Impersonare false identità: un reato in California

La tematica dell’identità è da sempre una delle più delicate del mondo online: da un lato la tracciabilità di un individuo espone a potenziali macroscopiche violazioni del diritto alla privacy, dall’altro la difficile rintracciabilità dell’identità reale agevola comportamenti fraudolenti anche gravi.

La proposta di legge in questione (consultabile qui), entrata in vigore ad inizio anno nello stato della California, si affianca alla normativa contro le frodi derivanti da furto d’identità per tutelare un aspetto più delicato ma nondimeno potenzialmente molto pericoloso: l’impersonamento di identità altrui.

Una fattispecie la cui pericolosità fu messa in luce dal caso Megan Meier del 2006, una tredicenne americana che si suicidò in seguito agli insulti di un suo coetaneo conosciuto su MySpace, in realtà personaggio fittizio gestito dalla madre di un suo compagno di studi. La donna, a causa dell’assenza di strumenti legali che inquadrassero l’azione commessa, finì perlopiù impunita.

Supportano la condivisibilità del provvedimento le condizioni espresse nel seguente paragrafo:

This bill would provide that any person who knowingly and without consent credibly impersonates another actual person through or on an Internet Web site or by other electronic means, as specified, for purposes of harming, intimidating, threatening, or defrauding another person is guilty of a misdemeanor.

ovverosia la necessità che ci sia una violazione consapevole e credibile dell’identità altrui, al fine di danneggiare, intimidire, minacciare, defraudare.

Nel caso Megan Meier tuttavia, ad essere impersonata non fu una persona reale ma un’identità fittizia. La proposta di legge al contrario recita “any person who […] impersonates another actual person”, laddove per “actual” si intende (qui la definizione del Macmillan) esistente nella realtà, vero.

Se ad una più competente analisi questa proposta di legge risultasse inadeguata a tutelare da fattispecie analoghe al più famoso e drammatico caso di e-personation, se cioè tutelasse solo dall’impersonamento di persone realmente esistenti, risulterebbe piuttosto limitata rispetto alle peculiarità e ai pericoli della rete (immaginiamo la tutt’altro che rara interazione fra due personalità fittizie).

In effetti la prima stesura della proposta di legge faceva genericamente riferimento ad altre persone (impersonates another person), senza specificare se reali o fittizie, ed è solo nella terzultima stesura che compare l’aggettivo “actual”.

L’eliminazione del riferimento a persone realmente esistenti rappresenterebbe tuttavia un terreno piuttosto scivoloso: potrebbe addirittura somigliare a un primo passo verso l’abolizione di quelle personalità virtuali che spesso rappresentano l’unico baluardo nei confronti delle fragili tutele della privacy online.

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