Sette scienziati accusati di omicidio per il terremoto dell’Aquila

Il miglior capro espiatorio sono da sempre i malvagi scienziati, che sperimentano per sete di potere e di conoscenza (neanche fosse la stessa cosa…) sulla pelle della popolazione innocente.

Queste trame da film di fantascienza da quattro soldi, poco credibile perfino tra le sale di Hollywood, è invece un incubo reale, in Italia, per sette scienziati, componenti della Commissione Grandi Rischi e dirigenti del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile,  che si sono visti arrivare una serie di avvisi di garanzia per omicidio colposo inviati dalla Procura della Repubblica dell’Aquila.

Il procuratore della Repubblica Alfredo Rossini sostiene che “I responsabili sono persone molto qualificate che avrebbero dovuto dare risposte diverse ai cittadini. Non si tratta di un mancato allarme, l’allarme era già venuto dalle scosse di terremoto. Si tratta del mancato avviso che bisognava andarsene dalle case”.

La risposta della comunità scientifica è immediata e compatta. Una lettera aperta al Presidente della Repubblica, scritta dagli scienziati dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), spiega l’infondatezza di queste accuse, lanciate nei confronti della scienza mentre la politica si lava le mani dalle proprie responsabilità.

Ma cosa vogliono, d’altro canto, i ricercatori dell’INGV? Possono solo ringraziare di esistere ancora, visto il rischio di essere completamente cancellati dal panorama scientifico mondiale che hanno corso durante la stesura dell’ultima legge finanziaria. È un ente definito “inutile”. Salvo poi accusare i ricercatori di non aver previsto in tempo il disastro della notte del 6 Aprile 2009.

Al centro dell’accusa un meeting svoltosi il 31 Marzo 2009, sei giorni prima del terremoto che ha colpito la città dell’Aquila, uccidendo 308 persone e radendo al suolo più della metà della città. La Commissione Grandi Rischi ha riportato i risultati dei propri studi a dei rappresentanti della Protezione Civile.

Dal rapporto della riunione risulta che la probabilità di un terremoto di grande magnitudo non risultava essere sufficientemente alta da mettere in allarme la popolazione, nonostante le microscosse avvenute nei mesi precedenti e la scossa di 4.2 Richter avvenuta proprio il giorno antecedente al meeting.

Nella logica dell’accusa i funzionari della Protezione Civile e della Commissione Grandi Rischi avrebbero invece dovuto far evacuare l’intera città per salvare le vite delle vittime del terremoto.

Quest’accusa mette in luce la grande ignoranza di chi pensa sia possibile predire con precisione la posizione geografica e temporale di un terremoto. Sistemi di osservazione e monitorazione, così come sistemi alternativi come quello usato dal ricercatore Giampaolo Giuliani, non sono altro che degli indizi che possono fornire unicamente una probabilità dell’avvento di un terremoto.

I dati a disposizione della Commissione Grandi Rischi erano tali per cui la probabilità calcolata per un terremoto dell’ordine di grandezza di quello del 6 Aprile non fosse superiore all’1%. Questo valore risulta essere altamente insufficiente per dare inizio a un’evacuazione della città, senza contare il rischio  di evacuare la popolazione in una zona con magari lo stesso rischio di subire un terremoto.

Per quanto tempo poi una città può essere evacuata? Possono passare mesi, o anche anni, prima che il terremoto avvenga realmente. Visti i costi di tale operazione, inoltre, la società non è mai leggera nel giudizio di una comunità scientifica che allarma la popolazione inutilmente.

Enzo Boschi, presidente dell’INGV e uno dei sette scienziati sotto accusa, non se l’è sentita di dare l’allarme con queste basi. Boschi ricorda inoltre come il compito della scienza sia unicamente quello di fornire i dati e l’interpretazione dei fatti, ma sia la politica che poi deve prendere le decisioni riguardanti le conseguenze di questi fatti. In altre parole, la Commissione ha dato le probabilità del terremoto, ma non è responsabile della decisione di una possibile evacuazione.

Thomas Jordan, uno scienziato della Terra dell’Università della California del Sud, a Los Angeles, è d’accordo con la decisione presa dalla Commissione: non è possibile evacuare un’intera città solo sulla base di sospetti e qualche indizio.

Il problema è un altro. L’Istituto Nazionale di Geofisica ha fornito allo Stato italiano una della mappe più precise d’Europa sui risci sismici del nostro territorio. Sappiamo perfettamente quali sono le zone e le città più a rischio di subire un terremoto anche se la previsione di quando questo terremoto possa avvenire non può ancora essere precisa.

Questa mappa è la più grande ricchezza che la scienza ci possa fornire in questo campo, e la politica deve prenderne atto e tenerne conto. Come ho già spiegato in un precedente post, un terremoto di questa magnitudo in California o in Giappone non avrebbe causato nessuna morte, e i danni sarebbero stati significativamente inferiori.

Il problema è che il Palazzo del Governo, l’ospedale e moltissimi altri palazzi chiave proprio in caso di allarme, sono rovinati al suolo come castelli di sabbia (allegoria forse non troppo lontana dalla realtà) perché costruiti senza seguire i crismi necessari in una zona a così alto rischio sismico.

Accusare la scienza delle mancanze di una società malsana non aiuta nessuno, anzi, come dice il geofisico John McCloskey dell’Università di Ulster nell’Irlanda del Nord può essere molto dannoso per la scienza e peggiorare i risultati che si possono ottenere da una sana collaborazione tra gli Istituti scientifici e la società civile.

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