La strada verso Ubuntu 10.10: l’installer

L’estate sta finendo, la routine si sta piano piano rifacendo sotto e con lei l’appuntamento settimanale con la rubrica “Orizzonti Open” qui su Appunti Digitali. Questa settimana inizierà una serie di articoli di avvicinamento all’uscita della nuova versione versione di Ubuntu: Maverick Meerkat.

Il rilascio della distribuzione è programmato per il 10 Ottobre 2010, data in un certo modo ispiratrice della visione “The Perfect 10” annunciata dal fondatore di Canonical Mark Shuttleworth attraverso il suo blog nell’Aprile di questo anno. Per ottenere un giudizio da primi della classe Mark ha indicato leggerezza, velocità e integrazione più profonda con i social network i punti su cui focalizzare l’attenzione.

Questi naturalmente sono i presupposti, le buone intenzioni. Quello che interessa a chi poi il sistema andrà ad utilizzarlo sono i fatti. Per questo motivo in questa serie di articoli andremo ad analizzare le novità che sono state introdotte. Nell’appuntamento di oggi vedremo come è cambiato l’installer.

La facilità di installazione è sempre stata una delle caratteristiche più pubblicizzate dalla distribuzione di casa Canonical. La possibilità di testare il sistema senza modificare in alcun modo il computer (modalità live) fa parte di quelle idee del mondo GNU/Linux che hanno in qualche modo abbassato le barriere all’entrata per simpatizzanti e curiosi. Nelle precedenti versioni la scelta se provare “live” o installare la distribuzione direttamente poteva essere fatta dal menu del bootloader. Nella nuova versione l’utente sarà catapultato direttamente in modalità grafica, potrà scegliere la propria lingua tra quelle disponibili e decidere se “fare un giro” o installare la distro.


A sinistra la selezione tramite bootloader, a destra la nuova interfaccia

All’atto pratico questa novità non porta vantaggi sostanziali, ma è un passo in avanti per quanto riguarda la coerenza dell’esperienza di installazione: tutte le configurazioni e le scelte vengono fatte con un interfaccia grafica consistente.

La novità più interessante può essere vista una volta scelto di installare Ubuntu su disco. Una nuova schermata ci accoglie presentando i requisiti minimi. Se il requisito non è soddisfatto al posto del segno di spunta verde apparirà una croce grigia.


Finestra di preparazione all’installazione

Ulteriore miglioramento è dato dalla possibilità di specificare direttamente in fase di installazione la volontà di installare pacchetti non liberi, che quindi non possono essere distribuiti direttamente nel cd di installazione. Questi pacchetti sono quelli considerati in qualche modo fondamentali per garantire un’esperienza utente appagante sin dal primo avvio. Nello specifico si tratta di alcuni firmware per schede wireless, del supporto alla tecnologia Flash e quello al formato audio mp3. Nello scenario in cui si installi la distribuzione in un periodo distante da quello del rilascio è secondo me azzeccata la possibilità di scaricare e installare direttamente gli ultimi aggiornamenti.

I lettori più attenti a questo punto non potranno fare a meno di notare come alcuni testi dell’installer non siano completamente localizzati. Piccole frasi non tradotte si sono presentate qua e la durante tutta la procedura e conferiscono un’idea di poca cura. Confido nel fatto che la situazione sia dovuta allo stato di beta e che per il rilascio finale venga integrata una localizzazione completa.


Partizionamento automatico del disco

A questo punto nelle precedenti versioni venivano chieste le classiche impostazioni personali come username, password e zona oraria. Con il nuovo installer questa fase è stata posticipata. Al suo posto è slittata la configurazione dell’allocazione su disco. È rimasta la possibilità di utilizzare il partizionamento manuale o quello automatico, che come da tradizione è in grado di riconoscere la presenza di altri sistemi operativi e configurare autonomamente il multiboot. Utilizzando la configurazione automatica verrà scelto il filesystem ext4 per le partizioni. Da segnalare la comparsa del promettente btrfs scritto da Oracle tra le opzioni nell’interfaccia di partizionamento manuale.


Partizionamento manuale

La scelta di anticipare la configurazione per il partizionamento naturalmente non è casuale. Una volta configurate le partizioni l’installer potrà iniziare a spostare formattare e copiare tutto il necessario nel disco fisso, parallelamente all’inserimento delle informazioni personali che saranno utili solo in fase di configurazione finale. Applicando questa parallelizzazione l’intero processo risulterà quindi più rapido.


Selezione della località

L’interfaccia di selezione del fuso orario è stata leggermente modificata, l’inserimento della località attraverso la tastiera risulta comoda grazie ad un sistema di completamento automatico intelligente.


Inserimento dati personali

L’inserimento delle informazioni personali è stato ulteriormente semplificato e razionalizzato. Nell’ottica “Less is More” è stata rimossa la possibilità di dare il nome al proprio PC. Il nome verrà assegnato automaticamente in base a quello dell’utente. La cosa sinceramente mi ha fatto storcere il naso visto che mi piace dare nomi particolari alle mie macchine (quello da cui sto scrivendo adesso è Trantor e annovero anche Terminus e Gaia). Analizzando la scelta in maniera più distaccata sono giunto alla conclusione che forse l’utenza media considera questo passaggio come una perdita di tempo.

Anche nella 10.10 è stata mantenuta la possibilità di avere la home criptata.

La procedura a questo punto continua con uno slideshow (già introdotto con la 10.04) che mostra le potenzialità e caratteristiche del sistema operativo.

Il giudizio definitivo è sospeso soltanto per via di alcune pecche nella localizzazione che spero vengano risolte. Le decisioni prese nella direzione di semplificare e razionalizzare hanno comunque reso più piacevole e rapido il processo di installazione.

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