La “Generazione Y” come valore aggiunto per l’azienda di successo

gen yI media tradizionali si scagliano ormai da tempo contro la “generazione Y” e il modo di questi ragazzi di fruire di informazioni e di usare la tecnologia.

In realtà, l’imprenditore saggio e il datore di lavoro di larghe vedute, sa che da questi ragazzi c’è tanto da imparare e che possono essere trasformati in preziosa risorsa per l’azienda.

Andiamo con ordine. Convenzionalmente si intende appartenente alla “Generazione Y” chi è nato, come me, tra il 1980 e il 1995. Si tratta, dunque, di persone, soprattutto dall’85 in poi, da sempre a contatto con le nuove tecnologie e, più tardi, con internet.

Questa generazione è fatta di persone che è dalla nascita abituata a fruire di una quantità sconfinata di informazioni, che sa selezionare rapidamente individuando in pochi passi cosa mantenere e cosa no.

Stefano Venturi a CISCO Expo 2008 , sollecitato da una giornalista che sosteneva che i “giovani d’oggi” sono più superficiali perchè usano internet, ha sapientemente risposto che è esattamente il contrario. Sono i genitori di questi ragazzi che sono stati abituati ad approfondire tutto, ad affrontare ogni argomento in modo lineare, senza salti e senza selezionare, se non dopo un’accurata analisi. Il giovane della “Generazione Y”, invece, proprio perchè fin da piccolo “bombardato” da una pioggia di informazioni, ha subito dovuto imparare a selezionare e sintetizzare, proprio ciò che serve oggi alle aziende italiane.

Ecco perchè questi ragazzi, molti dei quali ora ventenni, è un bene che entrino con il loro bagaglio così diverso e così innovativo, in azienda. Portano un valore aggiunto veramente “disruptive” che va accolto con entusiasmo e curiosità, non chiusura e sospetto.

È un valore che proviene dalla loro esperienza nei blog, nei social networks, nell’uso “nativo” del computer e di internet in generale che consente loro di fare, in pochi minuti, ciò che altri fanno in poche ore (o in pochi giorni, nei casi più gravi).

Il tutto, ovviamente, va regolamentato con policies aziendali che, ad esempio, chiariscano da subito che non si può bloggare di informazioni riservate dell’azienda o diffondere video di colleghi senza il loro consenso. Ma, messi subito in chiaro questi confini da rispettare, bisogna accogliere quelli che Venturi ha chiamato “i superpoteri” di questi giovani.

Confesso che sono leggermente meno ottimista di Venturi, dato che nella mia esperienza personale sono pochi i coetanei così “svegli“. Molti, già in tenera età, imparano subito dai genitori e dalla scuola come “farsi strada” nella vita, dando più importanza alla “rete relazionale” piuttosto che al merito e alle competenze. Certo, un cambiamento è in atto, ma non credo che l’età sia l’unico fattore “disruptive. Piuttosto diciamo che i miei coetani che hanno saputo cogliere l’occasione, hanno effettivamente “in corpo” un valore aggiunto, gli altri no.

Vedere che ci sono aziende come CISCO dirette da persone così sinceramente interessate a conoscere i giovani e a valorizzarli mi dà conforto e inietta entusiasmo: forse non tutto è perduto. Forse ci sono ancora aziende, piccole e grandi, nelle quali c’è spazio per i giovani, per le loro idee e per il loro potenziale.

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