto lunga essendo durata dal 1966, data di entrata in servizio (primo volo nel 1964), al 1989, data del ritiro dal servizio da parte dell’USAF (la NASA li ha utilizzati fino al 1999).

Anche per oggi è tutto, l’appuntamento è a lunedì prossimo, sempre su AppuntiDigitali, sempre con la rubrica Energia e Futuro.

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