Da Telecom un freno al P2P per il bene comune

Chi lo avrebbe mai detto che un giorno sarebbe arrivato un comunicato stampa da parte di Telecom Italia che parla di miglioramento della qualità del servizio, riducendone essenzialmente la fruibilità.

Nei giorni scorsi, infatti, Telecom ha deciso ufficialmente di entrare a far parte di quella cerchia di provider italiani che filtrano parte del traffico di rete generato dai sistemi P2P di file sharing. La motivazione dell’adozione di questo provvedimento da parte colosso telefonico italiano è legata alla quantità di traffico che generano alcune tipologie di applicazioni (appunto il P2P), che mettono in crisi alcuni nodi della rete nelle ore di punta della giornata.

Il tutto si traduce in una scarsa qualità del servizio che va, quindi, a penalizzare diverse utenze nell’esecuzione delle più semplici operazioni di navigazione su internet.

Riflettendo sulle motivazioni, sembrerebbe che Telecom voglia effettivamente adottare questa misura restrittiva al fine di migliorare complessivamente la qualità del servizio, ma esistono naturalmente tutta una serie di obiezioni che possono essere intavolate. Una su tutte: chi ha deciso quale è la categoria di applicazioni il cui taglio del traffico è sacrificabile?

In realtà il comunicato stampa di Telecom è piuttosto vago nella definizione della tipologia di traffico che si vuole limitare, ma è quantomeno bizzarro pensare, a titolo esemplificativo, che l’utente X che paga l’ADSL per usare eMule verrà penalizzato, mentre chi lo usa per cliccare F5 su Facebook 75 volte al giorno o per vedere video su YouTube non lo sarà.

Tutto sommato quando ho deciso di stipulare un contratto ADSL, l’ho fatto per accedere alla rete, un’entità in continuo fermento ed evoluzione in cui ogni giorno è un potenziale buon giorno per la nascita di un nuovo Facebook, eMule, YouTube, ecc… cioè di un nuovo servizio/applicazione in grado di generare tanto traffico di rete. Stiamo quindi assistendo alla nascita della discriminizzazione del traffico della rete?

Per carità, quanto accade non mi sorprende più di tanto: ho sempre pensato che la libertà che si dice offra internet sia sempre e solo stata un’illusione, trattandosi in concreto di null’altro che un servizio di connettività pagato ad un provider che, di fatto, può fare quello che vuole visto e considerato anche che, a quanto mi risulta, accedere ad internet non fa parte dei diritti fondamentali dell’uomo.

Un ulteriore riflessione che può risultare in prospettiva preoccupante è la seguente: da sempre la connettività fissa ha subito meno restrizioni e maggiore convenienza rispetto a quella mobile. Proprio quest’ultima tipologia di connessione da tempo è soggetta a restrizioni sulla tipologia di traffico disponibile (VoIP su tutti), tuttavia spero caldamente che il provvedimento oggetto di questo post non rappresenti il capostipite di una pericolosa (visti i presupposti) mobilizzazione della rete fissa.

Concludo, lo ammetto fin da subito, da profano in materia di marketing, con una piccola considerazione: ma invece di spendere vagonate di migliaia di euro per pagare la stragnocca di turno per fare pubblicità dalla qualità comunicativa più che discutibile, non sarebbe il caso di spendere due soldini per il potenziamento delle infrastrutture? Purtroppo la conosco già la risposta a questa domanda: no. E la colpa è solo nostra.

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