CPU dell’X1000 a $1000: Amiga “NG” a un binario morto

La telenovela delle nuove macchine Amiga NG, che avrebbero dovuto rilanciare AmigaOS 4, non risparmia nemmeno la calura agostana, con colpi di scena che hanno dell’incredibile e dovrebbero, si spera, far riflettere una buona volta sulla convenienza a rimanere testardamente arroccati su posizioni asfittiche.

E’ di qualche giorno, infatti, la notizia fornita direttamente dal “patron” del progetto del grande rilancio, Trevor Dickison, che in un messaggio di poche righe ha spiattellato una dolorosa verità: il costo di alcuni componenti dell’AmigaOne X1000 è aumentato, e in particolare risulta all’incirca raddoppiato quello della CPU, la P.A. Semi PA6T.

Al di là di alcune riflessioni che si potrebbero fare sul perché si sia arrivati a una situazione del genere (prima di muoversi per progetti del genere, non sarebbe stato meglio stipulare accordi ben definiti coi partner?), il dato concreto rimane quello esposto e che fa giustamente anche parte del titolo: A-EON, l’azienda a cui nominalmente fa capo il progetto, tirerà fuori 1000 dollari per ogni processore da impiegare per in ogni X1000 (sebbene, a dire di Trevor, tale maggior costo non ricadrà sugli utenti.

I 500 dollari del primo lotto di X1000 sembravano già tantissimi, e potevano essere in parte giustificabili col fatto che si trattava di microprocessori rivolti al mercato embedded / militare, ma il doppio porta la cifra a un valore spaventosamente alto, tale da richiamare alla mente le versioni top di gamma di Intel (le Extreme, vendute a 999$) o direttamente a soluzioni per i server (Xeon di Intel, Opteron di AMD), e non soltanto per i costi, ma per la notevole potenza di calcolo che mettono a disposizione.

D’altra parte il PA6T s’è rivelato un flop soprattutto da questo punto di vista, com’è stato riportato in un altro articolo in cui ne abbiamo parlato, quando doveva essere, invece, la punta di diamante della nuova macchina dei sogni della comunità che orbita attorno ad AmigaOS 4.

Si tratta di scelte assolutamente miopi, in quanto scenari del genere erano del tutto prevedibili. Con l’acquisizione di P.A. Semi da parte di Apple nei primi mesi del 2008 e la chiusura ai partner esterni, era ovvio che la scorta di CPU sarebbe via via scemata, e che sarebbe servito un adeguato approvvigionamento per iniziare un progetto del genere, onde evitare problematiche come quelle che si sono verificate adesso, appunto.

In verità sarebbe stato molto meglio prendere atto che il futuro dei PA6T fosse ormai segnato, puntando, quindi, su prodotti facilmente recuperabili, e magari anche a costi molto più contenuti.

Forse i personaggi di A-EON erano rimasti aggrappati all’illusione che questa CPU avrebbe potuto garantire margini prestazionali ben più elevati rispetto alle altre prodotte, ad esempio, da Freescale (ex Motorola) o IBM, abbagliati dai dati di targa forniti da P.A. Semi e da qualche paper.

La realtà s’è rivelata, invece, molto amara, con le ultime declinazioni dei PowerPC G4 di Freescale che si sono rivelati mediamente superiori, e coi G5 a farla da padrone. Il che lascia supporre che A-EON non abbia nemmeno effettuato qualche test preliminare sui PA6T, per saggiarne la bontà prima ancora di mettere in piedi il progetto…

Un altro colpo è arrivato da Varisys, partner di A-EON, che ha perso tempo nella progettazione della scheda madre, dovendo arrivare anche a una seconda revisione per risolvere alcune problematiche emerse, ma non riuscendo in ogni caso a far funzionare la CPU a 2Ghz, come aveva invece previsto inizialmente, lasciandola quindi a 1,8GHz (mentre la comunità amighista sognava overclock consistenti, in modo da alzare ancora l’asticella).

Varisys, da quel che si legge dal messaggio di Trevor, è il fornitore di altre componenti, come pure della CPU (si passa da lei per poterle avere). Sembra, inoltre, che sia stata lei a caldeggiare l’inserimento dei coprocessori XCore di XMOS, che ovviamente avrà fatto lievitare i costi della scheda madre. Appare, dunque, l’origine (o l’artefice?) di tutti i mali del progetto.

Forse ci si sarebbe potuti rivolgere ad altre aziende, ma in ogni caso certi errori strategici rimangono a carico di A-EON, che non s’è rivelata all’altezza, pur potendo contare sulle sostanze del Dickinson, che ha pagato anticipatamente l’intero lotto di produzione degli X1000 e non poteva certo immaginare a cosa sarebbe andato incontro.

Ma arrivati a questo punto, con rare nonché costosissime e poco prestanti CPU, l’errore più grande sarebbe quello di continuare su un progetto fallimentare, che non è più l’X1000, il quale ne è soltanto l’ultimo simbolo in ordine di tempo, quanto il morboso attaccamento alla famiglia PowerPC per far girare AmigaOS 4.

