Il Giappone all’esplorazione dello spazio

Uno dei primi post che scrissi in questo blog riguardava un argomento che mi ha sempre affascinato, fin dall’inizio dei miei studi di fisica. Si tratta delle vele solari, l’idea di poter viaggiare nello spazio per mezzo du una vela che viene spinta dalla pressione della luce solare.

Come ho spiegato nel post precedente, l’idea non è del tutto nuova: è dal 1920 che si sogna di poter navigare nello spazio con una vela, evitando di portarsi in giro pesanti taniche di carburante.

L’idea originale del vento solare è stata in seguito sostituita dalla pressione di radiazione dei fotoni che compongono la luce del Sole. Quando un fotone colpisce la superficie della vela, vi trasferisce il suo momento, spingendo la navetta.

Questa spinta è di per se molto molto piccola, ma grazie alla totale assenza di attrito nello spazio una navetta a propulsione solare può raggiungere velocità fino a 10 volte superiori di quella ottenuta dalla normale propulsione chimica.

Nel post di più di un anno fa, concludevo dicendo che molti tentativi erano stati fatti ed erano in corso per testare l’idea di poter sfruttare la pressione della luce come mezzo di propulsione, ma nessuno di questi test era andato a buon fine. Sarà un luogo comune, ma in genere sembra che quando si vuole avere una cosa tecnologicamente all’avanguardia che funzioni bene, bisogna rivolgersi ai giapponesi. Ed infatti anche in questa occasione ci stanno lasciando a bocca aperta!

IKAROS (Interplanetary Kite-craft Accelerated by Radiation Of the Sun), degno del nome da sognatore che porta, è partito il 21 Maggio alle 6:58 a.m. ora locale dal Tanegashima Space Center, nella prefettura di Kagoshima. Il progetto, dell’agenzia aerospaziale JAXA (Japan Aerospace eXploration Agency) è cominciato bene, e il giorno dopo sono cominciate le comunicazioni ed è stato confermato che tutto funziona a dovere.

La navicella di circa 307 kg di peso, si è separata dal razzo di lancio H-IIA e ha cominciato a roteare su se stessa, preparandosi per spiegare le vele di 14 metri di diametro. Questo processo è ovviamente la parte più importante e cruciale della missione, e occuperà diverse settimane di lavoro.

La vela, costituita da uno strato sottilissimo (spesso solo 0.0075 millimetri!) di poliamide, contiene anche una pellicola di celle solari, rendendo così la navetta Ikaros ibrida a tutti gli effetti: alla spinta della luce solare può aggiungere anche l’energia elettrica ottentuta dalle fotocellule. Nell’immagine qui sotto si può vedere uno schema riassuntivo del piano della missione.

Il progetto si prefigge fondamentalmente di testare questa tecnologia, monitornando costantemente le condizioni di Ikaros e delle sue vele, e vedere, in base alla distanza dal Sole, quanta potenza viene generata e quanta invece viene consumata. L’intero processo di spiegamento delle vele viene documentato da numerose telecamere di bordo.

Ikaros non è quindi che un prototipo, ma il suo successo sarà molto importante per dare vita al suo fratello maggiore: una navetta equipaggiata con vele di 50 metri di diametro, che sarà lanciata nel 2020 alla volta del pianeta Giove.

Ikaros, al contrario, raggiungerà “solo” Venere, assieme all’altra missione con cui ha condiviso il razzo del lancio. La missione di cui sto parlando si chiama Akatsuki (alba, in giapponese), che si prefigge di studiare a fondo il pianeta Venere, con la sua atmosfera “infernale” e l’attività vulcanica che si pensa ci sia sulla sua superficie.

Akatsuki si andrà ad affiancare alla missione Venus Express, lanciata dall’agenzia spaziale europea (ESA) nel 2005, e che sta osservando il pianeta dal 2006.

Speriamo quindi di avere presto notizie sul successo di queste missioni: il sito del JAXA è sempre aggiornato e non credo che le prime immagini tarderanno molto ad arrivare!

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