Destino condiviso anche da MorphOS (altro s.o. AmigaOS-like che gira su PowerPC), sebbene questo team abbia fatto altre scelte (andare a pescare dall’usato Apple).

La biodiversità che ha caratterizzato le favolose macchine Amiga di Commodore non è e non può più rappresentare un valore per l’amighista, sia per una questione anagrafica (dopo più di 3 lustri dovrebbe essere passato da ragazzo a uomo maturo) sia perché le nuove macchine sono a tutti gli effetti dei PC, col solo processore a fare la differenza.

Ma il motto “Intel outside” non può certo continuare a essere utilizzato, in un mondo ormai dominato dalla casa di Santa Clara, e non soltanto nel campo dei processori (mi riferisco al mercato desktop/notebook/server, nello specifico).

Un tempo periferiche come mouse e tastiere si collegavano con connettori proprietari; da parecchi anni lo si fa con l’USB, dietro al quale c’è Intel. Un tempo le schede di espansione si collegavano col leggendario bus Zorro; da parecchi anni si usa il PCI-Express (e prima ancora il PCI), dietro al quale c’è Intel. E idem con tante altre tecnologie.

Oggi un amighista sopravvissuto all’olocausto commodoriano non ha nessun diritto di parlare di “Intel outside”, perché se aprisse il case del suo computer non potrebbe che piangere di fronte allo scenario che gli si presenterebbe davanti.

Se, come in ogni caso affermano consapevolmente (almeno in questo) gli amighisti “new gen“, di Amiga è rimasto almeno il sistema operativo, quindi il software, fossilizzarsi sui PowerPC per la CPU, e quindi l’hardware, non può che configurarsi come cieco fanatismo ideologico, peraltro abbastanza infantile, alla luce di quanto visto qui sopra.

E’ ovvio che ad AmigaOS 4 & compagnia (MorphOS) servano nuove CPU. Lo si sarà capito anche dall’ultimo avvenimento, con questo componente schizzato a 1000 dollari per l’ultimo nato, che continuare su questa strada non è più possibile. Come non è più possibile rivolgersi al mercato embedded, strappando microprocessori (SoC, in particolare) a router et similia, che sono pensati per ben altro e di certo non per le prestazioni.

Sì, le nuove soluzioni embedded possono anche contare su un notevole numero di core, e i prezzi sono tutto sommato abbordabili (anche se non competitivi con Intel e ARM), ma rimangono alcune considerazioni da fare. Intanto AmigaOS, in tutte le sue incarnazioni ufficiali e non, è strettamente monocore, per cui continuerebbe a sfruttarne uno soltanto dei tanti a disposizione.

Secondo, anche se finalmente venisse aggiunto il supporto ai sistemi multicore, le applicazioni non ne trarrebbero vantaggio, perché non sono pensate per sfruttarli (serve codice apposito). Al più si potrebbero far girare applicazioni diverse su core diversi, ma anche questo è tutto da vedere, perché non si sa in che modo verrebbe implementato il supporto a più core.

Terzo, e non meno importante, i core delle CPU PowerPC da cui si potrebbe attingere non offrono singolarmente prestazioni elevate, ma al contrario sono pensate per consumare di meno e occupare meno spazio nel chip (in modo da impaccare quanta più roba, riducendo anche i costi), portando quindi a design dove le prestazioni non sono l’elemento più importante; al contrario.

Quest’ultimo punto penso sia quello verso il quale porre maggiormente l’attenzione, in quanto non sempre il codice che gira su una CPU è parallelizzabile, per quanto impegno i programmatori possano metterci.

Proprio di recente in forum amighista è venuta fuori l’esigenza di macchine più veloci, per poter far fronte all’avanzata del web. In un futuro sempre più web-centrico, è molto importante che la propria macchina possa garantire delle buone prestazioni. Da tempo il web dipende molto da Javascript, che è sostanzialmente monocore (con qualche nuova tecnologia all’orizzonte, come i “worker“, ma ci vorrà tempo prima che prenda piede), per cui è molto importante che una CPU possa offrire prestazioni elevate su singoli core/thread.

Un altro campo in cui servono prestazioni elevate su singolo core è quello dell’emulazione, molto caro agli amighisti, e soprattutto ad AmigaOS 4 e MorphOS, che ne fanno ampio uso per far girare le vecchie applicazioni 68000. Oltre al fatto che l’amighista medio è appassionato di emulazione di altri sistemi, oltre all’Amiga.

In conclusione sarebbe molto più proficuo, oltre che sensato, indirizzare i maggiori costi delle CPU PowerPC verso il porting dei s.o. AmigaOS/like su architetture che possano offrire un futuro decisamente più solido, anche dal punto di vista economico, oltre che puramente prestazionale.

Molti amighisti puntano su ARM, sempre per una questione di ottusa biodiversità (“tutto fuorché Intel”), dimenticando, però, che la prima macchina ARM, l’Archimedes, almeno in Europa contese il mercato “non PC” proprio a Commodore e agli Amiga…

In un futuro articolo presenterò alcune riflessioni sull’opportunità di passare a x86 e/o ARM, anziché svenarsi e continuare a farsi del male su una strada ormai segnata (già da parecchi anni, per chi è stato lungimirante).

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